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A Benedetto Varchi (Sonetti)

Post n°563 pubblicato il 26 Ottobre 2014 da valerio.sampieri
 

XXVII.
A Benedetto Varchi

Varchi, da cui giammai non si scompagna
il coro de le Muse, e ch'a l'affanno
com'a la gioia, a l'util com'al danno,
sempre avete virtù fida compagna;

qual monte, o valle, o riviera, o campagna,
non sarìa a voi più che dorato scanno:
se come fumo innanzi a lei sen vanno
gli umani affetti, ond'altri più si lagna?

O perché errar a me così non lice
con voi pe' i boschi, com'ho 'l core acceso,
de l'onorate vostre fide scorte?

Ch'avendo ogni pensiero al cielo inteso,
vivendo viverei vita felice,
e morta sperarei vincer la morte.



XXVIII.
Allo stesso

Varchi, il cui raro e immortal valore,
ogni anima gentil subito invoglia,
deh! perché non poss'io, com'ho la voglia,
del vostro alto saver colmarmi il core?

che con tal guida so ch'uscirei fore,
de le man di fortuna, che mi spoglia
d'ogni usato conforto: e ogni mia doglia
cangerei in dolce canto, e 'n miglior ore.

Ahi! lassa, io veggio ben che la mia sorte
contrasta a così onesto e bel desire,
sol perché manch'io sotto l'aspre some.

Ma s'a me pur così convien finire,
la penna vostra almen, levi il mio nome
fuor degli artigli d'importuna morte.



XXIX.
Allo stesso

Quel che 'l mondo d'invidia empie e di duolo,
quel che sol di virtute è ricco e adorno,
quel che col suo splendor un lieto giorno
chiaro ne mostra a l'uno e all'altro polo:

quel sete Varchi voi, quel voi che solo,
fate col valor vostro oltraggio e scorno
a i più lontan, non ch'al vicin d'intorno;
ond'io v'ammiro, riverisco e colo.

E di voi canterei mentre ch'io vivo,
s'al gran soggetto il mio debile stile,
giunger potesse di gran spazio almeno.

O pur non fosse a voi noioso e schivo
questo mio dire, scemo e troppo umile;
che per voi renderassi altero e pieno.



XXX.
Allo stesso

Se 'l ciel sempre sereno e verdi i prati,
sieno al bel gregge tuo, dolce pastore
vero d'Arcadia e di Toscana onore,
più chiaro fra i più chiari e più pregiati;

se tanto in tuo favor girino i fati,
che mai tor non ti possa il dato core
Filli, né tu a lei tuo santo amore,
onde vi gridi ogni uom saggi e beati:

dinne, caro Damon, s'alma sì vile
e sì cruda esser può, ch'essendo amata
renda invece d'amor tormenti e morte.

Ch'io temo (lassa) se 'l tuo dotto stile
non mi leva il dubbiar, d'esser pagata
di tal mercede, sì dura è mia sorte.



XXXI.
Allo stesso

Dopo importuna pioggia
s'allegrano i pastor, quando 'l sereno
ciel si discopre lor di stelle pieno;

e dopo 'l corso de l'instabil luna,
ne l'apparir del sole,
gioisce ogni animal che brama il giorno;

e l'alto Dio lodar ben spesso suole,
dopo l'aspra fortuna,
spaventato nocchier al porto intorno;

e 'l Varchi è al suo ritorno
seren, sol, porto: e chi ha d'onor disìo,
si rallegra, gioisce e loda Iddio.

I primi 21 sonetti de "Le Rime di Tullia d'Aragona" sono reperibili sul blog Bibliofilo Arcano, in vari post sotto il tag Tullia d'Aragona. In questo blog sono stati pubblicati altri cinque suoi sonetti

 
 
 
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Data di creazione: 26/04/2008
 

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