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La Reggia di Portici, una residenza tra il mare e il vulcano

Post n°2196 pubblicato il 12 Giugno 2012 da luger2
 

 

La Reggia di Portici è una dimora storica fatta costruire dal sovrano Carlo III, come palazzo reale per la dinastia dei Borbone di Napoli, prima della costruzione della più imponente Reggia di Caserta. È situata appunto a Portici, comune alle porte di Napoli, all'interno di un ampio parco dotato di un giardino all'inglese e di un anfiteatro. Portici si trova a sud-ovest del Vesuvio, dalle cui falde scende fino al mare nella parte più interna del golfo di Napoli, sull'origine del suo nome vi sono tre ipotesi: la prima da "Portus" perchè si supponeva che qui vi fosse il porto dell'antica Ercolano, la seconda da "Porticus" cioè "porticato" in ricordo di quello del Foro ercolanese e l'ultima dalla scoperta fatta nel XVIII secolo di Villa Pontii appartenuta a Quinto Ponzio Aquilada cui i porticesi dell'epoca fecero discendere la loro origine, adottando lo stemma di questo importante personaggio romano; infatti ancora oggi lo stemma comunale è uno scudo con l'aquila con sottoincise le lettere Q.P.A. Portici feudo dei Caracciolo nel 1415 insieme a San Giorgio, Resina e Torre del Greco, fu gravemente danneggiata dall'eruzione del 1631; nel 1699 si liberò dal dominio feudale. Con l'edificazione della Reggia, a partire dal 1738 fino all'unità d'Italia, Portici ha attraversato il periodo più florido e glorioso della sua storia. Infatti i Borbone ne fecero un importante centro, dando impulso all'economia, alle arti e all'urbanistica, realizzando il porto del Granatello nel 1773, istituendo scuole gratuite per l'educazione dei bambini, incrementando le attività commerciali e facendone anche un centro per turismo di qualità. Dal 1738 ebbe, da Carlo VII, la completa esenzione fiscale, mantenuta ancora per pochi anni dopo l'unità d'Italia. La nascita e la caduta della Repubblica Napoletana coinvolse anche Portici che nel Giugno 1799 fu teatro della più sanguinosa battaglia tra i legittimisti napoletani e i giacobini. Ne lterritorio porticese sorgono numerose ville vesuviane, tutte ex residenze di villeggiatura costruite dai nobili nel XVIII secolo; il sottosuolo è ricco di vestigia romane e di ville della stessa epoca. La prima volta che il giovane Re Carlo venne a Portici fu nel 1737. Le circostanze di questa sua venuta non sono certe. Il Chiarini sostiene che fu accidentale perché la barca reale, per trovar rifugio da una tempesta, entrò in Portici; mentre il Colletta narra che il Re arrivò via terra di ritorno da Castellammare dove Carlo VII era stato invitato per una battuta di pesca.  All'epoca Portici non aveva approdi, per cui la seconda versione sembra più credibile. Egli rimase incantato dalla bellezza del posto ricco di verde, dallo splendido mare e dall'aria salubre; si rivelava adatto sia per la caccia che per la pesca e non molto distante dalla capitale. Per tutto questo, il Re decise di trascorrere gran parte dell'anno a Portici. A tale scopo acquistò la Villa di Palena, quella del principe Santobuono, poi quella dei principi Caramanico, il Palazzo Mascabruno, masserie, boschi e terreni coltivati ed infine la villa sul mare appartenuta al principe d’Elboeuf; questa villa costruita sul progetto del Sanfelice era nota perché durante gli scavi per la sua costruzione furono ritrovati i primi reperti dell’antica Ercolano. In molti sconsigliarono Carlo VII di far sorgere un palazzo reale in questa località per l'alto rischio vulcanico ma il Re rispose di essere protetto dalla Vergine Maria e da San Gennaro. Il progetto e la direzione dei lavori, che iniziarono nel 1738, furono affidati al Medrano; in un secondo momento gli fu affiancato l'ingegnere Antonio Canevari, ma presto nacque una rivalità tra i due che portò alla rottura della collaborazione. La direzione dei lavori rimase al Canevari. Il suo compito non fu facile date le numerose e contraddittorie richieste che i sovrani avevano imposto nella stesura del progetto; inoltre il Palazzo Reale, che avrebbe inglobato le ville di Palena e di Caramanico, sarebbe sorto proprio dove c'era la strada regia per le Calabrie. Due erano le soluzioni al problema: o deviare la strada oppure far passare l'importante arteria nel cortile della Reggia, Carlo VII suggerì di optare per quest’ultima soluzione facendo in modo che Re e popolazioni locali potessero sentirsi reciprocamente più vicini. La Reggia fu ultimata nel 1742. I terreni verso il Vesuvio e quelli verso il mare furono recintati, vi fu piantato un bosco, vennero popolati da selvaggina e sistemati aparco. Questi lavori furono curati da Francesco Geri. Nei pressidella facciata superiore della Reggia fu allestito il "Giardino della Regina", l'attuale Orto Botanico, al centro c’è una fontana detta "delle Sirene". Vicino al giardino fu costruito il "Chiosco del Re" dove fino a qualche anno fa, prima che ignoti lo rubassero, c’era un pregiatissimo tavolino a mosaico proveniente dagli scavi di Ercolano. Nel Parco Superiore piùa monte di dove oggi c’è il Castello, c'era la fagianeria, ricca di volatili pregiati ed un serraglio in cui erano tenuti alcuni canguri, un elefante, due leoni, due pantere, quattro antilopi, una leonessa persiana, una leonessa africana, un puma, due tapiri americani, un istrice e un paca di Buffon. Poco più a monte c'era il "sito del belvedere". Nel Parco Inferiore furono costruite le peschiere per coltivare anche l'hobby della pesca. La vicinanza della Reggia agli scavi di Ercolano fu motivo della ripresa dei lavori nel 1738, infatti i primi ritrovamenti e i conseguenti scavi si erano fatti nei primi anni del vicereame austriaco ed aoccuparsene fu Emanuele di Lorena principe d'Elboeuf. Tutti gli oggetti trovati, da quando Carlo VII aveva deliberato la loro ripresa, furono depositati nel Palazzo Reale di Portici e già nel 1750 la quantità di reperti ed il loro pregio, rendevano la collezione, unica al mondo; fu allora che Carlo VII concepì l'idea di allestire un museo. Il Museo delle antichità ercolanesi sorse nella parte di Reggia già ex-palazzo Caramanico. Al pian terreno erano esposte: iscrizioni, sculture, bronzi, lampade, vasellame, vetri, utensili, le derrate alimentari, i papiri della villa detta dell'Aristide, medaglie e cammei. Al primo piano c'erano tutte le pitture che erano numerosissime. I pavimenti erano di mosaici ercolanesi e furono rimossi e rimontati integralmente. Carlo VII era orgoglioso e geloso di questa raccolta e spesso andava sui luoghi degli scavi per seguirli personalmente. Il museo fu aperto ai visitatori che venivano accompagnati da una guida incaricata anche di sorvegliare che non si facessero schizzi o disegni, Il Re era molto accorto nel preservare tutti i reperti ed egli stesso dava il buon esempio, tanto da negare al padre Filippo V di Spagna alcune pitture che gli aveva chiesto malgrado il museo ne fosse stracolmo. Si racconta che un giorno mentre Carlo VII sovrintendeva agli scavi, fu ritrovato un cammeo; al Re piacque tanto da farlo incastonare in un anello che portò sempre al dito finché non partì per la Spagna. Allora lo diede al figlio Ferdinando IV dicendogli di averne cura inquanto quel gioiello non era suo ma proprietà del Regno. Tutte queste attenzioni del Re e dei suoi successori sono servite a lasciarci un inestimabile patrimonio di reperti dell’età romana. Nel Palazzo Reale di Portici nacquero i primi due figli di Carlo VII: Filippo, il 13 Giugno 1747, che fu escluso dalla successione al trono per la sua demenza e Carlo, il 12 Novembre del 1748, salito al trono di Spagna nel 1788 come Carlo IV. Nel 1759, alla morte del fratello Ferdinando VI di Spagna, Carlo VII salì al trono di questo stato come Carlo III e abdicò dai troni di Napoli e Sicilia a favore del suo terzogenito maschio, ancora bambino, Ferdinando IV , che nel 1775 fece costruire, nel Parco Superiore, "il Castello" e "il Muro per il gioco del pallone". Il Castello la cui costruzione fu curata dall'ingegnere Michele Aprea riproduceva in miniatura la fortezza di Capua. Questo fu costruito per nascondere un serbatoio d'acqua e veniva usato per le esercitazioni belliche delle truppe regie. Nel suo interno c’era la "tavola muta" ,denominata così perché saliva e scendeva da una botola posta sopra la sala da pranzo in modo da non incomodare i camerieri, ed una cappella intitolata alla Vergine del Rosario. Il Muro, sostenuto da enormi pilastri, ha al centro una porta, oggi murata, usata per raggiungere più agevolmente il campo di gioco; di fronte ci sono disposti tre gradini sui quali si sedevano gli spettatori; alla sinistra c’è il "padiglione di riposo" che fungeva da spogliatoio. Molti re e imperatori vennero in visita a Portici, alcuni dei quali dimorarono a lungo nella Reggia, senza contare l'altissimo numero di personaggi illustri. Portici fino al 1860 aveva politicamente un ruolo importante nelle Due Sicilie ed era considerata la seconda capitale del regno; infatti numerosi atti politici, anche molto importanti, venivano emanati dal suo Palazzo Reale. Il 14 Giugno 1761 nacque, nella Reggia, Raffaello Morghen, figlio di un giardiniere che lavorava al servizio del Re. Il Morghen diventò famoso nell'arte della calcografia; tanto da essere considerato il migliore nell’Italia di quel tempo. Nella primavera del 1769 fu lungamente ospitato nel Palazzo Reale l'imperatore Giuseppe II d'Austria. Nel 1770 vi soggiornò Mozart appena quattordicenne e una mattina nella Cappella Reale, alla presenza di tutta la corte, offrì alla Vergine le sue divine note. Nel 1808 salì sul trono di Napoli Giacchino Murat. Sua moglie Carolina Bonaparte preferì, nei sette anni di regno che vanno dal 1808 alla restaurazione borbonica, dimorare più a Portici che a Napoli. Finita l'occupazione francese il Regno di Napoli ritornò a Ferdinando IV che sbarcò a Portici il 7 Giugno 1815. Fu Gioacchino Murat adarredare ex novo la reggia con mobilio francese e con gusto improntato ad un notevole lusso mentre, sotto Ferdinando II di Borbone, la reggia acquistò un collegamento ferrato con Napoli (con la FerroviaNapoli-Portici) ed ospitò anche il pontefice PioIX, per divenire progressivamente un sito sempre meno frequentato col passare dei decenni. Carlo IV di Spagna trascorse gli ultimi mesi di vita nel Palazzo Reale, ospite del fratello Ferdinando I , morì il 19 Gennaio 1819; pochi mesi dopo da aprile a maggio fu ospite Francesco I° Imperatore d'Austria. Nel 1822 i reperti che costituivano il Museo Ercolanese furono trasferiti a Napoli presso l'attuale Museo Nazionale, e trauna folla di curiosi e di tanti nobili che assistevano all'evento su tribune montate appositamente tra loro c'era anche l'anziano Ferdinando I con tutta la sua corte. Il 3 Ottobre 1839 fu inaugurato, alla presenza di Ferdinando II Re del Regno delle Due Sicilie e di tutta la famiglia reale, il primo tratto di ferrovia italiana che collegava la capitale con Portici. Questa strada ferrata era lunga 7411 metri; partiva a fianco dell'attuale stazione terminale della circumvesuviana, in Napoli, e arrivava vicino al Porto del Granatello. Il 4 Settembre 1849 arrivò a Portici Pio IX qui esiliato da Roma. Al pontefice fu messo a disposizione il Palazzo Reale dove rimase fino alla sua partenza avvenuta il 5 Aprile 1850. Durante questi mesi Pio IX visitò molte località del luogo e l'opificio di Pietrarsa il 23 settembre; una lapide posta fuori la Chiesa di San Ciro ricorda il suo esilio porticese. Nel corso dei decenni tutti i sovrani che regnarono in Napoli si adoperarono molto per abbellire e arricchire la Reggia di opere d'arte, ed il Chiarini nel 1850, ospite del Palazzo, in un suo scritto ne fa una dettagliata descrizione. Il 25 Giugno 1860 dalla Reggia Francesco II concedeva la costituzione, che purtroppo, per una serie di eventi sfavorevoli, e per il tradimento che serpeggiava tra i funzionari del re, fu solo un atto effimero. Il 3 Settembre Francesco II lascerà la Reggia per recarsi a Napoli e da qui a Gaeta; questa data segna l'inizio del degrado della Reggia e dei suoi Parchi. Infatti nei primi anni dell'unità d'Italia fu asportato tutto ciò che c’era all'interno e nei suoi parchi; oggi rimane solo qualche affresco. Ad esempio il salottino di porcellana che oggi fa bella mostra di se a Capodimonte fino al 1866 si trovava a Portici. Il Palazzo Reale e la Reggia di Caserta divennero proprietà sabauda mentre la Reggia di Portici e i suoi due Parchi passarono al demanio regio. Questo differente destino dell'ex sede borbonica di Portici stava quasi per portare alla lottizzazione e alla conseguente vendita dei due Boschi ai privati. Questo prezioso patrimonio sarebbe andato perso se nel 1872 non fosse stata attuata l'idea del dott. Carlo Ohlsen di realizzare, in questi siti, una Scuola Superiore di Agraria. Così la provincia acquistò tutto questo patrimonio e diede in gestione al nuovo Istituto il Parco Superiore e la Reggia. I Boschi comunque persero la loro integrità poiché un piccola parte del Bosco Inferiore, nel 1880, fu ceduta al comune di Portici e attraverso questa fu costruita una nuova strada per collegare Piazza San Ciro con Piazza San Pasquale. Il 23 gennaio1881 veniva inaugurata questa strada dandole il nome del sovrano regnante all'epoca in Italia. Il resto del bosco ceduto al comune diventò l'attuale Villa Comunale. Anche la porzione più a monte del Parco Superiore fu separata dal resto del bosco da una strada: l'attuale via Delle Tranvie. Nel 1904 il Parco Superiore fu tagliato in due dalla linea Napoli-Torre Annunziata della Circumvesuviana; solo nel 1971 fu ultimata una galleria che consente ai binari di passarvi sotto. Nel 1935 la Scuola Superiore di Agricoltura diventò “Facoltà d'Agraria” entrando a far parte delle Università di Napoli. Il costante degrado del Bosco Inferiore che perse molte strutture come il vivaio, i recinti, le voliere e le attrezzature del parco giochi, mentre lo spogliatoio della pista di pattinaggio e i bagni divennero fatiscenti. La rete idrica è stata per anni fuori uso con fontane chiuse e vasca dei cigni prosciugata. La sorveglianza all'inizio degli anni novanta era espletata da un solo custode che si limitava a sorvegliare l'ingresso e solo nell'orario in cui il bosco era aperto. Quando nel 1993 l'unico custode andò in pensione, il bosco rimase, tranne qualche episodica parentesi, chiuso al pubblico. Nel 1987 il viale Carlo III con la parte di bosco a est veniva restituito dall'Agraria alla provincia in cambio dal palazzo Mascaburno e dei terreni circostanti. Questi ultimi sono stati delimitati, nel 1991, senza che però la zona del viale Carlo III fosse aperta al pubblico. Il Parco Superiore pur non versando nelle medesime condizioni di degrado in cui è finito quello Inferiore è continuamente esposto ad azioni che gli fanno perdere la sua integrità. Negli anni ottanta il comune di Portici voleva abbattere il muro di fattura borbonica per allargare via Salute; fortunatamente questo progetto venne bloccato. Nel 1991 il piano regolatore generale prevedeva una strada all'interno del parco ma questa parte del piano non fu approvata. Discutibili invece sono stati i lavori fatti dalla Facoltà di Agraria negli ultimi anni. Infatti se da una parte si sono restaurati alcuni edifici di particolare pregio storico come le mura perimetrali del castello e dell'edificio del "padiglione di riposo", dall'altra si sono create strutture che non rispettano l'aspetto originario dei luoghi e i vincoli a cui questo parco è sottoposto; anzi i lavori sono stati tutti autorizzati, senza che nessuna voce di protesta si levasse. Il Palazzo Reale di Portici ha un architettura con soluzioni inusuali, conseguenza delle disposizioni impartite in fase di progetto, questo lo differenzia da altri palazzi reali. La caratteristica della sua unicità è dovuta al fatto che una strada di grande traffico attraversa il suo cortile. Il palazzo reale è infatti costituito da due grandi ali parallele alla strada, unite tra loro da due cavalcavia. Inoltre nell'edificio furono anche incorporate la Villa di Palena e il Palazzo Caramanico. La Reggia ha una pianta alquanto complessa che si sviluppa intorno ad un vasto cortile rettangolare ma con gli angoli smussati, in modo da farle assumere la forma di un ottagono irregolare; i due lati maggiori corrispondono alle due ali del palazzo mentre i due minori ai cavalcavia che hanno la doppia funzione di collegare le due parti della Reggia e di consentire alla strada di attraversare il suo cortile. I cavalcavia sono costituiti da tre archi di cui il maggiore è al centro. A metà dei lati maggiori, sia nella parte a monte chedi quella a valle della strada, tre archi si aprono in due profondi porticati consentendo dalla strada la visione in direzione del mare e quella in direzione del Vesuvio; da qui si accedeva anche ai parchi ed agli appartamenti. Essendo la Reggia attraversata da una strada non ha una facciata principale (come il palazzo Reale di Napoli che guarda su una piazza). Tutte le facciate che danno sul cortile assumono la stessa importanza, e di conseguenza lo stesso peso architettonico. Un'altra particolarità del Palazzo Reale è l'ampia terrazza semicircolare rivolta verso il mare dalla quale si diramano le due rampe a tenaglia, che con una lieve pendenza raggiungono il livello del parco. Da questo ampio terrazzo è possibile godere del panorama del golfo di Napoli sfruttando le molteplici visuali consentite dalla sua forma. La facciata rivolta verso il parco Inferiore è la più monumentale dell'intera Reggia; è sovrastata da una torretta con l'orologio, di fronte si evitò di far crescere il bosco optando per un prato con un grande viale che arrivava fin quasi al mare. Al primo piano del Palazzo c'erano gli appartamenti reali; la loro decorazione fu opera di pittori aulici del settecento napoletano. Lavorarono agli affreschi: Giuseppe Bonito, Clemente Ruta, Fiscetti, Foschini, Crescenzo Gamba e Vincenzo Re; quest'ultimo dipinse scenografie che danno l'illusione di spazi ampi e senza orizzonti. Lo scultore Giuseppe Canard si occupò della sistemazione di tutte le soglie, delle opere di scultura e rivestitura in marmo e dei lavori di ebanisteria. Molti mosaici d'epoca romana furono usati come pavimento in altrettante sale, tra questi il pavimento proveniente dalla villa di Tiberio a Capri, raffigurante lo zodiaco, che oggi si trova al Museo di Capodimonte. Durante l'occupazione francese Carolina Bonaparte fece ridipingere molti affreschi coprendoli con altri che imitavano le pitture pompeiane. Al secondo piano c'erano gli alloggi della servitù e gli altri servizi; questi nel decennio francese furono tutti affrescati in stile impero. Gli alloggi delle guardie si trovavano al disotto della terrazza rivolta verso il mare. Nel progetto della Reggia fu trascurata la presenza di una cappella, per rimediare a questo, fu trasformato il teatro. Questo progetto fu eseguito dall'ingegnere Fuga e con lui collaborarono i migliori artisti del tempo. La cappella però risentì dell'adattamento, infatti aveva forma ottagonale con un unica navata. In quattro degli otto lati furono ricavate altrettante nicchie contenenti le Statue di San Gennaro, Santa Rosalia, San Carlo Borromeo e Sant'Amalia. Tre di queste statue furono opera dello scultore spagnolo Pacheco che prese a modello per le statue di San Carlo Borromeo e Sant'Amalia i primi sovrani borbonici, mentre la statua di Santa Rosalia è opera di Andrea Violani. Dietro l'altare maggiore c'è un sontuoso trono marmoreo composto da quattro colonne di marmo africano, donate dalla cattedrale di Ravello, e due lesene in marmo verde sormontate da un baldacchino anch'esso di marmo verde, sopra tre angeli, due laterali e uno centrale recante la croce, opera del Canart. Sul trono c'è la statua della Madonna. L'affresco della volta, oggi coperto da una mortificante verniciatura bianca, fu opera di Giuseppe Bonito. I finestroni laterali permettono l'ingresso della luce in modo da far risaltare gli arredi e le zoccolature del pavimento. La Cappella Reale è situata sotto le arcate del primo cavalcavia, quello che si incontra venendo da Portici. Quattro colonne ioniche adornano l'ingresso della cappella; su di esse ci sono due Fame scolpite da Agostino Corsini che si ispirò allo stile del Bernini e reggevano lo stemma del Regno delle Due Sicilie che fu sostituito con la fine dell'indipendenza del Regno.      L' inaugurazionee la benedizione della Cappella Reale avvenne nel 1749.     Ad essa fu conferito il titolo di Maria Immacolata alla quale i sovrani Carlo VII e Amalia di Valburgo erano devoti. I due parchi della Reggia furono impiantati intorno al 1746. Sorgono per la maggior parte sulla colata lavica dell'eruzione del 1631. Per mettere a dimora i lecci adulti con le loro radici, su un suolo per lo più roccioso si usarono gli esplosivi, realizzando un intervento d'ingegneria botanica all'avanguardia per quel tempo. Il terreno in leggera pendenza, di origine vulcanica era ricco di potassio. Il clima mediterraneo con estati calde ed inverni miti, sono fattori ideali per consentire lo sviluppo del bosco di leccio. La particolare fertilità del terreno vulcanico consente a lecci ed ornielli di raggiungere grandi altezze; questo permette lo sviluppo anche dello strato arbustivo superiore che è formato da specie tipiche della macchia mediterranea come la fillirea (Phillyrea latifoglia), il lauratino (Viburnum tinus) ed il lentisco (Pistacia lentiscus), arbusti sempreverdi a foglie coriacee. Altre specie spinose come l'edera spinosa (Smilax aspera), la vite nera (Tamus communis) ed il rovo (Robus ulmifolius) formano dei festoni intorno ad altre piante, dando un effetto di completa chiusura ed impenetrabilità. Queste piante rivestono grande importanza per gli uccelli che spesso vi nidificano e si nutrono delle bacche che producono. L'orto Botanico di Portici è situato vicino alla facciata del Palazzo Reale rivolta verso il Vesuvio, e occupa un superficie di due ettari; vi si accede da più ingressi, ed è annesso alla Facoltà di Scienze Agrarie. Costruito nel 1872 sorge nel "giardino della Regina" al centro del quale c'e la fontana delle Sirene sormontata da una statua proveniente dagli scavi d'Ercolano. In essa vengono allevate ninfeee diverse specie di Cyperus ed altre piante acquatiche. La Reggia di Portici ed i suoi Parchi che Carlo VII costruì come luogo di villeggiatura e per la magnificenza del Regno di Napoli, sono un nostro patrimonio, anzi sarebbe utile proporre l'inserimento dell'intero sito tra quelli tutelati dall'UNESCO quale patrimonio dell'umanità, che questo sovrano illuminato ed i suoi successori ci hanno lasciato; adesso tocca agli enti preposti tutelarlo come merita e farlo rinascere.  

 
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