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Broadcast 2000 - (2010)

Post n°14 pubblicato il 27 Novembre 2010 da syd_curtis
 

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A proposito di Broadcast 2000, potete leggere una recensione splendida su indie for bunnies, a firma Laura Lavorato, che sottoscrivo in toto e di cui cito il finale: "E’ la piccola orchestra che vorremmo ci seguisse mentre camminiamo per strada e che vorremmo avere di fianco al letto a notte fonda, per poter dire: suonane ancora una Joe. Prima di addormentarci". E ancora: "Le canzoni di Broadcast 2000 sanno di prati umidi e cieli tersi, suonano campanellini per il bambino che è in tutti noi".

E' davvero di primule e campanelli il paese evocato dalla musica di Joe Steer, alias Broadcast 2000. Un esordio sostanziale sulla (medio) lunga distanza, dopo l'EP Building Blocks del 2008. Me lo sono cullato per un po', piuttosto stupefatto, dicendomi, forse non capisco, forse esagero con l'entusiasmo. L'ho sottoposto a ascolti ripetuti per carpirne il segreto e ancora mi sfugge di lato, i brani ancora non stancano, ancora suonano nuovi e gioiosi. E' la gioia che inducono nell'ascoltatore a prevalere. E' la semplicità degli strumenti messi in campo (suonati tutti da Steer, polistrumentista, a eccezione del violino che è contributo di Tom Hobden, già dei Noah and the Whale), prettamente acustici, chitarra, ukulele, violoncello, contrabbasso, glockenspiel/xilofono, quel po' di percussioni, e al contempo la ricchezza degli intrecci a dare un'impressione di profondità e complessità e allo stesso tempo leggerezza: un paese di primule e campanelli, ma dietro cui sta una mente immaginifica, geniale e scattante, ricca di talento. E' un prodigio suonare allo stesso tempo di ascolto piacevole, non impegnativo (oh, soprattutto per orecchie allenate) e mostrare una notevole complessità nel tessuto dei brani. Una prima prova che consente di sognare in grande: il futuro è tutto dalla parte di Joe Steer.

L'EP d'esordio già aveva fatto gridare al miracolo da più parti e il procedimento creativo non è cambiato granché: il centro rimane la cameretta londinese artigianalissima di Steer e poi la registrazione a incastro, strumento per strumento, incluse le parti vocali. Qui Steer si dice sorpreso: mai avrebbe immaginato di finire a cantare la sua musica, avendola sempre composta/pensata per altri interpreti.

Steer è un giovane musicista di formazione classica, originario del Devon (Inghilterra). Dal sito della Gronland Records: "Steer ha cominciato a scrivere canzoni già da teenager, quando viveva nella campagna del Devon. [Dice Steer :] Crescere nel mezzo del Devon significa che hai poco altro per occupare il tuo tempo eccetto la musica. Non ci sono squadre di calcio per cui tifare, niente centri commerciali o vie di lusso tra cui aggirarsi. Di fatto, la maggior parte dei miei compagni di scuola suonava nelle band". Spostatosi a Londra, Steer raggiunge una certa notorietà in patria grazie al fatto di aver prestato la sua musica per jingle pubblicitari (tra cui pure la Apple), soap opera e trailers di film.

Mi torna in mente ciò che avevo scritto circa il disco dei Turin Brakes: ecco un esempio smagliante di impiego degli archi nella musica pop. Spesso in primo piano a far da contrappunto a una sezione percussiva elaboratissima, ci sono proprio i beneamati archi e svolgono egregiamente la loro funzione, che è spesso ritmica oltreché melodica. Le canzoni più belle? Difficile scegliere: oltre alla Get Up and Go citata a pié di pagina, altre due di impatto immediato sono Rouse your bones e Don't weigh me down (altri bei video, tra l'altro), gemma splendente, quest'ultima, tra coretti alla Beach Boys e archi classicissimi.

Resta da dire che dal vivo Steer è accompagnato da una vera e propria band, di cui un piccolo estratto qui.

Link: oltre a ciò che è citato sotto (sul sito ci sono anche registrazioni live eseguite per la BBC), vale la pena ricordare una serie di brani eseguiti in solitaria per Le Cargo, uno, due, tre e quattro.


Gradimento: 8+


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