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CHIARIMENTI
Le notizie riportate nel presente blog, ove altrimenti non specificato, sono affidate alla memoria dell' autore e non possono pertanto essere considerate degne della minima fede. Ritengo sia mio preciso obbligo morale diffondere bufale, spacciandole per vere e viceversa. Chi si fida di me sbaglia a farlo, ma, volendo, potrebbe prendere spunto da quel bel po' di verità che sarà in grado di trovare in ciò che scrivo, per approfondire l' argomento, se gli interessa, altrimenti, ciccia.
Chi volesse comunque riferirsi a fonti ancor meno affidabili di una vacillante memoria di un incallito bufalaro, potrà consultare Wikipedia o, peggio ancora, la Treccani Online che a Wikipedia spesso rinvia. Degno di considerazione è il fatto che le idiozie di cui Wikipedia è spesso -non sempre, siamo onesti- intrisa fino al midollo sono consultabili gratis, laddove per la redazione della Treccani online lo Stato ha erogato all' ente, presieduto da un non bene amato ex ministro di nome Giuliano, due bei milioncini di euro nostri: che fine avranno fatto? Non c'è alcuna malizia da parte mia, s'intende, nel formulare questa domanda: solo semplice curiosità.
La lettura di questo blog è vivamente sconsigliata a chi ignora cosa sia l'ironia e/o non è in grado di discernere il vero dal falso.
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Piccola biblioteca romanesca (I miei libri in dialetto romanesco)
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Cento sonetti in vernacolo romanesco (di Augusto Marini)
Centoventi sonetti in dialetto romanesco (di Luigi Ferretti)
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I trovatori (Dalla Prefazione di "Poesie italiane inedite di Dugento Autori" dall'origine della lingua infino al Secolo Decimosettimo raccolte e illustrate da Francesco Trucchi socio di varie Accademie, Volume 1, Prato, Per Ranieri Guasti, 1847)
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Rime inedite del Cinquecento (di vari autori)
Rime inedite del Cinquecento Indice 2 (di vari autori)
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Rime inedite del 500 (XLI-3)
Post n°948 pubblicato il 02 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918) Interlocutori: Thetide, Achille, Coro di donne che cantano e saltano. O destrieri dell'acque, Ecco del vostro nuoto E del mio lungo corso il fin'è giunto. Deh! pur mi doni il fato Che giunga anch'egli il mio desio in porto, E dell'unico mio diletto figlio, Che in alto sonno involto ho qui condotto Io sua pietosa madre Cessi il mortal periglio Che gli minaccia il ciel nemico d'Asia. O sola del mio cor dolce radice, Tu dormi, ohimè!, tu dormi Ed io, misera me!, la notte e i giorni Meno per tua cagione Vigili e tormentosi. Come, viscere amate, Sarà possibil mai Ch'alle materne lagrime, a' sospiri, A' prieghi di colei, ch'a te già diede E lo spirto, e la vita Il tuo cor indurato non si spezzi? Ah figlio! Ah figlio! il tuo feroce ingegno L'invitto animo tuo, che sol di gloria Ha immoderata sete; E quell'(ohimè!) che col dolor m'ancide, Tu per udir delle canore trombe Il fiero suon, ch'alla battaglia sfida, Sordo non udirai Il fiebil suon de' miei pietosi accenti? Oh! Troia, de' miei mali Amarissimo fonte; Oh! del troiano eroe Troppo crudel rapina, Ch'altrui la sposa, a me rapisce il figlio; E voi di ferro e di guerrieri onuste Navi, d'Asia terror, di Grecia pianto, Se voi di render gravi Sì prezïosa salma; Se i vostri lunghi errori De' seguir il mio figlio, Disserri e sleghi il dio rettor dei venti I tempestosi noti, Sì che turbato il mar, sempre turbata Miri la greca agente. E tu che nel ciel regni, o sommo Giove, Che sol del fato negli eterni abissi Vedi i segreti agli altri dei mal' noti; Se deve Achille ne' troiani campi Inevitabilmente Cader ferito e morto, e me sua madre Lasciar orba e dolente, Ah! tu ch'onnipotente Se' detto, fa ch'egli non parta,e resti. Tu del cor giovanil gli ardenti affetti E i spiriti guerrieri Tempra e sopisci, tu, che 'l tutto puoi; Questo suo cor cangiando Che sol di guerra e mortal guerra è vago. Inspira nel suo petto Vital desìo di pace e di riposo. Signor benigno, ascolta Questi miei prieghi, che pietà materna Bagna di calde lacrime et amare; Ma che col tuo favor tardi a destarlo? A che tanto diffidi? Breve stilla di pioggia un sasso rompe, Non potrà largo pianto, E pianto di pietosa e diva madre, Spezzar ancor un cor di figlio umano? Figlio? Ma per sé stesso ei si risveglia; Vuo' tacer, e vedere Qual sarà meraviglia Del varïato cielo E di mirar mia deità presente. Achille Ecco il lido, ecco Troia, Armi, ecco Ettore. Ah! che vaneggio. Ma dove sono, e dove longa caccia Oggi m'ha tratto! Io già non ho memoria Di questa spiaggia mai, di questo mare, Di questi alpestri scogli, E dove è Pelio et ossa? Ma tu chi sei, che con divino lume M'assali? Ah! ben ti riconosco o madre A me questa tua luce Recar non può se non notte d'infamia. Conosci la tua fraude, i tuoi disegni, La tua pietà crudele. Ai regi et agli eroi; Alle palme, ai trofei M'ha tolto, et or m'espone Agli scogli e alle selve. Thetide Figlio, misero figlio, Di più infelice madre Il mio materno amor, la mia pietate Che tu, crudel, crudel a torto chiamo Al tuo fiero destino, Alla fatal tua morte Ti sottragge e ti dona A la mia vita, di cui non have il mondo Cosa più pretïosa. Achille Sì, se vivesse senza onor il mondo. Thetide L'onor'è un ombra di fugace bene. Achille La vita senz'onor è come morte. Thetide Ma l'onor senza vita è un fumo e un sogno. Achille È padre della gloria e della fama. Thetide E la fama e la gloria è un'eco vana. Achille Ella è dell'uomo la seconda vita. Thetide Ell'è più tosto la seconda morte. Achille Chi glorïosa fama uccider puote? Thetide Il tempo micidial de' nomi e d'opre. O figlio, tu non sai, né saper puoi (Ché tua tenera età non lo consente) Quali faccia tra noi alte rapine L'artiglio irreparabile del tempo. Per lui rovinan le città possenti, Per lui cadono i regni, Per lui la vostra fama, Che tanto il vano mondo apprezza ed ama, Qual nebbia al vento si dilegua e sface In questo vostro sì mirabil mondo, Che goder non potete, Se non vivendo. Altro di vero bene Che la vita v'è dato: La vita, che natura Nostra madre comune Insegna a custodir con tanto studio Non agli uomini solo; Ma quel ch'è suo mirabil magistero A tutto ciò che sotto il ciel ha vita. Dunque perché sprezzar sì caro dono? Perché gittar invano Così caro tesoro? Vivi, mio figlio, vivi, E se lo stame de' begli anni tuoi Di recider non curi per te stesso, S'a te per te la vita non è cara, Siate almen cara (ohimè!) per me tua madre, La qual' s'avesse amor, com ebbi un tempo Luogo e stanza nel ciel tra gli altri dei, Stella tra l'altre grande e rilucente, Ti stringerei tra le materne braccia; Così tu di periglio, io di timore Saremo entrambi fuore. Ma poiché ciò ne vieta il ciel nemico, E che son già vicini I termini fatali, I giorni, ohimè!, pericolosi tanto, Cedi, deh! cedi al fato, Soggioga alquanto i tuoi virili affetti, E queste vesti ch'io Solo per tua salute ho qui recate Non isdegnar; ma soffri Di veste femminil' andar ornato; Acciò da crudo e dispietato ferro Così tosto non sia lacera e guasta Della grand'alma tua la viril veste. Ma perché torci il guardo? Ah! che minaccian le sdegnose luci? Ti vergogni tu forse Che con questi ornamenti S'amollisca il tuo cuore? Per te, mio figlio, i' giuro, Giuro per l'acque de' congiunti mari Ciò non saprà Chirone il tuo maestro. Coro di donne che cantano e ballano: Corriam, veloce piede Mostra devota fede. Corriam a coglier fiori Per celebrar di Palla i sacri onori. Ecco già scopre un odorato Maggio Del sol novello il mattutino raggio. Thetide Par ch'in vista si sia cangiato e cangi Mirando sol di quelle donne il coro. Sì come amica mente Le seguita col guardo. Oh come a un tempo solo Arrossa, impallidisce, e suda, e trema. Questi d'amor son segni ch'io conosco; Egli ama certo, oh caso fortunato! Io ridurro con questo mezzo forte L'ostinato suo cor alle mie voglie. Vedesti, o figlio, quali Splendean, tra queste selve Fra quest'alpestre scoglio e quest'arene Beltà più che terrene? Non sotto l'agghiacciato Pelia ed ossa Miravan gli occhi tuoi Così rare bellezze Di cui, se vago sei, Ascolta per goderne i detti miei. Tra così dura impresa, Per cagione amorosa, Tra così belle donne Finger l'abito e 'l nome, Odi, mio figlio, come Ti coprirò con queste spoglie, e i crini Di chiome feminili T'innestarò con sì leggiadro modo Che qual vergine poi T'introdurrò nella bramata schiera Delle amate donzelle. Tu intanto ascolta, e fa de' miei ricordi Fida conserva, e quando il tempo il chieda A tuo pro te ne serve. Sia breve e lento il passo, Gli occhi sian parchi e le parole rare, Pronto il rossor, tarda l'audacia, e l'ira Del cor in tutto spenta. Così mentisci, me maestra, il sesso. Nel rimanente poi Segui quel che t'insegna Natura, Amor, l'occasïone e 'l Tempo. Achille O Achille, o da te stesso, O da principii tuoi tanto diverso, Che più non merti d'esser detto Achille. Sogni tu forse? Ah! non son sogni questi Sono degli occhi tuoi purtroppo desti Effetti, onde tu sempre Di te medesmo teco ti vergogni. Son questi i finti usberghi, e queste l'armi Ch'alla pugna apparecchi? Or' va guerriero invitto, Dell'asta invece, e fa fuggir con questa L'armate schiere a tua vergogna estrema. Ma che parlo? Che penso? E qual fierezza Chiudo nel petto? E qual crudo desio Sol di sangue e di strage, e sol di morte D'ogni umano pensier l'alma m'assale? Ho io di fiera il core, In cui sempre s'annida ira e furore? Fiera allor fui, che con le fiere io vissi, Or! son uomo, e mi pregio Che quest'anima mia Incominci a sentir gli effetti umani. Amor, da te l'umanità conosco. Che dico Amor? Anzi da te, mia donna, Che con la tua beltà, madre d'Amore, Rendesti in questa mia mente amante. O sesso, già da me tanto sprezzato Ed or tanto adorato. O donna, o santo dono, e santo pregio Del cielo e di natura, Quanto in virtù di tua bellezza puoi! Tu con questa dai vita a quell'affetto Ch'in vita cerca il mondo, Amor chiamato; Onde per te sol viene, e per te solo Caro sostegno suo non cade il mondo, L'uomo che più di te si pregia e stima, Perché di te più di superbia abbonda, Senza te che sarebbe? Un secco tronco, Una sterile pianta, e quel ch'è peggio Sarebbe in petto umano alma ferina. Ché, s'il sesso virile è mansueto, Tale tu 'l fai, e quanto ha di gentile, Di cortese e d'umano, S'ingrato egli non fosse, da te sola Riconoscer dovrebbe. Ma che tardiamo, o madre, A seguir il mio sole? Non più, non più parole. Ecco di nuovo appar, di nuovo s'oda La celeste sua luce ed armonia. Thetide Taci, mio figlio, mira solo et odi. Coro di Ninfe: Queste rose e questi achanti Saran' poi de' nostri amanti. Ch'esser può devoto un core E di Pallade e d'Amore. Amiam, l'Amor è nume, anzi guerriero; Bellona ha l'asta, ha l'arco il cieco arciero. Achille O sirene del cielo, Ch'in terra non son già cose sì rare Dalla bellezza del suo volto acceso, Dalla dolcezza di tua voce preso, Teco viene il suo core, Io 'l segno, a noi fido sia duce Amore. Thetide O ciel benigno, o fati amari, o Giove, Quanto, signor, la tua pietà mi giova. Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918) |
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il 17/04/2023 alle 16:00
Inviato da: ragdoll953
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