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Bondie Dietaiuti

Bondie Dietaiuti fu un poeta fiorentino, in corrispondenza con Rustico de Filippi, vissuto nella prima metà del XIII Secolo. Il volume "Early Italian literature, Volume 1" di Ernesto Grillo, 1877 riporta due sue poesie, ed altre quattro poesie sono riportate nel sito Duecento (la cui fonte è: "Poeti del Duecento" a cura di Gianfranco Contini, Ricciardi, Milano-Napoli 1960). I titoli od i capoversi con i quali sono conosciute le opere di Bondie Dietaiuti sono:
1-) Amor, quando mi membra
2-) Gl'occhi col core stanno in tenzamento.
3-) Greve cosa m'avene oltre misura
4-) La Primavera ed il Poeta
5-) S'eo canto d'alegranza
6-) Serviti amorosa

1-) Amor, quando mi membra

Amor, quando mi membra
li temporal' che vanno,
che m'han tenuto danno,
già non è maraviglia s'io sconforto,
però c'alor mi sembra
ciascuna gioia affanno,
e lealtate inganno,
e ciascuna ragion mi pare torto.
E paremi vedere
fera dismisuranza,
chi buono uso e leanza
voglia a l[o] mondo già mai mantenere,
poi che 'n gran soperchianza
torna per me piacere,
e 'n gran follia savere,
per ch'io son stato, lasso, in grande er[r]anza.
Ma lo 'ncarnato amore
di voi che m'ha distretto,
fidato amico aletto,
mi sforza ch'io mi deg[g]ia rallegrare.
Dunqua mi trae d'er[r]ore,
ché 'l tuo valor perfetto
mi dà tanto diletto,
che contro a voglia aducemi a cantare.
Però m'ha confortato
e sto di bona voglia
. . . . [-oglia]
de lo noioso tempo intrebescato;
ma par che 'n gioi' s'acoglia
l'affanno c'ho portato,
guardando al tuo trovato,
amico, che d'er[r]anza mi dispoglia.
Ma par ca per usag[g]io
avenga spessamente
c'omo ch'è canoscente,
per molto senno ch'ag[g]ia e cortesia,
ch'ello pregia non sag[g]io:
così similemente
m'ave[n] di te, valente,
discreto e sag[g]io e nobil tut[t]avia,
ca più ch'io non son degno
e non ho meritato
sono da te pregiato,
onde di grande amor m'ha' fatto segno.
E como se' 'nsegnato,
dotto e di ric[c]o ingegno!
Per ch'io allegro mi tegno,
veg[g]endo te di gran savere ornato.
La salamandra ho 'nteso,
agendo vita in fuoco,
che fora viva poco
se si partisse da la sua natura;
del pesce sono apreso
che 'n agua ha vita e gioco,
e, se parte di loco,
ag[g]io visto c'ha vita pic[c]iol' ora.
Ed ogne altro alimento
notrica un animale,
ciò ho 'nteso, lo quale,
se se'n parte, che viene a finimento:
così tanto mi vale
lo tuo inamoramento,
che mi dà alegramento,
e sanz'esso dub[b]ierei aver male.
Canzon, va' immantenente
a quelli che 'n disparte
dimora in altra parte,
ed èmi ciascun giorno pros[s]imano;
ed imprimieramente
salutal da mia parte,
poi digli che non parte
lo meo core da lui, poi sia lontano;
digli che 'n pensagione
mi tiene e 'n alegranza,
tanto mi dà baldanza,
lo meo core ch'e stato ['n] sua magione,
ca vi fe' adimoranza
per certo in istagione:
dunqua ben fa ragione,
poi ch'è suo propio, se 'l guarda ed avanza.

Bondie Dietaiuti
In "Poeti del Duecento" a cura di Gianfranco Contini, Ricciardi, Milano-Napoli 1960


2-) Gl'occhi col core stanno in tenzamento

Gl'oc[c]hi col core stanno in tenzamento
e dicono conquisicanno il core.
E lo core risponde con tormento:
non ci aio pec[c]a, nanti fue l'Amore;
e voi vedeste cosa a piacimento,
onde no' siamo in pena ed in dolore.
Risponde Amore con grande ardimento:
sed abesamo buon giudicatore,
eo sacc[i]o ben che ne saria scusato,
ch'io mi [di]fendo per cosa comune,
perchè da ciascheduno son formato;
ma 'l core, chè segnor de la magiune,
costringe a gli oc[c]hi a veder lo pec[c]ato
e colpa cui li piace e pon cagiune.

Bondie Dietaiuti
In "Rimatori della scuola siciliana", a cura di Panvini, Olschki, Firenze 1962 e 1964


3-) Greve cosa m'avene oltre misura

Greve cosa m'avene oltre misura,
poi che per forza vegio mi convene
cantar'contro a talento, ond'io mi doglio,
per contar la mia pena e la rancura,
chè m'è tornato in grande affanno il bene
e la ric[c]a allegranza ch'aver soglio.
Ch'i' agio amato ed amo co leanza
e fui amato ed eb[b]i gioia intera;
or m'è tornata fera
la mia dorma [ . . .] for fallanza.
Dunqua, ben mi lamento con drit[t]ura,
la ond'io non ò pec[c]ato vivo in pene;
però di ciò com'albore mi sfoglio.
E s'io potesse contrafar natura
de la finice, che s'arde e rivene,
eo m'arsera per tornar d'altro scoglio,
e surgeria chiamando pïetanza:
forse che torneria colà dov'era
d'amore a la 'rnprimera,
sì ch'io raquisteria la mia allegranza.
Pero, Lamento, di gran doglia e dura,
merzè dimanda a chi 'n balìa mi tene
for colpa non m'auzida per orgoglio,
ma brevemente tragami d'ardura
e de l'affanno ca 'l mio cor sostene;
campar per altra non posso, nè voglio.
Dunqua le di' che fa dismisuranza
se contro a umilità mi stesse fera,
chè morte mi sembrera
ogn'altra vita, sì m'à in sua possanza.

Bondie Dietaiuti
In "Rimatori della scuola siciliana", a cura di Panvini, Olschki, Firenze 1962 e 1964


4-) La Primavera ed il Poeta

Quando l' aria rischiara e rinserena,
II mondo torna in grande dilettanza,
E r acqua surge chiara dalla vena,
E r erba vien fiorita per sembianza,
E gh augelletti riprendon lor lena,
E fanno dolci versi in loro usanza,
Ciascun amante gran gioi' ne mena
Per lo soave tempo che s' avanza.
Ed io languisco ed ho vita dogliosa:
Come altro amante non posso gioire,
Che la mia donna m' e tanto orgogliosa.
E non mi vale amar ne ben servire:
Pero r altrui allegrezza m' e noiosa,
E dogliomi ch' io veggio rinverdire.

Bondie Dietaiuti
In: "Early Italian literature, Volume 1" di Ernesto Grillo, 1877


5-) S'eo canto d'alegranza

S'eo canto d'alegranza
inamoratamente,
volendo magiormente
di mia bona allegreza aver certanza,
aven per la speranza
che mi fa star gaudente,
poi credo veramente
di voi ciò che mostrate per sembianza.
Ma simil m'adivene
come a l'om ch'è dottuso
di ciò ch'è più gioiuso,
che teme di fallir quanto più tene;
di ciò son disïuso,
di ciò c'ò visto acertar la mia spene.
Dunqua, per inoranza
di voi, donna valente,
priegovi dolcemente
ca vi degia piacer per me pietanza,
che sia fuor dubitanza
di voi propiamente
se la ciera piagente
e [i] sembianti col cor fanno ac[c]ordanza.
E, consirando il bene
ch'io ne spero sdubiuso,
non aio mai star dogliuso,,
ca 'n fina gioi mi conteria le pene;
così, viso amoruso,
ched eo per voi m'alegri si convene.
Per che gran dilet[t]anza
mi dona Amor sovente,
perchè imprimeramente
fue il nostro amor di bona incominzanza;
da voi port'io l'amanza
di buon cor francamente,
sì ch'io similemente
a voi ò dato il core mio in possanza.
Dal bon cominzar vene
lo finir dilet[t]uso,
purchè non sia gravuso
lungo aspettare ch'affanno sostene;
così seguirà l'uso
del nostro fino amor, che mi mantene.

Bondie Dietaiuti
In "Rimatori della scuola siciliana", a cura di Panvini, Olschki, Firenze 1962 e 1964


6-) Serviti amorosa

Madonna, me e avvenuto simigliante
Con' de la spera a l' ascielletta vene,
Che sormonta, guardandola, 'n altura
E poi dichina lassa immantenante,
Per lo dolzore ch' a lo cor le vene,
E frange in terra, tanto s' inamora.
Cosi primeramente ch' eo guardai
Lo vostro chiar visaggio,
Che splende piii che raggio,
Distrettamente, donna, inamorai.

E cosi sormontai, donna, veggiendo
Che mi dono Amore l' ardimento
Di voi amar, sovrana di bieltate:
Ma sospirando lasso e piangiendo
Son dichinato, poi va in perdimento
Per me Merze e frango in Pietate.

Ma piu m' aggrada l' amoroso foco,
Ov' e 'l mio core ardente
Per voi, vista piagiente,
Che per un' altra aver sollazzo e gioco.

E pero v' addomando solamente.
Per Dio, ch' aggiate a grado il mio servire,
Poi ch' io gradisco l' amoroso affanno;
E se volete ch' io sia dipartente
Da voi amar, convenevi partire
Da voi li sguardi, che languir mi fanno,
E poi lo dolze riso, per ch' io incoro,
E la bielta ch' avete;
E se questo farete,
Forse mi partirò, se disamoro.

Madonna, ben ho inteso die lo smiro
Aucide 'l badalischio a la 'mprimera;
Di voi similemente m' e avvenuto
Per un vedere und' io piango e sospiro;
Che 'nmantemente m' allumo la spera,
Onde coralemente son feruto.

Oi me, chiaro miraglio ed amoroso,
Se per lo primo sguardo,
V' imaginai, ond' ardo,
Ne del mio cor non fui mai poderoso!
Pero, canzon, va dire ad ogne amante
Che lo veder mi par la prima cosa,
Per ch' om piu s' inamora per usanza;
Awegna che piaciere e l' afFermante,
E cio ch' om ferma e 'n esso si riposa,
Adesso crescie sanza dubitanza:
E saccio ben che non varria neiente
Veder, se non piaciesse
Ch' amor se n' apprendesse;
Ma, da che piacie, apprende tostamente.

Bondie Dietaiuti
In: "Early Italian literature, Volume 1" di Ernesto Grillo, 1877

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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