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Parlare di calcio è permesso?

Post n°175 pubblicato il 04 Settembre 2012 da fran.cippo

Con qualche giorno di ritardo, e rinunciando ad ogni velleità letteraria, mi accingo a scrivere di ciò che, volente o nolente, ha assorbito l’estate di ogni tifoso fiorentino: il calciomercato.
La rivoluzione avvenuta nell’organico della Fiorentina in seguito all’ascesa al potere del duo Pradè-Macia è arrivata totalmente inaspettata a sconvolgere un’estate di preannunciate e reiterate delusioni calcistiche sulla scia degli ultimi sfittici anni della gestione Corvino. Le premesse per l'ennesima deludente campagna acquisti c'erano tutte: il rifiuto di Oriali (mica Ferguson) all'incarico di direttore sportivo per mancanza di prospettive, la permanenza in rosa di un buon ottanta percento di giocatori dalla ormai conclamata nullafacenza e la progressiva risacca dell'onda Della Valle, che si credeva ormai lanciata verso un progressivo disimpegno dopo le diatribe col Comune e dopo i mugugni, diventati poi grida, dei tifosi delusi che avevano irritato non poco il permaloso Diego (definito malignamente “scarparo”), facendogli apparire la città come un covo di ingrati. Lo stesso Pradè, ritenuto non una prima scelta, veniva da un anno d'inattività frutto di un non brillantissimo periodo finale alla Roma.
Tutto, quindi, lasciava presagire smobilitazione. E invece no.

Meglio partire dall'inizio, però: dalla nomina del nuovo duo dirigenziale e dalla lunga e ponderata scelta del nuovo allenatore, Montella, per liberare il quale si è dovuto trattare non poco col Catania, sacrificando il giovane Salifu, che, a dir la verità, avrebbe fatto proprio comodo tenere.
Poi era arrivata la raffica di addii dovuti a mancati rinnovi e cessioni, alcuni attesi e/o auspicati, vedi Montolivo, Natali, Kroldrup, De Silvestri, Marchionni, Boruc, Amauri e Kharja, ed altri dolorosi e/o sorprendenti, come Gamberini e soprattutto Beherami. Tanto da far partire per il ritiro cortinese una squadra ridotta all'osso e con ancora in organico i quasi sicuri partenti Vargas, Cerci, Felipe e Olivera.
Al contrario, il mercato in entrata languiva, fermandosi ai soli arrivi del giovane Hegazy (già definito da Corvino in gennaio) e da quello un po' più tardivo di El Hamdaoui, preso veramente per due spiccioli dopo la figuraccia fatta dall'Ajax nella finestra di mercato invernale.
A Firenze già si temeva, ben memori che il “prima si cede e poi si acquista” era diventato negli ultimi anni “prima si cede e poi basta”. Invece Pradè ha mantenuto la parola e, dopo aver fatto calare la propria scure su un monte stipendi inutilmente alto, cacciando giocatori che con la loro svogliatezza finivano per traviare i nuovi e per sfinire i tifosi, ha cominciato a tessere la propria tela. Prima qualche acquisizione sottotraccia: ricordo che all'arrivo di Mati Fernadez persino io, che di calcio mi nutro, dovetti wikipediare per informarmi sul suo conto. Poi un infittirsi di volti nuovi, presi gestendo alla grande un tesoretto importante, ma comunque limitato, tanti parametri zero ed acquisti a saldo: Roncaglia, Cuadrado, Aquilani, Pizzarro, Viviano, Della Rocca, Gonzalo Rodriguez e Borja Valero. L'arrivo di quest'ultimo, in particolare (reso possibile unicamente dalla retrocessione del Villareal), frutto dell'importante esborso di più di sette milioni di euro, ha fatto capire che quest'anno la musica era davvero cambiata e che c'era voglia d'investire, di rischiare e di provare a tornare tra i primi della classe come ai tempi del Mago di Orz.  
Il ritrovato entusiasmo ha convinto il cuorecaldo Andrea Della Valle a rintuzzare gli attacchi delle varie pretendenti di Stevan Jovetic, concedendo a Firenze di deliziarsi un anno ancora (gennaio permettendo) con le giocate di quel giocatore meraviglioso che il ragazzo di Podgorica è diventato.
Sono poi arrivate le cessioni delle teste calde Cerci e Vargas (gente che a Firenze non sopportava più nessuno) e del mite Felipe, che, se non fosse stato per uno stipendio divenuto ormai fuori mercato per un panchinaro, sarebbe, a mio parere, anche potuto restare.
Il mercato si è poi avviato verso le fasi finali, che hanno visto la faraonica offerta degli sceicchi di Manchester per il “giovane vecchio” Nastasic, la classica offerta che non puoi rifiutare, tanti, troppi milioni per un difensore fortissimo di soli diciannove anni, ma che resta comunque un difensore, quindi non un ruolo troppo decisivo. Se poi si conta che, oltre alla “paccata” di milioni (per dirla à là Fornero), l'offerta prevedeva l'arrivo in viola di un sostituto naturale ed estremamente promettente come Savic, crollano anche gli ultimi dubbi in merito alla bontà della dolorosa operazione.
Più o meno nello stesso periodo si verificava l’incredibile vicenda Berbatov, mercenario di razza che cantando “Mi vendo” sfogliava la margherita dei suoi spasimanti, lusingando un po' l'uno e un po' l'altro in attesa di capire quale fosse quello col portafoglio più gonfio. Degna di nota anche l’intromissione nell’operazione del vispo Marotta (evidentemente non ancora stanco di minusvalenze) che, in barba al fair play ha provato a soffiare il centravanti alla Fiorentina mentre questi si trovava già in volo per la Toscana. Peccato che l’attaccante abbia poi voltato gabbana nuovamente, preferendo il modesto Fulham alla Juventus e regalandoci quest’ennesima perla dello sbandierato stile Juve, stile che ogni anno promette ai suoi tifosi un top-player (per la gioia di Tuttosport) come Aguero, Dzeko o Giuseppe Rossi l’anno scorso o come Van Persie o Jovetic quest’anno, salvo poi dover ripiegare su Vucinic l’anno scorso (che poi hanno comunque provato a far passare per giocatore della stesso lignaggio dei già citati) o su Bendtner quest’anno, dopo che Marotta, Paratici e compagnia cantante sono stati pisciati persino dal bulgaro trentunenne. Di questo passo, il prossimo anno prenderanno Palladino. Ma lungi da me (s)parlare di Juve. Stavo dicendo che a questo punto tutte le energie sembravano rivolte alla ricerca della sospiratissima prima punta dal gol facile, invece il mercato ha portato in dono altri volti nuovi: Tomovic e Migliaccio. Il difensore serbo è certamente un bel giocatore, ma avrei comunque evitato di prenderlo: è vero che è duttile e può sia dare il cambio a capitan Pasqual nel centrocampo a cinque, sia essere schierato in difesa (a tre o a quattro che sia), però prendendolo si è andati a levare un considerevole numero di minuti a giovani come Hegazy e soprattutto Camporese che andrebbero valorizzati (soprassedendo sul fatto che siano stati spesi due milioni e mezzo per la comproprietà, mica bruscolini). Migliaccio, invece, non mi piace (come del resto non mi esalta Della Rocca), avrei di gran lunga preferito far rimanere Salifu oppure far arrivare qualcuno un po’ meglio (penso a Palombo che è fuori rosa alla Samp e che di pretese ne avrebbe avute poche). È poi partito Lazzari, uno che dispiace un po’ veder andar via, avendolo visto giocare solo in quell’annus horribilis che è stata la scorsa stagione.
Le ultimissime ore di calcio mercato hanno poi regalato altri due arrivi totalmente inaspettati: Llama e Toni. L’argentino è abbastanza valido, anche se ha i muscoli di cristallo (e non è l’unico in squadra, vedi Aquilani e Mati Fernandez), ad ogni modo non l’avrei preso. È vero che è un’interessante variante offensiva a Pasqual sulla mancina, ma non si era detto che era Tomovic il suo sostituto? Perché ormai pare chiaro che Tomovic scalerà in difesa, giocandosi i tre posti disponibili con Roncaglia, Gonzalo Rodriguez e Savic, con buona pace di Camporese ed Hegazy, relegati a quinta e sesta scelta in un reparto a tre: una miseria. Il ritorno di Luca Toni ha lasciato perplessi non pochi, me per primo. In campo sia ragioni sentimentali che più concrete. Sentimentalmente, non avrei mai ripreso uno che, dopo aver ricevuto tanto dalla città ed esserne divenuto un nuovo idolo, ha preferito spingere per andarsene a gelare in Baviera, scaldato dagli euro pesanti offertigli dal Bayern Monaco. Senza contare che, qualche annetto dopo, non si è affatto schifato di andare a giocare nella Juve, nonostante il legame speciale col pubblico viola. È vero che questo non è più il calcio delle bandiere, ma, che diamine, almeno un po’ di decenza. Le ragioni concrete appaiono ancora più convincenti. Toni ha trentacinque anni suonati, da un anno gioca in un campionato(?) arabo di dubbia qualità e già quand’era al suo apice non era questo scricciolo di agilità, non vedo quindi come potrebbe esser utile ad una squadra che di qualità ne ha abbastanza. Luca era un fenomeno a far gol in ogni modo, ma segnare è dura se non hai più la condizione per arrivare sul pallone. Io avrei volentieri risparmiato sull’ingaggio e puntato sul giovane Seferovic, che è bravo e, al contrario di Toni, ha fame.

Nel complesso, direi comunque che non c’è di che lamentarsi, o meglio, diciamo che da lamentarsi c’è sempre perché i fiorentini sono fatti così, però è bene non perdere di vista quanto di buono è stato fatto e con quale sforzo.

 

 
 
 
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