Creato da xteneraladyx il 16/07/2009

CUORE IN VIAGGIO

...per raccontare storie e raccontarsi...

 

Mal d'Africa (II)

Post n°486 pubblicato il 09 Marzo 2013 da xteneraladyx
 

 

 

Mentre si stava vestendo, sentì bussare leggermente alla porta.
Andò ad aprire e si trovò di fronte il suo compagno di escursione, vestito con un completo sahariano, scarponcini e cappello a larga tesa.
”Se fossi in lei metterei dei pantaloni più lunghi e delle scarpe più pesanti. Il deserto non è una spiaggia tropicale e si porti anche degli indumenti pesanti perché dormiremo fuori.”

Il tono deciso e perentorio non le era piaciuto. Oltre al fatto che l’aveva fatta sentire un’emerita idiota vestita più da passeggiata al mare che da attraversata nel deserto.

“Come sarebbe che dormiremo fuori?” gli chiese fissandolo dritto negli occhi.

“Mi sembra ovvio, ci inoltreremo per centinaia di  chilometri, impensabile guidare di notte nel deserto per rientrare al nostro hotel. Oltre al fatto che le ho  preannunciata un’esperienza  dei sensi che non si può vivere con il tassametro al collo. Deve imparare che qui il tempo è del tutto relativo”.

Si stava lentamente pentendo di aver accettato quella proposta. Maledetta la sua curiosità che la portava sempre ad infilarsi in situazioni che poi sfuggivano al suo controllo.

“Quanti giorni staremo fuori?” chiese senza più tanto entusiasmo.
”Non glielo so dire. Certo saranno alcuni giorni, si porti il necessario. Lo stretto necessario.” puntualizzo lui, come se fosse abituato a viaggiare con le donne e sapesse quante cose si trascinano dietro anche solo per star fuori una notte.

“Posso sapere cosa ritiene strettamente necessario? “ era determinata a non farsi cogliere in fallo di nuovo.

“Un cambio d’abito, un maglione pesante, una giacca impermeabile, un cappello e un paio di occhiali per ripararsi dal sole. Preferisca una camicia con le maniche lunghe. Più copre la sua pelle bianco latte e meglio è, il sole qua non perdona. Per quanto riguarda la biancheria intima è libera di portarsi dietro quello che vuole, giurerei che non occupa molto spazio!” E lo disse guardandola con un sorriso ironico e divertito.

Quell’ultima considerazione l’aveva fatta diventare di un colore tra il rapanello e la ciliegia.
Spudorato maschilista.
Gliel’avrebbe fatto vedere lei chi era. Di certo non una delle donnicciole che sembrava lo accompagnassero nelle sue escursioni.

“Mi dia qualche minuto per finire e sarò nella hall al massimo tra venti minuti.” lo spinse garbatamente alla porta e se la richiuse alle spalle.

“Respira a fondo. Razionalizza i suggerimenti che ti ha dato, perché lui ne sa più di te, sul posto dove ti sta portando. Non farti mettere i piedi in testa, durante l’escursione avrai modo di fargli vedere chi sei.” Se lo ripeteva mentalmente mentre le agili mani terminavano di preparare lo zaino.

Quando scese nella hall, lui la stava attendendo, sorseggiando un the freddo.
Le chiese se ne gradiva prima di partire. Lei accettò. Le corse per prepararsi l’avevano stremata; senza contare l’incursione che lui aveva fatto nella sua camera.

Dopo mezz’ora salivano sulla jeep, lei…e lui.

“Scusi ma andiamo da soli?” gli chiese girandosi interrogativa  verso di lui.
”Certo. Non si preoccupi conosco questi posti come le mie tasche. Non ho bisogno di guide e so cavarmela egregiamente in ogni situazione” le disse ingranando la marcia e sorridendo.

“Non avevo dubbi su questo” pensò lei “ma avrei preferito non essere sola con TE, grande stronzo!”

Mentre vedeva la cittadina allontanarsi nella polvere dallo specchietto retrovisore, sperò di non aver di nuovo fatto una scelta avventata ed essersi cacciata in una situazione pericolosa.

 

                                                                                                                                                                 (segue)

 

 

 

 
 
 

Mal d'Africa

Post n°485 pubblicato il 27 Febbraio 2013 da xteneraladyx
 

 

Piccole gocce di sudore imperlavano la sua pelle,
nella penombra di quell’anonima stanza di hotel,

chiedendosi che cosa ci era venuta a fare in quello sperduto buco di mondo.
Si era lasciata convincere a fare quella vacanza in Africa,
pensando ad un bel villaggio turistico in riva al mare,
di quelli che ti strizzano l’occhio dalle bacheche di tutte le agenzie di viaggio.
Invece si ritrovava in una minuscola cittadina,
di cui non riusciva a pronunciare neanche il nome.
Da due giorni il suo compagno di viaggio era sparito,
era un fotografo professionista e si era fatto accompagnare da una guida del posto,

alla ricerca di scorci sconosciuti e selvaggi.

Il paese non offriva grosse possibilità di svago,

se non la cena comunitaria in hotel,
dove si riusciva a scorgere qualche essere umano

che parlasse almeno inglese per fare due chiacchere.

Proprio durante la cena del giorno prima, si era imbattuta in un personaggio

alquanto curioso, molto più del suo accompagnatore, che pure,
risultava essere particolarmente
coreografico al primo approccio.
D’altronde chiunque abbia a che fare con attività figurative o

artistiche, i piedi non li tiene mai ancorati per terra.

La nuova conoscenza, le aveva proposto di fare un’escursione nel pomeriggio,
considerato che praticamente non lo conosceva affatto,
aveva gentilmente declinato l’invito.

Ma lui con fare sornione e abile,  aveva saputo solleticare la sua curiosità
per tutto ciò
che di nuovo poteva vedere in quel paese,
che fino a quel momento non l’aveva particolarmente
colpita.

Era mattina, e già l’aria era irrespirabile.
L’aria condizionata non funzionava ed aprire le finestre,
non migliorava la temperatura della stanza.

Si stava mentalmente predisponendo a fare quell’escursione in pieno deserto,
alla ricerca di quella che, la sua nuova conoscenza definiva:
" un’esperienza sensoriale paradisiaca, per quello che vedrà e sentirà…"

Pensava di essere stata folle ad accettare ma,
visto che il suo compagno di viaggio si era eclissato e chissà quando sarebbe tornato, tanto valeva sfruttare le occasioni che quel viaggio le stava mettendo sulla strada…

(segue)

 
 
 

La paura di essere felice...

Post n°484 pubblicato il 24 Febbraio 2013 da xteneraladyx

 

E ad un certo punto della vita, si accorse che la paura di essere felice,
era la causa di ogni sua sconfitta.
Pensava di non meritarla la felicità che gli era arrivata, non era per lei.
Non sapeva  esattamente perché si autopunisse negandosi quella possibilità,
che il destino le aveva messo davanti, perché vi rinunciava.

Gli altri  non capivano, specie quelli che erano gli artefici di quella sua
 felicità, pensavano che lei avesse scherzato, giocato con loro.
Erano tutti, nella loro umana debolezza, un po’ egoisti.
La vedevano che sfuggiva  dalle loro mani, scappava.
Nessuno però cercava di capire perché,
in fondo ognuno perseguiva la propria felicità personale…
E negli anni aveva capito una verità amara:
si è sempre comunque soli di fronte
alla proprio vita.
Soli a decidere, soli a sbagliare.
Non si può incolpare nessuno, se non se stessi.
Ma non si deve nemmeno investire troppo sulla realizzazione di se stessi,
caricando gli altri di ogni responsabilità.

 
 
 

Tempi bui....

Post n°483 pubblicato il 29 Ottobre 2012 da xteneraladyx

 

 

Difficile pensare che la vita possa cambiare così in fretta.
Che le cose certe, siano diventate insicure,
che i porti raggiunti non siano che nuove partenze.
Che si debba ritornare a combattere,
con armi spuntate e il coraggio vacillante.
Combattere, proprio così.
Perché non c’è più nulla di dovuto, meritato o certo.
E quel clima di incertezza,
quel domani così buio e senza barlumi di speranza.
Ricercare costantemente il senso della propria esistenza,
le ragioni delle proprie sconfitte.
Cadere in ginocchio e piangersi addosso
e poi rialzarsi con il sorriso sulle labbra per ripartire ancora.
Perchè il viaggio non concede soste...



 
 
 

Sotto un'altro cielo...

Post n°482 pubblicato il 29 Agosto 2012 da xteneraladyx

 

Quello che aveva era tutto racchiuso in quella piccola valigia.
Tutto quello che considerava davvero importante,
era conservato là dentro.
Quando aveva deciso che sarebbe andata via,
via da quel luogo che ormai le sembrava estraneo,
aveva deliberatamente scelto di non portare nulla con se.
Nulla di quello che rappresentava la sua vecchia vita,
persino gli abiti le sembravano estranei,
appartenuto ad un'altra lei.
Ma c'erano delle lettere, che lei considerava il tesoro più prezioso,
piccoli francobolli di carta bianca intrisi di parole, emozioni e sogni.

Erano l'unico ricordo che non voleva distruggere,
fredda memoria di un passato che non sarebbe più tornato.
Ma erano state quelle parole, che le avevano dato il coraggio
di cambiare e di diventare migliore.
Che le avevano riconsegnato nelle proprie mani il suo destino.

Ora aspettava un treno che l'avrebbe portata altrove.
Un altrove lontano e sconosciuto.
Un altrove che però la stava aspettando,
carico di promesse e di
serenità.

 
 
 

 

 

 

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