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Il diario di Nancy

Pensieri e storie tra il vero, il verosimile e l'inganno.

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Rivoluzioni e particolari in una tazza di caffè

Post n°252 pubblicato il 06 Ottobre 2009 da bimbadepoca
 

- Sono proprio felice che mio figlio sia andato a vivere a Wellington!!! – esclama Anna addentando un pasticcino con nocciole.
Dai primi di settembre suo figlio, il più piccolo della nidiata, si è trasferito in Nuova Zelanda per lavoro. All’iniziale dispiacere per la grande lontananza, Anna ha sostituito una sorta di rassicurante contentezza, consapevole che il nipotino nascerà e crescerà in un paese libero e civile.
- Loro sono al sicuro!!! – aggiunge, infatti, in risposta ai nostri muti cenni di consenso.
- Se potessi anch’io fuggirei dall’ Italia. – dice Mavì cominciando a distribuire le carte per il consueto ramino del mercoledì – Mi piacerebbe tanto andare a vivere a Londra -
- Io vorrei andare a New York. Sarebbe un sogno fare shopping ogni giorno sulla Fifth Avenue – sospira Isabella.
- Non c’è dubbio, io sceglierei l’esilio dorato di Saint Tropez, in una grande villa circondata da vigneti e giardini fioriti – confessa Eugenia, aristocratica anche nei vagheggiamenti.
- Se non fosse per voi avrei già aperto una pasticceria a Vienna – ammette Laura con la voce che le trema un poco, forse è sentimentalismo, forse commozione, forse è soltanto vanteria perché la sua Sacher Torte è più buona di quella di Demel.

- E’ completamente inutile questo nostro disfattismo – sbotta Anna all’improvviso, lanciando le sue carte da gioco sul tavolo verde e sui pasticcini – Dobbiamo smetterla con tutti questi blablablà senza costrutto. Qui dobbiamo scendere in piazza a fare la rivoluzione - negli occhi un lampo delle passate battaglie e, per un attimo, è ancora la ragazzina con i capelli lunghi e scarmigliati vestita con abiti sgargianti. E’ ancora la giovane femminista di dieci anni dopo, che scorazzava i figli in una due cavalli Charleston a far la spola tra i collettivi italiani.
Di quel tempo ci sono rimasti soltanto gli stessi ideali e la nostra amicizia, nata proprio durante le occupazioni studentesche del 68.
- Ma quale rivoluzione!!! – le fa eco Laura ed il piglio con cui reagisce non ha la dolcezza abituale – Sono stufa di scontri e battaglie che non portano da nessuna parte. Non voglio fuggire dal mio paese, qui c’è la mia casa, le persone a cui voglio bene, tutto il mio banalissimo, piccolo mondo di ogni giorno –
- Appunto per questo dobbiamo fare la rivoluzione, per difendere il nostro banalissimo mondo da chi vuole trasformarlo in un circo privo di valori. Dobbiamo metterci in testa che questa è una guerra e che noi stiamo dalla parte della ragione - il tono di Anna è lo stesso di quando incitava le donne a pretendere il divorzio.
- Ma contro l’arroganza non si vince mettendosi sullo stesso livello di chi urla. Non ci sono buoni e cattivi, ci sono soltanto persone che non sanno più riconoscere il giusto perché hanno dimenticato, o semplicemente ignorano, la nostra storia. E l’ignoranza si combatte prima di tutto con la cultura. Noi che siamo persone oneste abbiamo il dovere di dare il buono esempio, continuando a vivere in maniera dignitosa, scegliendo sempre la strada meno comoda per arrivare alla meta – Laura ha ritrovato il suo tono materno, illustra con calma il suo punto di vista e noi altre ci ritroviamo spettatrici di quella che sembra una partita a due, inevitabilmente ci schieriamo, chi a favore della tesi di una e chi dell’altra.

Io resto neutrale finché Mavì non s’accorge del mio sospetto silenzio.
- Nancy ma cosa hai oggi??? – tutte si zittiscono di botto, come rendendosi conto di una stortura nel muro portante che prima non c’era.
Colta in fallo farfuglio e arrossisco e loro capiscono che nascondo qualcosa.
- Sei uscita con Francesco??? – chiede Eugenia. Io scuoto la testa istintivamente.
- Ti ha chiamato Tommasino??? – domanda Isabella speranzosa. Ma ancora dico no col capo.
Ora sono tutte in attesa del mio racconto, hanno già dimenticato rivoluzioni e trattati di pace, non sono superficiali le mie amiche, non sono indifferenti, sono soltanto esseri umani come tanti. Perché per ognuno di noi ciò che conta veramente, ciò che ci fa vivere, è l’amore o l’illusione di esso. Nessun uomo, nessuna donna in pericolo di vita ripensa con nostalgia ai soldi o ai beni materiali. Nessuno piange per il successo conquistato, bramato o perduto. L’ultimo pensiero va alle persone che amiamo, a quelle che hanno dato senso ai nostri giorni.

In realtà non mi è successo nulla di speciale, questa mattina reduce da una lunga fila alle poste, ho avvertito il bisogno di un caffè e di una sfogliatella calda. Avevo bisogno di rilassarmi, concedermi una coccola rileggendo il libro di poesie che porto sempre in borsa, godermi il tepore di questi primi giorni d’autunno. 


Così sono entrata in un bar e mi sono diretta all’unico tavolino rimasto libero, in un antico cortile ombreggiato da una betulla secolare, le foglie appena spruzzate di giallo. E quasi mi sono scontrata con un uomo che aveva la mia stessa intenzione.
Mi ha ceduto il posto per cavalleria ed io ho rifiutato per educazione.
- Se non le dà fastidio potremo condividere il tavolo – non era un approccio, non mi sembrava il tipo che va in giro ad adescare signore, come me si era guardato intorno ed aveva capito che nessuno dei vicini avrebbe abbandonato tanto presto quell’oasi di tranquillità.
Ho accettato.
Ci siamo seduti, lui ha disposto sul tavolo un’agenda come per delimitare il confine tra noi, io ho tirato fuori dalla borsa il libro di poesie; era evidente che nessuno dei due voleva rinunciare ai suoi propositi. Ma la situazione imponeva che tentassimo un minimo di conversazione, così abbiamo tirato in ballo i soliti luoghi comuni sul tempo e le stagioni. Anche se io avrei voluto rileggere poesie che conosco a memoria e lui consultare la sua agenda, che chissà se conteneva appunti di lavoro o sgorbi di bambino.

Ad un tratto lui ha sorriso e sulla guancia destra è apparsa un’affascinante ruga verticale.
- Come puoi trovare affascinante una ruga??? – m’interrompe Eugenia, che ancora non si è rassegnata a vedere l’oltraggio del tempo sul suo viso.
- Una volta ti lasciavi affascinare dallo sguardo di un uomo– mi ricorda Mavì,che custodisce la memoria storica delle mie confidenze e dei miei gusti.
- Io agli uomini continuo a guardare il culo- conclude Isabella ammiccando.
- Possibile che non riusciate a capire tutto quello che riuscivo a leggere in quella ruga??? – domando assumendo senza volerlo un’aria di superiorità, ero l’eletta al cospetto dei profani.
- Qualcuno legge i fondi del caffè – ride Laura ruotando la tazzina che tiene in mano – e la nostra Nancy legge le rughe -
Ignoro la bonaria presa in giro e continuo a raccontare. Parlo dell’incantevole sorriso di quell’uomo, dell’abitudine che doveva avere d’atteggiare le labbra in un ghigno sprezzante, quello di chi conosce il mondo e le sue miserie. La ruga mi raccontava anche della profonda malinconia di certi giorni, della rabbia per l'incerta attesa di un indefinibile domani. Quell’uomo era un idealista puro intrappolato nel secolo sbagliato.

Avrei voluto lenire il suo dolore, allungare la mano e sfiorargli il volto. A malincuore mi sono imposta di non guardare e desiderare la guancia destra di uno sconosciuto.
- Vabuò Nancy – mi liquida Mavì, che tra tutte è la più concreta – alla fine sei riuscita a farti dare un appuntamento da questo signore??? -
Scuoto la testa, non era mia intenzione andare oltre una semplice carezza.
Eugenia mi prende la mano tra le sue, il suo sorriso lascia trapelare tutto l’affetto che prova nei miei riguardi – Solo tu potevi costruire un romanzo suuna ruga-
Isabella c’interrompe, ha ricordato qualcosa d’importante – Nancy ma ieri non t’avevo regalato dei campioncini di crema??? Conoscendoti saranno ancora nella tua borsetta –

Anna si alza per correre all’ingresso, dove abbiamo riposto foulard, golfini e borse. E dopo poco ritorna nel soggiorno stringendo tra le mani flaconcini di crema antirughe.
- Ma se al signore, invece di scrivergli un’enciclopedia sulle rughe, regalavi uno di questi campioncini non era meglio per tutti??? – mi domanda Anna ridendo a squarciagola.

 
 
 
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