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INVERNO 2024: IL PIÙ FREDDO E NEVOSO DEGLI ULTIMI 50 ANNI!

Post n°1768 pubblicato il 20 Febbraio 2024 da scricciolo68lbr
 

Recentemente, mentre soprattutto in alcune mie rubriche esaminiamo l’effetto di vari indici climatici, ci imbattiamo in notizie che prevedono con certezza un periodo glaciale. In effetti, considerando gli inverni degli ultimi anni, qualsiasi incursione di aria fredda sembra assumere un’importanza maggiore del reale, e meritare l’appellativo di glaciale, visto che dal 2018 non abbiamo più sperimentato eventi particolarmente rigidi.

L’Italia, con la sua ricca storia climatica, ha sperimentato trasformazioni significative nelle sue condizioni meteorologiche nel corso degli anni. Una delle epoche più notevoli per le condizioni invernali è stata l’inizio del XX secolo, caratterizzato da inverni particolarmente rigidi e nevosi. Questo articolo esplora l’evoluzione degli inverni in Italia, con un focus particolare sul memorabile inverno del 1985, il più recente ad aver avuto, con intensità maggiore al 2012, un’ondata di freddo diffusa e forti nevicate. Nel 2012, però, l’evento meteo fu rilevante, ma le maggiori nevicate più limitate. Il nostro obiettivo è confrontare il meteo del passato con quello attuale, offrendo anche proiezioni meteo climatiche per il futuro.

Per comprendere meglio le previsioni future, è fondamentale avere una conoscenza approfondita del nostro clima e delle sue fluttuazioni. La “normalità climatica” serve come base di partenza per queste analisi. Questo concetto descrive le condizioni meteorologiche medie in un’area geografica specifica, considerando un lungo periodo, generalmente decenni. Elementi come temperatura, umidità, pressione atmosferica, vento, pioggia e altri fenomeni meteorologici sono inclusi in queste considerazioni. Fattori come latitudine, altitudine, prossimità agli oceani o ai mari e le correnti atmosferiche e marine influenzano questi elementi. I cambiamenti climatici, causati da fattori naturali o dall’attività umana, possono alterare significativamente queste condizioni a lungo termine.

Gli indici di comportamento del clima: le teleconnessioni

Gli indici di comportamento del clima, noti anche come teleconnessioni, sono una serie di modelli e metriche utilizzati per descrivere e prevedere le interazioni a lunga distanza tra diverse parti del sistema climatico della Terra. Questi indici sono fondamentali per comprendere come variazioni climatiche in una regione possano influenzare il clima in altre aree, anche molto distanti. Ecco una descrizione dettagliata di alcuni degli indici di teleconnessione più noti:

  • Oscillazione Artica (AO) – Questo indice misura le variazioni della pressione atmosferica a livelli elevati sopra il Polo Nord. Una AO positiva indica una maggiore pressione atmosferica nelle latitudini medie e una pressione inferiore nell’Artico, portando a inverni più miti in Europa e Nord America. Invece, una AO negativa può portare a inverni più freddi in queste regioni.
  • El Niño-Southern Oscillation (ENSO) – ENSO è un fenomeno climatico che si verifica nell’Oceano Pacifico equatoriale e ha due fasi principali: El Niño e La Niña. El Niño è caratterizzato da temperature superficiali del mare più calde del normale nell’Oceano Pacifico equatoriale, mentre La Niña è caratterizzata da temperature più fredde. Queste variazioni influenzano in modo significativo il clima in molte parti del mondo, includendo modifiche nei modelli di precipitazione e temperatura.
  • Oscillazione Decadale del Pacifico (PDO) – La PDO è simile a ENSO in termini di cambiamenti nella temperatura dell’acqua nell’Oceano Pacifico, ma si verifica su scale temporali più lunghe (decennali). Ha impatti significativi sul clima del Nord America e su altri aspetti del sistema climatico globale.
  • Oscillazione Nord Atlantica (NAO) – La NAO è un indicatore di variazioni climatiche nell’Atlantico settentrionale. È determinata dalle differenze di pressione atmosferica tra l’Islanda e l’Azorre. Una NAO positiva porta generalmente a inverni più miti in Europa e Nord America e più freddi e secchi nell’Artico e nelle regioni mediterranee.
  • Oscillazione Multidecadale Atlantica (AMO) – L’AMO si riferisce a cambiamenti a lungo termine nelle temperature superficiali dell’Oceano Atlantico. Ha cicli di circa 20-40 anni e può influenzare i modelli meteorologici, compresa l’attività degli uragani e i periodi di siccità o piogge abbondanti in diverse parti del mondo.

Questi indici sono utili per i meteorologi e i climatologi per prevedere tendenze climatiche a lungo termine e capire meglio come le varie parti del sistema climatico terrestre sono connesse tra loro. Le teleconnessioni sono un esempio di come i cambiamenti in un’ampia regione del globo possano avere effetti cascata in altre aree, a volte in modi sorprendenti e imprevedibili. Le teleconnessioni non sono finalizzate a fare previsioni meteo giornaliere, e nemmeno, per meglio intenderci, a prevedere eventi atmosferici in Italia come un’ondata di freddo. Ma hanno un ampio impatto, e le conseguenze su scala locale sono note su periodi più brevi, anche se sono di notevole utilità per conoscere le varie probabilità di eventi meteo estremi.

L’Evoluzione del Clima Invernale in Italia

L’Inizio del XX Secolo: Inverni Tradizionalmente Più Rigidi

All’inizio del 1900, l’Italia ha sperimentato inverni severi. Città come Palermo registravano nevicate quasi ogni anno. Anche se raramente c’era un accumulo significativo, la neve era abbastanza comune da essere un fenomeno notevole. Possiamo anche annoverare le formazioni di una banchisa di ghiaccio sui maggiori fiumi dell’Italia del Centro Nord, dal fiume Po all’Adige, al fiume Arno. Il congelamento anche di parte della Laguna Veneta.

Il Cambiamento Climatico: Riduzione delle Nevicate

Con il tempo, il cambiamento climatico ha ridotto la frequenza delle nevicate in molte aree italiane. Oggi, città come Genova o Firenze vedono nevicate solo occasionalmente. Anche nelle città padane, le nevicate sono diventate meno frequenti, e negli ultimi anni la neve in Valle Padana è quasi scomparsa.

L’Inverno del 1984/1985

Il gennaio del 1985 è ricordato per il suo freddo intenso e le abbondanti nevicate. Gennaio di quell’anno è stato il mese più freddo in Italia negli ultimi cinquant’anni e forse più. La pianura bolognese e la Val d’Arno in Toscana hanno registrato temperature estreme, tra i -25 ed i -30 gradi, causando una paralisi quasi totale in mezza Italia a causa del freddo e delle nevicate prolungate.

Periodo Precedente: Dicembre 1984

Dal 1° al 15 dicembre 1984, un’alta pressione ha dominato buona parte dell’Europa, portando condizioni meteorologiche stabili. La depressione d’Islanda era confinata nell’Oceano Atlantico, ma non preludeva a un’ondata di gelo storica.

L’Anticiclone Russo e le Sue Conseguenze

Nel dicembre 1984, l’anticiclone russo influenzava la pianura della Russia europea, registrando massimi di gelo verso il Mar Caspio. La Scandinavia rimase sotto l’influenza di correnti atlantiche umide e tiepide, che portarono nevicate solo sui rilievi.

Le Interferenze Mediterranee com il Buran

A dicembre 1984, una depressione mediterranea causò una crisi nella stabilità atmosferica, in particolare il 4 dicembre. Si ebbe maltempo, mentre l’aria fredda si accumulava a est dell’Europa, preparando il terreno per lo sconvolgimento di gennaio 1985.

Oggi, i modelli matematici di previsione indicano un potenziale Stratwarming entro fine novembre, che potrebbe destabilizzare il Vortice Polare. Questo non implica necessariamente nevicate in Italia, ma sottolinea la possibilità di eventi atmosferici insoliti.

In conclusione, la prima metà di dicembre 1984 ha visto un regime di alta pressione prevalere sull’Italia e gran parte dell’Europa. Tuttavia, la vera ondata di gelo è arrivata più avanti nel mese, segnando l’inizio di un periodo poi più freddo anche in Italia soprattutto in gennaio, quando l’interazione tra aria gelida e umida causarono nevicate di intensità e frequenza storica.

Questo confronto con il 1984 è cruciale per comprendere meglio il clima futuro, poiché la meteorologia tradizionale e la scienza moderna spesso utilizzano il passato per illustrare le prospettive future. Questo approccio non si limita a previsioni meteorologiche a breve termine ma considera un arco temporale più ampio, essenziale per comprendere le dinamiche climatiche a lungo termine.

Inverno 2023/2024

Al momento non esistono evidenze che confermino un inverno meteorologico particolarmente freddo, il cui inizio è previsto per il 1° dicembre. Secondo le attuali previsioni, i primi 15 giorni di dicembre potrebbero registrare in Europa periodi più freddi della media, con un’estesa copertura nevosa. Tuttavia, si prevede che la situazione possa cambiare successivamente. Le aree dell’Occidente Siberiano, attualmente caratterizzate da temperature relativamente miti, potrebbero sperimentare un freddo estremo, mentre l’Europa potrebbe affrontare condizioni meteorologiche oceaniche con un incremento delle temperature. In alternativa, potrebbe stabilizzarsi un regime di Alta Pressione. Da tenere in considerazione è anche un probabile notevole riscaldamento della Stratosfera a dicembre, un evento che potrebbe influenzare significativamente il Vortice Polare. Questo scenario, nei giorni successivi al Natale, potrebbe portare a condizioni di freddo intenso e abbondanti nevicate, in un periodo che tipicamente registra alcune delle temperature più basse dell’anno.

Insomma, gli scenari evolutivi meteo climatici sono ampiamente aperti, ora più che mai rispetto agli ultimi anni.

FONTE:

https://www.meteogiornale.it/2023/11/meteo-la-piu-grande-ondata-di-freddo-degli-ultimi-50-anni-2/

 
 
 
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