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Pensieri e parole...

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La tecnologia realmente è al servizio dell’essere umano?

Post n°1320 pubblicato il 23 Agosto 2022 da scricciolo68lbr

Si sente così tanto parlare di transizione Green e digitale, ma siamo certi tutti di avere compreso cosa si nasconde dietro questa frase pronunciata da associazioni ed enti governativi, oltre che dai nostri politici? Io temo di no. Chi può con certezza senza temere di essere smentito, che la tecnologia abbia portato o porti nell’era attuale, benefici alla umanità? Io ho molti dubbi e qui spiego tutti i motivi che possono avvalorarli. Le condizioni del genere umano sono migliorate? Lo stile di vita della nostra attuale società è cambiato in meglio? Abbiamo (sarebbe meglio dire hanno) migliorato le nostre condizioni di vita, la possibilità di trovare un lavoro, la capacità di vivere in pace all’interno dello stato e nelle relazioni tra singoli Stati? Le strutture ospedaliere ad esempio, hanno beneficiato dell’innovazione tecnologica oppure la riduzione delle spese sanitarie dello stato e tutte le strutture chiuse sono il sintomo più lampante che la tecnologia ha fallito? La tecnologia non è il male, ma riflettere sui suoi effetti è sull’uso che ne è stato fatto e ne vien fatto è urgente. La tecnologia ha impresso alle nostre vite un’accelerazione sempre più crescente nel tempo, ma le molteplici interazioni con il medium tecnologico hanno generato sempre più crescenti ansie e timori. Le ansie non nascono soltanto dal timore di vedere violata la propria privacy o la riservatezza di dati e informazioni personali e sensibili. I timori non dipendono soltanto dal rischio crescente di essere vittime di furti di identità, attacchi cybercriminali e altre forme di violenza digitale come il cyberbullismo, e le fake news

Nuovj bisogni nascono in quelle fasce di società che mostrano ancora una capacita di riflessione critica finalizzata alla maggiore consapevolezza. Nascono anche e soprattutto, dalla necessità degli individui di riconquistare spazi privati di libertà personale, non mediati dalla tecnologia (si pensi ai social, alle chat, tanto per fare un esempio) oppure da determinati algoritmi binari e dalle scelte di chi li ha implementati. Spazi nei quali esercitare la propria capacità di scelta e il diritto alla “verità”, anche quando possa essere illusoria. Spazi nei quali tornare a sperimentare una “libertà” che non sia subita, come quella che nasce dal “consumismo sfrenato imposto da politiche neo liberiste” e dalla costante variabilità di messaggi, pubblicitari e non, subliminali, variabilità di prodotti e di opinioni. Una libertà non fasulla e ipocrita come quella suggerita da cookie, intelligenza artificiale dei motori di ricerca, assistenti personali e algoritmi, giochi di società ormai gestiti dalla rete, un libertà reale ed edulcorata da qualsiasi tentativo di condizionarla algoritmicamente. Una libertà che i potenti e i signori della terra vorrebbero circoscrivere per costringerci e trasformarci in semplici  “consumatori” e usufruitori di servizi, senza nessuna ulteriore capacità di critica e discernimento? 

È lecito aspirare ad una libertà che nasca dalla volontà di liberarsi dalla schiavitù dei social network, sempre meno democratici ed in cui le nostre opinioni sono soggette a censura, per poter esercitare il libero arbitrio, assumendosi tutta la responsabilità che ogni scelta impone? Aspirare ad una libertà che rifiuta la protezione e il controllo, dei privati ma soprattutto dello Stato, rifiutando all’unisono tutte quelle gratificazioni che rendono controllo e protezione accattivanti e accettabili, per lasciare emergere invece la creatività umana, idee nuove ed originali, elaborare nuovi pensieri e nuove opinioni, libertà per sperimentare nuovi spazi di consapevolezza e possibilità? Nell’era del disincanto, stanchi di subire una realtà manipolata dai media mainstream, che ci propinano false notizie, falsi contenuti e inganni digitali, cosa faranno gli internauti? Si Saranno capaci di intercettare nuovi strumenti per ricercare vie di fuga e alternative possibili? Cercheranno nuovi itinerari di viaggio più personali, che non siamo le destinazioni suggerite dai soliti Tripadvisor, Booking, Google Search? Per tutto questo occorre una consapevolezza, una emancipazione da questa tecnologia servita su piatti d’argento, illudendoci che sia per noi la pietanza migliore.

La consapevolezza che auspico stia nascendo è un modo per trovare le risposte “giuste” a queste e a tante altre domande, il primo passo da compiere verso la vera libertà. 

Una consapevolezza certo che non sia certo un rifiuto a prescindere finalizzato a staccare la spina o a rinunciare alle varie opportunità e vantaggi offerti dalla tecnologia

Una consapevolezza finalizzata unicamente ad abbattere quel velo e mostrare l’inganno che sottende a strumenti, piattaforme, modelli di business, algoritmi e soluzioni preconfezionati. Una consapevolezza che aiuti a comprendere meglio il “ruolo” di coloro che, con il pieno possesso delle principali piattaforme tecnologiche, hanno la possibilità di imporre i propri modelli di business monopolistici, guidati dalla unica ed accertata volontà di potenza e di dominio del mondo. Diventare consapevoli serve a comprendere quanto i nostri comportamenti e le nostre vite siano oggi, più o meno consciamente, manipolate e tecno-guidate con l’unico obiettivo certo di ingaggiarci, addestrarci e renderci tecno-dipendenti, in modo da poterci trasformare in merce o peggio numeri.

Certo è che dalla fase attuale di sviluppo tecnologico non si può tornare indietro, ma il futuro, non ancora scritto, può ancora essere nelle mani di tutti e ciascuno di noi. 

La consapevolezza è lo strumento. E si realizza solo attraverso la conoscenza, la riflessione, l’elaborazione di pensiero, la dissidenza nei confronti del conformismo diffuso, la fuga dall’apatia e dall’isolamento digitale, con il ritorno a nuove forme prettamente umane ed empatiche di socialità, una riflessione critica sull’uso che facciamo della tecnologia, il comprendere che qualcosa si è rotto e non funziona più nell’evoluzione di quello che ancora chiamiamo Homo sapiens, per molti versi diventato Homo stupidus, insipiens e insapienes, destinato ad estinguersi se non sarà capace di riprendere in mano il controllo del proprio destino all’interno di un futuro dominato sempre più dalla tecnologia.

 
 
 
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