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Terze Rime 11-12

Post n°789 pubblicato il 11 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
 

Terze Rime di Veronica Franco
Addelkader Salza, Bari, Laterza 1913

XI

D'incerto autore

[Mentr'ella è a Verona con un suo amante, un altro, rimasto a Venezia, si duole ch'ella tardi a ritornare, ed a ciò la sollecita.]

Invero una tu sei, Verona bella,
poi che la mia Veronica gentile
con l'unica bellezza sua t'abbella.
Quella, a cui non fu mai pari o simìle,
d'Adria ninfa leggiadra, or col bel viso
t'apporta a mezzo 'l verno un lieto aprile;
anzi ti fa nel mondo un paradiso
il sol del volto, e degli occhi le stelle,
e 'l tranquillo seren del vago riso;
ma l'intelletto, che sì chiaro dielle
il celeste Motor a sua sembianza,
unito in lei con l'altre cose belle,
quegli altri pregi in modo sopravanza,
che l'uman veder nostro non perviene
a mirar tal virtute in tal distanza.
A pena l'occhio corporal sostiene
lo splendor de la fronte, in cui mirando
abbagliato e confuso ne diviene:
questa la donna mia dolce girando,
l'aria fa tutta sfavillar d'intorno,
e pon le nubi e le tempeste in bando.
Di rose e di viole il mondo adorno
rende 'l lume dal ciglio, con cui lieta
primavera perpetua fa soggiorno.
Oimè! qual empio influsso di pianeta,
unica di quest'occhi e vera luce,
subito mi t'asconde e mi ti vieta?
Chi 'l nostro paradiso altrove adduce,
Adria, meco perciò dogliosa e trista,
ché 'n tenebre il dì nostro si riduce?
Ogni altro oggetto, lasso me, m'attrista,
or che del vago mio splendor celeste
mi si contende la bramata vista.
Ben del pensier con l'egre luci e meste
scorgo Verona invidiosamente,
che de' miei danni lieta si riveste.
Veggo, lasso, e rivolgo con la mente
ne l'altrui gioia e ne l'altrui diletto
via più grave 'l mio danno espressamente.
Adria, per costei fosti almo ricetto
di tutto 'l ben ch'a noi dal ciel deriva,
quant'ei ne suol più dar sommo e perfetto:
or di lei tosto indegnamente priva,
per questa del tuo lido antica sponda
torbido 'l mar risuona in ogni riva.
Ben tanto più si fa lieta e gioconda
Verona; e di fiorito e dolce maggio,
nel maggior nostro verno e ghiaccio, abonda.
Quivi del mio bel sol l'amato raggio
spiega le tante sue bellezze eterne,
che d'ir al cielo insegnano il viaggio.
Per virtù di tal lume in lei si scerne
vestir le piante di novel colore,
e giunger forza a le radici interne.
L'aura soave e 'l prezioso odore,
che da le rose de la bocca spira
questa figlia di Pallade e d'Amore,
nutrimento vital per tutto inspira,
sì ch'a quel refrigerio in un momento
tutto risorge e rinasce e respira;
e de la voce angelica il concento
i fiumi affrena, e i monti ad udir move,
e 'l ciel si ferma ad ascoltarla intento:
il ciel, che in Adria piange, e ride altrove,
là 've la dolce mia terrena dea
grazia e dolcezza dal bel ciglio piove,
e quel ricetto estremamente bea,
dov'ella alberga, per destìn felice
d'un altro amante e per mia stella rea.
Altri del mio penar buon frutto elice,
del mio bel sol la luce altri si gode,
ed io qui piango nudo ed infelice.
Ma, s'ella 'l mio dolor intende et ode,
perch'a levarmi l'affamato verme
non vien dal cor, che sì 'l consuma e rode?
E, se non m'ode, o mie speranze inferme!
poi che 'l ciel chiude a' miei sospir la strada,
contra cui vano è quanto uom mai si scherme,
Ma tu sì aventurosa alma contrada,
ch'a pena un tanto ben capi e ricevi,
qual chi confuso in gran dolcezza cada,
d'Adria i diletti, a fuggir pronta e lievi,
mira; e dal nostro danno accorta stima
il volar de' tuoi dì fugaci e brevi.
Or ti vedi risposta ad alta cima
né pensi forse come d'alto grado
le cose eccelse la fortuna adima:
stabil non è di qua giù 'l bene, e rado
più d'un momento dura, e 'l pianto e 'l duolo
trova per mezzo l'allegrezza il guado,
Ma pur felice aventuroso suolo,
che quel momento al goder nostro dato
possiedi un ben così perfetto e solo.
Pian, poggio, fonte e bosco fortunato,
ch'a un guardo, a un sol toccar del vago piede
forma prendete di celeste stato,
l'alto e novo miracol, che 'n voi siede,
a farvi basti, in tanto spaziò, eterno
tutto quel ben, ch'al suo venir vi diede;
sì che mai non v'offenda o ghiaccio o verno,
ned altro influsso rio,ma sempre in voi
sia la stagion de' fior lieta in eterno;
pur che tosto colei ritorni a noi,
al nido, ov'ella nacque, che senz'essa
mena tristi ed oscuri i giorni suoi.
Deh torna, luce mia, del raggio impressa
de la divinità, qui dove mai
pianger la tua partita non si cessa.
Tempo è di ritornar, madonna, omai
a consolar de la vostr'alma vista
di questa patria i desiosi rai,
a dar a la mia mente inferma e trista
col dolce oggetto del bel vostro lume
rimedio contra 'l duol, che sì l'attrista:
e, se troppo 'l mio cor di voi presume,
datemi in pena che del vago volto
da vicin lo splendor m'arda e consume;
né de' begli occhi altrove sia rivolto
il doppio sol, fin che 'n polve minuta
non mi vediate dal mio incendio vòlto;
e, per farlo, affrettate la venuta.

XII

Risposta della signora Veronica Franca

[Ella risponde invitando l'innamorato, che non può riamare, a celebrar Venezia; dove, perché egli possa dimenticare lei per altra donna, non tornerà così presto.]

Oh quanto per voi meglio si faria,
se quel, che 'l cielo ingegno alto vi diede,
riconosceste con più cortesia,
sì che impiegarlo in quel, che più si chiede,
veniste, disdegnando il mondo frale,
che quei più inganna, che gli tien più fede;
e, se lodaste pur cosa mortale,
lasciando quel ch'è sol del senso oggetto,
lodar quel ch'al giudicio ancor poi vale:
lodar d'Adria il felice almo ricetto,
che, benché sia terreno, ha forma vera
di cielo in terra a Dio caro e diletto.
Questa materia del vostro ingegno era,
e non gir poetando vanamente,
obliando la via del ver primiera.
èenza discorrer poeticamente,
senza usar l'iperbolica figura,
ch'è pur troppo bugiarda apertamente,
si poteva impiegar la vostra cura
in lodando Vinegia, singolare
meraviglia e stupor de la natura.
Questa dominatrice alta del mare,
regal vergine pura, inviolata,
nel mondo senza essempio e senza pare,
questa da voi deveva esser lodata,
vostra patria gentile, in cui nasceste,
e dov'anch'io, la Dio merc', son nata;
ma voi le meraviglie raccoglieste
d'altro paese; e de la mia persona,
quel ch'Amor cieco vi dettò, diceste.
Una invero è, qual dite voi, Verona,
per le qualità proprie di se stessa,
e non per quel che da voi si ragiona;
ma tanto più Vinegia è bella d'essa,
quanto è più bel del mondo il paradiso,
la cui beltà fu a Vinegia concessa.
In modo dal mondan tutto diviso
fabricata è Vinegia sopra l'acque,
per sopranatural celeste aviso:
in questa il Re del cielo si compiacque
di fondar il sicuro, eterno nido
de la sua f', ch'altrove oppressa giacque
e pose a suo diletto in questo lido
tutto quel bel, tutta quella dolcezza,
che sia di maggior vanto e maggior grido.
Gioia non darsi altrove al mondo avezza
in tal copia in Vinegia il ciel ripose,
che chi non la conosce, non l'apprezza.
Questo al vostro giudicio non s'ascose,
che de le cose più eccellenti ha gusto;
ma, poi la benda agli occhi Amor vi pose,
dal costui foco il vostro cor combusto,
vi mando agli occhi de la mente il fumo,
che vi fece veder falso e non giusto.
Ned io di me tai menzogne presumo,
quai voi spiegaste, ben con tai maniere,
che dal modo del dir diletto assumo;
ma non perciò conosco per non vere
le trascendenti lodi, che mi date,
sì che mi son con noia di piacere.
Ma, se pur tal di me concetto fate,
perch'al nido, ov'io nacqui, non si pensa
da voi, e 'n ciò perch'ognor nol lodate?
Perch'ad altr'opra il pensier si dispensa,
se per voi deve un loco esser lodato,
che dia al mio spirto posa e ricompensa?
Ricercando del ciel per ogni lato,
se ben discorre in molte parti il sole,
però vien l'oriente più stimato;
perché quasi dal fonte Febo suole
quindi spiegar il suo divino raggio,
quando aprir ai mortali il giorno vuole:
così anch'io 'n questo e in ogni altro viaggio,
senza col sol però paragonarmi
per mio oriente, alma Venezia, t'aggio.
Questa, se in piacer v'era dilettarmi,
dovevate lodar; e con tal modo
al mio usato soggiorno richiamarmi.
Lunge da lei, di nullo altro ben godo,
se non ch'io spero che la lontananza
dal mio vi scioglia, o leghi a l'altrui nodo.
Continuando in cotal mia speranza,
prolungherò più ch'io potrò 'l ritorno:
tal che m'amiate ha lo sdegno possanza!
Così vuol chi nel cor mi fa soggiorno:
amor di tal, che per vostra vendetta
forse non meno il mio riceve a scorno;
ma, come sia, non ritornerò in fretta.

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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