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Perché ci piace giudicare?

Post n°1205 pubblicato il 09 Marzo 2022 da scricciolo68lbr

È qualcosa più forte di noi, e nonostante i nostri migliori sforzi, a tutti noi capiti, credo, di esprimere giudizi. Alcuni sono più propensi a giudicare le persone che gli sono intorno, altri invece tendono prevalentemente a giudicare continuamente se stessi, ed in quanto giudizi, per lo più in maniera negativa. Per quanto possa sembrare strano, in definitiva esprimiamo sempre un giudizio su noi stessi, perché chi tende a giudicare non fa altro che essenzialmente definire se stesso, direttamente o indirettamente. Giudicando la vita e le persone, non facciamo altro che affermare il nostro modo di essere e il nostro modo di vedere le cose ed il mondo, definendo in maniera negativa tutto ciò che non corrisponde all’idea che noi abbiamo di noi stessi e delle cose. Più che un attacco verso l’altro, giudicare è da considerarsi quasi sempre come l’affermazione del proprio “modo di essere”.


Quando, però, l’abitudine a giudicare gli altri o se stessi si trasforma in una costante e viene perpetrato in maniera feroce, questo può essere deleterio. E del tutto poco costruttivo, finendo poi per minare la propria pace e serenità interiore. Un atteggiamento ipercritico, in particolare se perpetrato a danno di se stessi, solitamente nasconde “insicurezza”, insofferenza, conflitto e scarsa autostima, oltre ad una profonda paura dell’insuccesso, incapacità di affrontare le prove della vita, fattori che possono portare a conflitti intrapersonali, difficoltà relazionali, rabbia e frustrazione e nei casi più estremi perfino depressione, causati dal costante lavorio “mentale”, che porta a mettere in discussione tutto e tutti.


Al contrario l’auto-giudizio, quando è sano rappresenta quella pratica che consiste nell’essere coscienti deila propria persona, capace di assumersi le proprie responsabilità ed impegnata nel correggerli o fare in modo che questi non si ripetano così frequentemente o siano di intralcio alla nostra serenita. L’autocritica positiva è una spinta propulsiva che apre le porte al cambiamento, all’apprendimento di nuove strategie del saper vivere, nuove modalità di essere, relazionarsi e stare al mondo, essere sempre più consapevoli ed in grado di aiutarci a conoscere meglio noi stessi, i nostri limiti ma soprattutto le proprie potenzialità.

L’ideale quindi, in genere sarebbe astenersi dall’esprimere un giudizio, imparare a coltivare l’assenza di giudizio, ma come sappiamo in alcune circostanze, può essere più facile a dirsi che non a farsi. Ciò su cui dovremmo tutti allenarci è a non emettere “sentenze” sbrigative ed inappellabili, senza conoscere realmente i fatti e le persone coinvolte, e per chi fa dell’auto-giudizio il suo mestiere, è importante lavorare su stessi, imparando ad accettare i propri pregi e i propri difetti.
Chi vive in pace con se stesso solitamente non avverte alcuna necessità di fare polemica, di giudicare e confliggere con l’altro, con la vita, piuttosto avverte un bisogno di vicinanza e comunanza con le persone. Nel tentativo di tenere a bada il nostro atteggiamento ipercritico è possibile provare a mettere in pratica una serie di strategie, volte a controllare e modificare questo nostro modo di essere. Vediamone alcune nel dettaglio:

Prima di tutto bisogna cercare di mettersi nei panni degli altri. Quindi pensare a cosa ha portato quella determinata persona in una data circostanza ad agire in quel modo, cercando di guardare alla situazione dalla loro prospettiva (e non dalla nostra), condividendo (possibilmente solo quando richiesto) le nostre esperienze e il nostro pensiero in maniera costruttiva e non distruttiva, in modo da non ferire l’altro;

Credo che possa aiutare, ad esempio fermarsi a pensare a cosa avremmo fatto noi nella identica situazione: questo esercizio ci permetterebbe di imparare dalle esperienze degli altri anche solo immaginandoci in quelle situazioni che potrebbero peraltro essere anche molto lontane dal nostro vissuto.

Sicuramente sarà capitato a tutti di essere oggetto di critiche o giudizi: perché non provare allora a ricordarci come ci siamo sentiti in quel momento e cercare di agire di conseguenza, nel migliore interesse del nostro prossimo.

Offriamo il nostro aiuto, invece di giudicare gli altri, e cogliamo l’occasione per contribuire in maniera positiva alla vita di chi ci sta accanto. Soffermiamoci sui bisogni dell’altro, smettiamo di vivere costantemente in regime di competizione, ed offriamo il nostro contributo disinteressato, per piccolo che possa essere: questo ci aiuterebbe ad uscire dall’impasse tipico dell’atteggiamento ipercritico, offrendo spazio a soluzioni creative pensate per risolvere le situazioni o i momenti di difficoltà delle persone che amiamo. Aiutiamo chi resta indietro, perché alleviare le sofferenze altrui è un po’ alleviare le nostre sofferenze. Smettiamo di premiare i migliori, queste persone non hanno bisogno di aiuto, di un ulteriore riconoscimento. Volgiamo lo sguardo invece a chi necessita di uno sguardo benevolo, prendiamoci cura di lui e indirettamente lo faremo di noi stessi.

Mettendo in pratica questi atteggiamenti con costanza, giorno dopo giorno sarà possibile liberarci, o quanto meno attenuare, la nostra abitudine ipercritica e saremo così in grado di trasformare tutta l’energia che riponiamo più o meno consapevolmente, in questa dinamica distruttiva, in “energia positiva”, di cui potranno beneficiare i nostri cari ed indirettamente anche noi stessi.

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Commenti al Post:
KingsGambit
KingsGambit il 09/03/22 alle 12:51 via WEB
Il detto conta a 10 prima di parlare, ma anche agire, lenirebbe le ferite inflitte o auto inflitte di molti giudizi. bel post. Buona giornata.
 
 
scricciolo68lbr
scricciolo68lbr il 09/03/22 alle 13:10 via WEB
Spesso possono contribuire alla nostra tendenza ipercritica le proprie ferite emotive, specie quelle inferte durante l’infanzia, che poi condizionano la nostra vita da adulti. Ad esempio un bimbo che ha subito le percosse del proprio genitore, che adulto potrà essere? Un individuo che avrà paura a relazionarsi, perché teme sarà percosso ancora o ferito nuovamente. Un individuo che avrà timore e paura e mancherà di serenità per esprimere se stesso ed i propri talenti. Perché ci troveremmo in una società dove le relazioni, oggi come oggi, sono così complicate? E non diamo la colpa ai virus, anche quelli dipendono e sono conseguenza del nostro modo di affrontare la vita, arroccati nei nostri cuori, in preda alla paura.... grazie, per me non si parla mai abbastanza del ruolo fondamentale che la pedagogia dovrebbe rivestire in un tessuto sociale!
 
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