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Il Dittamondo (3-17)

Post n°949 pubblicato il 03 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

Il Dittamondo
di Fazio degli Uberti

LIBRO TERZO

CAPITOLO XVII

Come nel tempo de la primavera 
giovane donna va per verde prato, 
punta con l’oro de la terza spera, 
con gli occhi vaghi e ’l cuore innamorato 
cogliendo i fior, che li paion piú belli, 5 
lasciando gli altri da parte e da lato; 
e colti i piú leggiadri e i piú novelli 
li lega insieme e fanne una ghirlanda 
per adornare i suoi biondi capelli; 
similemente io di landa in landa 10 
cogliendo ogni bel fior del mondo andai, 
lasciando i vili da parte e da banda: 
e, raunati, apresso li legai 
in questi versi, sol per adornare 
le rime in che disio vivere assai. 15 
Giunti in sul monte e volti verso il mare, 
disse la guida mia: "Qui drizza il viso 
e nota ciò che tu m’odi contare. 
Teseo, avendo in Creti il mostro ucciso, 
per lo caro consiglio d’Adriana, 
venne ad Atenes con gaudio e con riso. 
A tutti li suoi iddii, fuor ch’a Diana, 
fe’ sacrificio Oeneo, ond’ella acerba 
tempesta li mandò crudele e strana: 
i’ dico un porco, che guastava l’erba, 25 
le bestie, biade, le vigne e le pianti, 
tant’era pien d’ardire e di superba. 
Due denti grandi, qual de’ leofanti, 
gli uscian di bocca affilati e taglienti 
e forti, come fosson diamanti. 30 
E quai sono a veder carboni ardenti, 
cotai parean, nel crudel rimiro, 
gli occhi suoi fieri, vermigli e lucenti. 
Non minor era che i tori d’Epiro; 
tai, qual saette, le setole avea; 35 
molto era, a riguardar, pien di martiro. 
Per cacciar lui, che tanto mal facea, 
si raunaron Castore e Polluce 
con gran compagna e due fratei d’Altea. 
Lá fu ancora l’uno e l’altro duce, 40 
Teseo e Piritoo, e la bella Atalante 
ch’era, in quel tempo, nel mondo una luce. 
Lá fu Ianson con l’ardito sembiante, 
Idas, Peleus, Fenice e Panopeo, 
Ipoteus, Ceneo e lá Cteante; 45 
lá fu Nestorre, Iolao ed Anceo; 
lá fu il padre d’Achille ed Echione; 
Pilius, Feretiade, Ippaso, Ileo. 
Lá fu Anfirao, Laerte e Talamone, 
Amficide ed il bello Meleagro, 50 
Drias, Naricio, Acasto, Eurichione. 
Ora, perché ’l mio dir ti sia men agro, 
terrò piú lunga alquanto mia favella, 
perché ’l corto parlar talora è magro. 
Ben dèi pensar che la caccia fu bella 55 
di cavalieri e d’argomenti strani, 
quando fra noi ancor se ne novella. 
Segugi, gran mastini e fieri alani 
v’erano molti e tra quelli una schiatta 
che prendono i leon: ciò son gli albani. 60 
E tutti questi a quella gran baratta 
fuggian dinanzi al porco, come fosse 
ciascun coniglio stato, lievre o gatta. 
Echion fu quello che primo percosse 
l’alpestro porco e non passò la scorza, 65 
ch’era come corazza o scudo a l’osse. 
Ianson lanciò lo spiedo con tal forza, 
che fallí il colpo; e il porco ferio 
sí Palamon, che la sua vita ammorza. 
Similmente Pelagona partio 70 
con la gran sanna da la schiena al ventre, 
onde subito cadde e lí morio. 
E se Pilio non fosse stato in mentre 
accorto che ’l gran porco uccise i due, 
per un che li sgridò: – Guarda com’entre –, 75 
morto era lí; ma piú che simia fue 
presto a montare un albore: onde ’l porco 
dentro al pedal ficcò le sanne sue. 
Anceo, che era acerbo piú di un orco, 
alzò la scure; ma ’l colpo li manca 80 
e quel gittò lui morto in mezzo il sorco. 
Per mal li venne Enesim tra le branca; 
si fe’ d’Oritia, quando a lui s’arriccia: 
tutto l’aperse da la coscia a l’anca. 
Teseo, che ciò vede, a dietro spiccia; 85 
ma Ianson, che lo volse ancor ferire, 
cucí un cane in terra con la friccia. 
Ed allora Pelleo il fece uscire 
de la gran selva e Talamone il tenne 
da lato al fianco per farlo morire. 
Pollux e Castor, l’uno e l’altro venne 
su due corsieri bianchi come cigni; 
ma pur niuno a lui ferir s’avenne. 
Qui vo’, lettor, ch’Atalante dipigni 
sopra un corsier, con quel leggiadro aspetto 95 
che fai Diana, quando non t’infigni, 
con l’arco in mano e col vestire stretto 
e i biondi suoi capelli sparti al vento, 
sí che passi a veder ogni diletto: 
perché tal giunse, fuor d’ogni spavento, 100 
con l’arco aperto e die’ d’una saetta 
al porco, in mezzo tra l’orecchia e ’l mento. 
E tanto il colpo e ’l bel ferir diletta 
a Meleagro, che a’ compagni disse: 
– Morto è costui, se un’altra ne li getta –.105 
Il porco contro a’ cacciator s’affisse, 
credo per lo dolor, sí disperato, 
che folgor parve che dal ciel venisse. 
Qual li fuggia dinanzi e qual da lato, 
e qual morio in quella gran tempesta, 110 
e qual tra’ piè li cadde inaverato. 
Qui Meleagro, in mezzo a la foresta, 
uccise ’l porco e, per donar l’onore, 
ad Atalante sua diede la testa,
la qual fu fin del lor verace amore". 115
 
 
 
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