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Mondo Jazz

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CIAO WILLEM, ADDIO HARRY

Post n°1561 pubblicato il 23 Luglio 2010 da pierrde

E' scomparso Willem Breuker uno dei più grandi musicisti europei, da oltre 35 anni alla testa del suo Kollektief, una delle band più divertenti e trascinanti in assoluto.

Il Willem Breuker Kollektief è uno dei più raffinati ensemble Europei attivi nel campo della musica contemparanea e improvvisata. La sua musica è una commistione di generi che taglia attraverso diverse linee musicali tradizionali, combinado jazz e musica classica con diversi generi popolari come marce da banda e musica da circo o passi di danza e musica per film o teatro. Sebbene il proprio repertorio si basi soprattutto su composizioni di Breuker, non mancano brani di Haydn, Prokofiev, Grieg, Mussorgsky, Satie, Weill, Gershwin, Morricone nonché quelli dei componenti del Kollektief.
Fondato nel 1974, il kollektief comprende undici musicisti professionisti che contribuiscono attivamente alla creazione del suono collettivo con la loro vivacità improvvisativa. Negli ultimi vent'anni il Kollektief ha fatto numerose tournée in Europa Occidentale e Orientale, negli Stati Uniti, Canada, Messico, Russia e India, con una media di cento concerti all'anno. Il Kollektief ha al suo attivo otto cd, numerose performance radio e televisive e un proprio festival annuale in Amsterdam. La biografia di Willem Breuker è stata pubblicata in Francia e in Olanda; egli ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti tra cui il prestigioso Bird Award nel 1988.

Così lo presentava Marcello Lorrai in occasione del festival Novara Jazz il mese scorso, dove il gruppo suonò senza il leader, malato già da tempo: "Al nuovo jazz europeo che con una estrema sottolineatura dell’elemento improvvisativo è emerso negli anni sessanta, i Paesi Bassi hanno assicurato un contributo decisivo: con lo slancio incondizionato di un nutrito ambiente musicale verso prospettive anticonformiste, con il protagonismo di numerose personalità di grande temperamento, e anche con alcune specificità nelle inclinazioni artistiche. Proverbiale la propensione teatrale del migliore nuovo jazz olandese: che d’altro canto meno di altri ambiti nazionali della free music europea ha nascosto il proprio profondo amore per il jazz americano più classico. Nato ad Amsterdam nel 1944, autodidatta, fondatore nella seconda metà degli anni sessanta con Misha Mengelberg e Han Bennink del cruciale Instant Composers Pool da cui si è poi separato nei primi anni settanta, Willem Breuker, da annoverare fra i capiscuola assoluti del jazz europeo di impronta “radicale”, riassume nel suo lavoro musicale molti dei motivi che hanno fatto la grandezza del jazz olandese: eterodossia delle forme e perfetta padronanza del linguaggio jazzistico, rottura delle convenzioni e virtuosismo strumentale (clarinetto e sax) e compositivo, antiautoritarismo e impeccabile disciplina orchestrale, propensione ludica e invidiabile professionalità, sganciamento dai modelli americani ma non senza una profonda, affettuosa interiorizzazione del jazz d’oltreoceano. Senza dimenticare la dialettica di estremo individualismo e forte dimensione collettiva: Kollektief, si chiama appunto da quattro decenni la sua formazione, un nome a cui fa onore la presenza nelle file attuali della compagine di diversi dei membri originari. Occorre in effetti condivisione di intenti e affiatamento per quello che, intriso di sofisticata cultura europea d’avanguardia, senza nessun pregiudizio di una preziosa qualità musicale si offre come uno – in senso forte – spettacolo: che Breuker negli ultimi anni ha dovuto mettere in scena con maggiore parsimonia e a cui è un vero privilegio poter assistere."

Giunge da Londra la notizia che il trombettista Harry Beckett, un grande dello strumento e presenza costante nelle più importanti pagine della storia del free jazz britannico, è morto ieri all'età di settantacinque anni, dopo un infarto. Lo ricorda tra i primi e con grande affetto Mike Westbrook, che lo ebbe di frequente nella propria orchestra nel periodo fine anni sessanta-primi anni settanta: "We were very sorry indeed to read about the death of Harry Beckett. An incomparable loss, personally and musically. He was one of our greatest, and most distinctive trumpet players, and a totally committed jazz musician. We worked together a lot in the 60s and early 70s, especially in my orchestra. His solo on the last track of the Metropolis album is one to treasure. Thereafter Kate, I and Chris Biscoe often ran into him on the road, always a delight. Chris, of course, has been working regularly with Harry in small groups. At one point the two of them did a two-year stint with the Orchestre National de Jazz, in Paris. We are all going to miss him terribly."


 
 
 
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