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Marchesa Colombi

Post n°666 pubblicato il 23 Novembre 2014 da valerio.sampieri
 

Marchesa Colombi

La Gente per bene - Leggi di convenienza sociale
Torino, Presso la Direzione del Giornale delle Donne, Via di Po, N.1, piano terzo, 1877.

INTRODUZIONE

Le mie gentili lettrici, e i gentili lettori - dato che vi sieno lettori pel mio libriccino, e che sieno gentili, - debbono usarmi la cortesia di tornare colla mente alla presentazione che l'illustre commediografo Paolo Ferrari fece loro di me, Marchesa Colombi, in una serata che dedicò a Parini ed alla satira.
Si ricordano l'epoca di quella presentazione?
Fu poco dopo la pubblicazione del Mattino di Parini, fatta, come ognuno sa, nel 1763.
Io ero giovane, giovanissima allora, sposa da poco tempo. Non avevo che diciasette anni; non uno di più. Ma, se ai diciasette che avevo allora, aggiungo i centoventisei che sono trascorsi, non posso a meno di riconoscere che la mia fede di nascita deve attribuirmi la venerabile età di 130 anni.
Questo calcolo deve averlo fatto - poco galantemente bisogna convenire - il signor Amerìgo Vespucci direttore del Giornale delle Donne, il quale mi disse:
"Lei, Marchesa, che vive da tanti e tanti anni nella società elegante, che ha potuto osservarne i costumi durante tre o quattro generazioni, dovrebbe scrivermi un libro, che trattasse appunto dei doveri e delle convenienze sociali. Una specie di Galateo moderno, che, preso a studiare anche da una persona che abbia vissuto sempre in campagna, le servisse di guida, e le insegnasse a condursi ed a figurar bene in tutte le circostanze della vita."
Una cosa che mi ha sempre inspirato uno spavento indicibile, e mi ha preservata dal peccato capitale - non compreso fra i sette condannati dalla Santa Chiesa - di far gemere i torchi, è la critica.
L'idea di quei giudici ignoti, che sezionano un lavoro, lo tagliano, lo spolpano, lo analizzano, lo lambiccano sotto gli occhi dell'autore, senza commoversi menomamente allo strazio del suo cuore paterno, mi mette nello stato di sgomento d'un povero scolaretto, il quale deve esporre la sua pagina, il giorno degli esami, ad una Commissione esaminatrice, che non si compone dei suoi maestri, che gli è affatto ignota, che lui considera come un tribunale venerabile e pauroso.
Ora, il genere di libro che mi propose il signor Vespucci dovrebbe avere per critici naturali le signore. E però, dato anche che il tribunale supremo delle appendici di giornali avesse voluto scendere ad occuparsi di simile inezia, avrebbe sempre dovuto consultare su molti punti un giurì di signore, prima di pronunciare il suo terribile verdetto.
Ed io aveva tanta fede nell'indulgenza delle signore, che ne presi coraggio, ed accettai l'incarico.
Ai tempi remoti della mia giovinezza, non esisteva ancora il bel Galateo di Melchiorre Gioia. - E fra tutti gli altri libri dello stesso genere, pubblicati prima e dopo di esso, l'unico usato generalmente, era quello di Monsignor Della Casa, un vero gioiello di spirito, reso anche più ameno dallo stile candidamente ricercato e solenne, del cinquecento.
Ma l'illustre prelato scriveva il suo libro dedicandolo ad un giovinetto, conciossiacosachè questi cominciasse appena il viaggio della vita, che egli stava per compiere. E però sentiva il dovere di ammonirlo di non fare in compagnia cose laide o fetide, o schife o stomachevoli; di non spruzzare nel viso i circostanti, nel tossire e nello starnutare; di non urlare o ragghiar come un asino sbadigliando; e, soffiando il naso, di non aprire il moccichino e guatarvi dentro come se perle e rubini dovessero esser discesi dal celabro, ecc., ecc.
Tutti questi ammaestramenti negativi, sono pregevolissimi senza dubbio. Tanto pregevoli che riuscirono, con lungo andare, a sradicare completamente tra la gente per bene quelle straordinarie abitudini. Ma, per ciò appunto, è affatto inutile ch'io mi occupi di particolari tanto rudimentali, conciossiacosachè i miei lettori - se Dio vuole - non ne hanno bisogno, ed i Bosiemanni e le Pelli Rosse, a cui potrebbero ancora giovare, dubito molto che mi vogliano far l'onore di leggermi.
Il Galateo di Monsignor Della Casa è completo, ragionato, tanto da elevarsi quasi all'altezza d'un trattato di morale. Io sono certa, e rassegnata a priori, di non poter fare un lavoro, non dirò migliore, - sarebbe una pretesa ridicola, - ma neppure che s'avvicini al merito di quello. E tuttavia lo faccio. - Perchè?
Perchè vi sono certe cose speciali ai nostri tempi, ai nostri costumi, che io posso dire, perchè in questi costumi ed in questi tempi ci vivo, e che in nessun galateo antico si trovano, oppure vi si trovano differenti da quelle che pratichiamo tra noi.
Cadono le città, cadono i regni, e cadono le costumanze adottate fra la gente civile.
- Ai tempi di Monsignor Della Casa erano considerate inciviltà parecchie cose che ora sono ammesse. Invece non si troverà nulla nei galatei antichi sullo scambio delle carte di visita, sulle partecipazioni di matrimoni, nascite, morti, guarigioni; sulle strette di mano; sul contegno da tenere in viaggio, e tante altre cose che appartengono alle nostre usanze moderne.
È per questo soltanto - non per fare meglio di nessuno, ma per far altro - che imprendo a scrivere il mio galateo moderno. Ed in esso intendo parlare a persone ammodo che, se possono ignorare, tutte od in parte, le convenienze sociali, non hanno bisogno ch'io insegni loro l'a b c della creanza.
Non farò del mio libro un trattato di morale; sarebbe superfluo il pretendere d'instillare in tutti gli animi i veri sentimenti a cui debbono ispirarsi le leggi della cortesia; sentimenti che, del resto, si riassumono tutti nella massima: «Non fate ad altri quello che non vorreste fosse fatto a voi.»
Pur troppo i sentimenti umani hanno un limite, e sono pochi i filantropi che possono largire una parte del loro affetto a ciascuno dei loro simili. Non serve negarlo. Tutti possiamo avere rapporti con persone che ci sono uggiose, antipatiche, indifferenti. Tutti gli argomenti morali ch'io potrei scrivere non muterebbero questi sentimenti impulsivi. Mi limiterò dunque ad indicare quello scambio di cortesie che si praticano fra persone educate, e che l'uso generale ha fatto passare in costume: se saranno soltanto cortesie di forma, pazienza! Sarà sempre meglio che seguire l'impulso, e fare uno sgarbo ad una persona che non piace.
Dai dieci comandamenti del Decalogo derivarono tutti i trattati di morale che si scrissero poi, con tutti i loro raffinamenti e perfezionamenti. E dalle prime regole di civiltà insegnate da Monsignor Della Casa, emerse la cortesia cavalleresca dei nostri babbi, quella un po' più... cavalière - sono costretta a dirlo in francese - che usiamo noi; ed emergerà pure la civiltà più gentile, lo spero, e raffinata, che beatificherà l'esistenza dei nostri nepoti fino alla più remota discendenza.
È là, in quella parte di libriccino secentista, che ho imparato per la prima volta a condurmi coi miei simili, e però, tutto quanto so delle convenienze sociali, il mio galateo, ed i galatei di tutti i tempi che verranno, non sono altro che l'eredità di Monsignor Della Casa.

Il sito DigitaMi (La Biblioteca Digitale di Milano) riporta la seguente scheda bibliografica:

Vissuta in un ambiente culturalmente stimolante, con un passato che, lasciando trapelare uno stile di vita non del tutto conforme ai canoni tradizionali del suo tempo, evidenzia la ricerca di personale autonomia materiale, culturale ed artistica, la Marchesa Colombi, diverte ed affascina con questo manuale di bon ton, intenzionalmente rivolto ad un pubblico di giovinette e fanciulle.
Considerata una tra le più spregiudicate manualiste del suo tempo, in questo vero e proprio galateo sembra far coincidere il comportamento esteriore con i tratti essenziali della personalità femminile.
Le età della vita della donna, scandite nel susseguirsi temporale delle loro fasi e dei loro ruoli, dall’infante, alla signorina, alla zitellona, alla sposa e madre, sino alla vecchia, sono scandite e caratterizzate da una serie di comportamenti, di leggi, di doveri sociali in cui la dimensione dell’apparire appare predominante su quella dell’essere.
Permeato da un perbenismo di maniera, ispirato ad un codice che non concede a trasgressioni e comportamenti che non siano in linea con i dettami della cultura borghese ufficiale, tra l’ironia di un dialogo immaginario e la serietà di un tono esortativo e grazie ad un abile gioco di intrecci, rinvii ed esempi, questo manuale stabilisce le regole della "gente - le donne -per bene", invitando le sue giovani lettrici ad una saggezza tutta formale. Lo spirito che lo informa sembra essere infatti più quello dell’opportunità e della convenienza sociale di un dato comportamento che quello di una rigida valutazione di principi morali.

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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