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OPERE COMPLETE: POESIA

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Rime inedite del Cinquecento (di vari autori)
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C’era una vorta... er brigantaggio (di Vincenzo Galli)

Er Libbro de li sogni (di Giuseppe De Angelis)

Er ratto de le sabbine (di Raffaelle Merolli)

Er maestro de noto (di Cesare Pascarella)

Foji staccati dar vocabbolario di Guido Vieni (di Giuseppe Martellotti)

La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877 (di Luigi Ferretti)

Li fanatichi p'er gioco der pallone (di Brega - alias Nino Ilari?)

Li promessi sposi. Sestine romanesche (di Ugo Còppari)

Nove Poesie (di Trilussa)

Piazze de Roma indice 1 (di Natale Polci)
Piazze de Roma indice 2 (di Natale Polci)

Poesie romanesche (di Antonio Camilli)

Puncicature ... Sonetti romaneschi (di Mario Ferri)

Quaranta sonetti romaneschi (di Trilussa)

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Storia nostra 66-70

Storia nostra
di Cesare Pascarella

LXVI

E sfasciata la forza de l’Impero,
La cosa piú terribile der danno
Materiale per noi successe quanno
Lo riseppero in tutto er monno intero.

D’altronde, quanno un fatto è un fatto vero,
Come lo vôi coprillo co’ l’inganno?
E poi le cose, hai voja a fa’ un mistero,
Quanno che so’ successe se risanno.

E li Barberi, sia che lo capissero
Da loro co’ quer po’ d’inteligenza
Che ci aveveno, o sia che lo sentissero

Da tutti quanti quelli che nun seppero
Tené’ la lingua a posto e usà’ prudenza,
Er fatto sta che loro lo riseppero.

LXVII

Perché allora, ner tempo der passato,
Bisogna che rifretti co’ la mente
Che tutto er monno mica era formato
Come quello de l’epoca presente.

Era diverso. E appena fossi annato
Verso er confine in tutto er rimanente
Der monno, quanno t’eri slontanato
Da casa nostra, che trovavi? Gnente!

Adesso? Grazie! Mo le condizioni
So’ diverse. Trapassi li trafori,
Dall’antra parte trovi le nazioni.

Ma allora, a queli tempi che t’ho detto,
Dio ne liberi, appena uscivi fori
D’Italia chi trovavi? Er Barberetto.

LXVIII

E quello, capirai che appena intese
Quarchiduno che j’ebbe riferito
Che dove terminaveno le scese
De le montagne e er gelo era finito,

C’ereno le delizie d’un paese
Er piú bello che mai fosse esistito,
Dove er primo che avesse acconsentito
De scegne’ giú se le sarebbe prese;

Quello, che stava lí fra li dirupi,
Senza mai véde’ un mozzico de cielo,
Fra le tane dell’orsi e de li lupi,

Lo disse all'antri, e allora, pe’ ristregne’
Er discorso, lassorno sassi, geli,
Nuvoli, monti e cominciorno a scegne’.

LXIX

Da principio li primi, a centinara,
Fra la nebbia, movennose a tastoni;
Dopo vennero appresso le mijara,
Le mijara se fecero mijoni;

E allora che vôi véde’ la pianara!
Giú tutti in truppa, zompi, a rotoloni,
Fra li sassi, facenno tutti a gara
Pe' fa’ piú presto, a scoppole, a spintoni...

E, scegne e scegne, appena fu er momento
Che cominciorno a véde’, giú fra l’arberi,
Li fiumi che pareveno d’argento,

Li laghi, li giardini e intorno intorno
Tutto er mare... Eh, che vôi?, per quanto Barberi,
Figurete un po’ tu come restorno!

LXX

A bocca aperta! E appena a mano a mano
Potettero distingue’ da vicino
Li palazzi de Genova e Torino,
Le cuspide der Domo de Milano,

Li ponti de Venezia, piú lontano
Le torre de Bologna e l’Appennino
E tutto er tratto da Firenze insino
A Roma tutta quanta in mezzo ar piano;

E poi Napoli bella a la marina,
Er Vesuvio co’ l’Etna che fumaveno,
Palermo co’ lo Stretto de Messina:

Dice che a véde’, tutto a l’improviso,
Tutto quer ben de Dio tutti strillaveno:
Ma che Italia! Ma questo è er paradiso!

Cesare Pascarella
(Storia nostra)

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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