Cari amici, un settimanale mi ha ricordato che sono 40 anni da quando è stato rapito e ucciso Aldo Moro. Non so quanti di voi ricordano gli avvenimenti di quell'anno, era un periodo di grave crisi politica ed istituzionale, tanto che ridimensiona assai quella di oggi. Io avevo allora circa 27 anni, lavoravo in biblioteca. Non è che mi ricordo tutto, ricordo il giorno del rapimento: ero tornato a casa (abitavo dai miei genitori) dopo le 13 e vi avevo trovato la mia fidanzata di allora, che faceva l'università, dopo che le lezioni erano state interrotte in seguito all'avvenimento. Eravamo tutti scossi dal fatto inaudito e ci domandavamo cosa sarebbe successo in seguito. Voi che ricordate, sia di quei giorni, che della prigionia e dell'omicidio?
Per rinfrescarmi la memoria mi sono andato a leggere sia vari aricoli sul web che i risultati della Commissione parlamentare d'inchiesta, che potete leggere qui:
http://www.senato.it/leg/08/BGT/Schede/docnonleg/30470.htm#
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Ciao Renato, invece io mi ricordo bene perché mi trovavo a Roma per dare un esame all'Università ed avevo il volo di rientro in serata. Ricordo che Roma si era paralizzata, sirene, ambulanze, polizia, carabinieri, gente che correva, fui colta dal panico, subito dopo venni a conoscenza dell'uccisione di Aldo Moro! Sono oggi trascorsi quasi 40 anni dal 9 maggio del 1978, quando una banda di sciagurati delle brigate rosse, al minuscolo, per favore, come raccomandava la buonanima di Sandro Pertini per non confonderle con quelle omonime da lui conosciute durante la Resistenza, con la maiuscola naturalmente, uccise Aldo Moro, che era allora il regolo della politica italiana, dopo una prigionia di 55 giorni, cominciata col sequestro e la strage della sua scorta a poche centinaia di metri da casa, a Roma. Un omicidio, quello di Moro, dichiaratamente compiuto dagli assassini sparandogli nel bagagliaio di un’auto chiusa in un box della palazzina dove era stato nascosto. Un'auto poi guidata per mezza città, sfidando controlli e incidenti, per essere posteggiata provocatoriamente a due passi dalle sedi dei due partiti, la Dc e il Pci, che avevano impedito di trattare il rilascio dell'ostaggio liberando tredici detenuti per reati di terrorismo definiti "prigionieri politici" dai banditi. Era peraltro anche il giorno di una importante riunione della direzione nazionale della Dc, attesa da Giovanni Leone per firmare, materialmente una grazia nel tentativo disperato di fermare gli assassini. I brigatisti vennero catturati e rinchiusi in vari istituti penitenziari. Buon pomeriggio Renato. |
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Anche io tendenzialmente ero per la linea della fermezza, ma, come dicevo sopra, quando si sceglie una linea bisognerebbe soppesare tutte le conseguenze. Forse allora non c'erano le leggi buoniste di ora e se si andava all'ergastolo, si moriva in carcere. Però, col passare del tempo e con l'evoluzione delle leggi, che cosa è successo? Che Moro, l'innocente, è stato ucciso e i suoi uccisori, salvo quelli che son morti per cause naturali o per conflitti con la polizia, sono ancora vivi e possono rievocare quei fatti e magari dire "ho sbagliato". E tutto per non riconoscere la realtà, che effettivamente lo Stato era in guerra con le Brigate Rosse. Che differenza c'è tra riconoscere un nemico come nemico (e combatterlo) e non riconoscerlo e considerarlo un semplice criminale? erto c'è in ballo una concezione del diritto, che però è sempre un pensiero. La vita dovrebbe avere un valore diverso dai pensieri. Poi, naturalmente, c'è il problema, mai risolto di se e quanto le BR fossero eterodirette. Ora una vecchia foto mostra un esponente della mafia sul luogo del rapimento, e tutta la ricerca si rimette in moto...
Buona serata, Elena! |
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