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non abita più qui. Ha cambiato pelliccia e si è trasferita in una nuova tana (sempre rosa).

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DIECI ANNI DOPO, DIECI ANNI FA

Post n°208 pubblicato il 01 Marzo 2007 da Fayaway
 
Foto di Fayaway

Durante l'ultima settimana mi sono seduta spesso al PC per cercare di scrivere qualcosa, ma sempre senza successo.
L'incontrare di nuovo quella persona dopo oltre 10 anni mi ha colpita profondamente, e sento che se prima non mi libero da questo senso di oppressione non riuscirò ad andare avanti con la stesura del blog.
Perdonate dunque questo post "atipico", ma non temete: da domani tornerò ad essere divertente! immagine

Più alto e un po' più in carne. Le spalle sono senz'altro più larghe. Ma per il resto è lo stesso ragazzo dinoccolato e riccioluto di dieci anni fa. Forse l'espressione è più corrucciata e il modo di sedere meno scomposto, ma è sempre lui. Lo riconoscerei tra mille: è proprio S, il ragazzaccio che ai tempi del liceo mi prendeva in giro in treno rendendo l'andare e il tornare da scuola un inferno!
Anche lui mi ha riconosciuta, nonostante adesso i miei capelli non siano più crespi per colpa dell'umidità mattutina e il mio portamento abbia aquistato in sicurezza ed eleganza. Ma lo sguardo carico d'odio e disprezzo con cui ci stiamo fissando, quello no, è sempre lo stesso, anche se non ci vediamo da... quando è stata l'ultima volta? Mio Dio, doveva essere la primavera del 1996! Se ci ripenso mi sembra impossibile, aver preso questo treno tutti i giorni per i successivi sette anni senza rivederlo neppure una volta.


Per raggiungere il liceo che avevo deciso di frequentare mi toccava svegliarmi ogni mattina alle sei per poi prendere il treno delle sette. Nessuno che conoscessi andava nella mia scuola, così durante i 40+40 minuti di viaggio quotidiano cercavo di essere il più possibile socievole coi miei coetanei perché desideravo ardentemente farmi dei nuovi amici. Fu così che un giorno commisi l'errore di rivolgere la parola a S e alle sue amiche...
S da quel giorno mi tormentò per quasi due anni. Mi prendeva in giro ad alta voce per fare in modo che tutto il treno sentisse le cattiverie che mi rivolgeva, mi rubava il cappello o uno dei libri che portavo in mano, minacciandolo di gettarli fuori dal finestrino o inzaccherandoli della sporcizia che si trovava sul pavimento, mi tirava addosso palline di carta e rifiuti vari (una volta anche una lattina di LemonSoda), e a un certo punto cominciò anche ad aggredirmi fisicamente, spintonandomi, picchiandomi sulla mano con la quale mi aggrappavo ai sostegni per evitare di cadere, tirandomi i capelli, pizzicandomi e stringendo impunemente le mie parti "cicciose" (pancia, braccia...)


Mi ha senz'altro riconosciuta. Per un interminabile secondo ha piazzato i suoi occhi diritti nei miei, e io nei suoi. Un impercettibile brivido ci ha scossi, a me alla bocca e a lui al braccio destro. Si affretta a voltare la faccia e a cambiare vagone, ma io me ne sono accorta. Ghigno tra me e me: è evidente che se lo ricorda bene, il bastardo!


Non c'era un motivo particolare per cui S aveva deciso di prendermi di mira, insomma, tanto per dire, non portavo nemmeno gli occhiali!, semplicemente 50 minuti di viaggio (lui saliva una fermata prima e scendeva una fermata dopo di me) sono tanti, e poiché non era tipo da parole crociate, preferiva passare il tempo mettendomi in ridicolo di fronte agli altri passeggeri.

Non volevo chiedere aiuto ai miei genitori - diamine, avevo 14 anni ormai! - e pertanto decisi di mettere in atto una complicatissima serie di mosse per evitare quanto più possibile di incontrare S. Prendevo il treno prima o quello dopo, oppure mi andavo a sedere lontano da lui, e quando non c'era posto mi accontentavo persino di rimanere all'impiedi pur di non averci niente a che fare! Tuttavia, a volte nemmeno questo bastava, e se S si metteva in testa di rovinarmi la giornata nulla poteva fermarlo. Di sicuro non lo fermavano i controllori o qualche passeggero di buon cuore che pur mi vedeva in difficoltà. Certo, era strano pensare che io, tanto più grossa di lui, avessi bisogno di qualcuno che mi difendesse.

Questo strazio durò fino a quel giorno di marzo quando, probabilmente sotto l'effetto della SPM, feci quella cosa.
Stavo tornando a casa in treno dopo la scuola, mancavano poche fermate alla mia, quando un gruppetto di ragazze e ragazzi mi riconobbe.

* "Ehi, ma quella non è la tipa che S sfotte sempre?"
"Massì che è lei, non vedete che porta quello stupido cappello e quello zaino da ritardata?"
(rivolgendomi la parola)
"Ehi balena, oggi non ci fai ridere un po'?"
"Nooo, lei così da sola non fa mica ridere, fa solo schifo, quello che la fa essere divertente è S"
"Mi pare che nel vagone di coda ci sia anche lui... vediamo se ha voglia di venire qua per farci divertire un po'"
"Sì, sì, andatelo a chiamare!!"
"Wao, bellissimo, tu non la conosci ancora, ma quando S prende per il culo quella tipa ti fa rotolare a terra dalle risate"
"È uno sballo!"


Ricordo bene cosa provai quel giorno. Nel sentire quelle frasi non mi veniva da piangere. Del resto, non era nemmeno la prima volta che le sentivo. Certo, sapere che dei perfetti sconosciuti erano diventati degli spettatori abituali mi faceva morire dentro, ma cosa potevo fare? Chiamare i miei era fuori questione, idem rispondere a tono, gli avrei solo dato corda. I modi gentili, con i quali all'inizio credevo di risolvere la faccenda, non fecero altro che peggiorare la situazione. Nè potevo farmi giustizia alzando le mani su di lui, picchiare un ragazzino che pesa la metà di te è un gesto vigliacco, anche se lui per divertimento ti spoglia della tua dignità di persona e ti costringe sederti a capo chino nel posto più scomodo. Chissà se in questo momento, mentre sta seduto nell'altro vagone, anche lui sta pensando a quel lontano giorno di marzo, quando in un modo o nell'altro decisi di reagire.


Quando lui arrivò nel mio vagone, i suoi amici lo accolsero con un applauso. Si avvicinò a me squadrandomi dall'alto in basso con i suoi occhi color ghiaccio, il grugno storto in una smorfia di spocchia. Tremavo.

"Ehi, insetto! ma com'è che non ti vedo mai nel treno ultimamente? Dì la verità, scappi eh? Hai paura di me, eh? Ma tanto è inutile che fuggi, ti devi convincere che l'unica cosa che sei buona è fare è lo zimbello. Sei brutta, sei grassa, sei stupida, nessuno ti si fila. Dovresti essere contenta del fatto che almeno io ti degni di considerazione, così almeno i passeggeri sono costretti a doversi accorgere di te. Non parli? E tanto che potresti dire, le asine come te non sono capaci di dire niente, possono solo ragliare inutilmente. Che fai? Ti alzi? Vuoi farmi smettere? Che vuoi fare, eh, che vuoi fare? Hop, hop, guarda il dito, guarda..."

Sgusciai in avanti approfittando di un varco che si era venuto a creare davanti al suo petto. Mi strinsi a lui cingendogli le spalle con entrambe le braccia e, mentre lo tenevo fermo in un curioso abbraccio, lo azzannai con tutte le mie forze al braccio sinistro!
Per circa dieci secondi feci leva per spingere la mandibola contro la mascella, affondando nella sua pelle bianca i miei denti, coi quali sentivo chiaramente che, sotto al maglione, non portava la maglietta intima. Dopo un iniziale attimo di smarrimento durante il quale rimase immobile, percepii i suoi tentativi di divincolarsi dalla mia stretta, ma anche se mi strattonava i capelli e mi colpiva la testa, io insistevo a morderlo. Se non fosse stato che il treno era arrivato alla mia fermata, credo che gli avrei staccato via un pezzo di carne...


Scendo alla mia fermata. È una bella serata di fine febbraio e l'aria è frizzante, ma il ricordare quel giorno mi ha messo il caldo addosso. Ricordo che, con molta nonchalance, tra l'attonito stupore generale degli astanti, mentre mettevo piede sulla banchina della stazione, mi voltai a vedere il mio nemico che si sollevava la maglietta per controllare la ferita che gli avevo inflitto. Sulla pelle chiarissima scintillava un cerchio di stelle rosso sangue, sembrava quasi la bandiera dell'Europa. Chissà se gli è rimasta la cicatrice.
Faccio un colpo di telefono al colui. Sono arrivata, sì amore, sono arrivata, il viaggio è andato tutto bene, nessuno mi ha infastidita. Nessuno, da quel giorno, mi ha più infastidita.

* Per comodità dei non-Partenopei, riporto i dialoghi in italiano standard, ma tenete presente che le battute originali erano tutte in napoletano.

CANZONE DEL GIORNO: Beastie Boys - Fight for your right

 
 
 
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