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Curiosità, novità, tendenze, irriverenze....del mondo internet!

Creato da papife il 18/11/2008

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La pubblicità mirata

 

Vi ricordate il film Minority Report?

Volevo richiamarvi alla mente la scena in cui Tom Cruise fugge dalla polizia e si trova a viaggiare con i mezzi pubblici. In questo spezzone di film il protagonista è letteralmente rincorso dalla pubblicità: i cartelloni pubblicitari in realtà sono dei monitor, dei grandi schermi che lo chiamano per nome e gli offrono prodotti che sanno essere di suo gradimento.

E come sanno queste cose?

Attraverso le informazioni che noi stessi abbiamo “rilasciato”, anche in maniera inconsapevole, sulla Rete.

Ma l’advertising in stile Minority Report è davvero possibile? E in quale modo?

Oltre che tramite la Rete, è possibile riconoscere gli utenti in altri modi, ad esempio grazie a dei cartelloni pubblicitari particolari che sono in grado di riconoscere il passante. Ad esempio Mini aveva posizionato in alcune città degli USA alcuni poster che riconoscevano gli utenti Mini grazie ad un apposito portachiavi che aveva loro regalato e riconfiguravano il messaggio pubblicitario su misura.

Ora l’era del Minority Report sembra avvicinarsi, anche grazie agli sforzi di TruMedia Technologies, un’azienda che ha messo a punto un sistema di poster digitali, la cui grossa novità è quella di essere dotati di videocamere nascoste e sistemi di riconoscimento automatico delle immagini. Queste videocamere osservano silenziosamente chi si trova davanti allo schermo, identificando il sesso, la razza ed un’età approssimata. E magari, a tendere, attraverso una sofisticata analisi dei vestiti o della marca dell’orologio, potranno arrivare a fare proiezioni sull’aspetto sociodemografico.

La comunicazione personalizzata provoca una rivoluzione importante in termini di efficienza, infatti, per esempio, è noto che le pubblicità personalizzate su Internet hanno tassi estremamente più alti di gradimento e di click e questo trend è verosimilmente riproducile su altri media, come per esempio la televisione.

E per quanto riguarda la personalizzazione della pubblicità televisiva?

La possibilità di trasformare uno dei Media più mass che esistono in uno strumento di direct marketing, di poter affiancare ad una diffusione a tappeto dello spot uguale per tutti una diffusione più ad hoc di messaggi pubblicitari, segmentando il target in modo mirato è sempre stato uno dei sogni del mondo dell’advertising perché permette agli inserzionisti di raggiungere in modo più mirato ed efficiente i propri target, sfruttando un media ad alto impatto emotivo.

L’obiettivo è quello di realizzare sketch mirati ai singoli componenti di una stessa famiglia: genitori, figli adolescenti, nonni.

Ma gli abbonati considereranno tutto ciò un’ulteriore comodità oppure un attentato alla privacy?

Ci sono due punti di vista diversi:

  • Da un lato le imprese sono pronte a scommettere sulla prima ipotesi, come del resto è già avvenuto per le tessere-fedeltà dei supermercati che, in cambio di sconti, permettono la raccolta di informazioni sulle abitudini di consumo
  • Viceversa, i difensori della privacy sottolineano i rischi inerenti alla possibilità che, attraverso la pubblicità mirata ed altri strumenti interattivi, le società che gestiscono TV via cavo raccolgano profili assai dettagliati sulle preferenze televisive e di consumo dei singoli abbonati, magari senza che questi ultimi ne siano veramente consapevoli.

Dunque prepariamoci a pubblicità che ci riconoscono e che ci chiamano per nome, proponendoci prodotti sempre nuovi e sempre più adeguati per le nostre necessità.

Ma allora non avrà forse nemmeno più senso chiamarla pubblicità dato che sarà l’avvento del Customer Service personalizzato sia sul Punto Vendita che nelle proprie case.

Un grande risultato a fronte di un “piccolissimo! sacrificio in termini di privacy...

 

E forse vi sentirete un po’ come Tom Cruise in Minority Report.

 
 
 

Il futuro dell’advertising: il Proximity Marketing su mobile

Post n°65 pubblicato il 11 Agosto 2009 da LadyB_82
 

Avete mai sentito parlare di Proximity Marketing?

Questa tecnica di mercato non è altro che la risposta che ci si attendeva dal mercato della comunicazione dovuta all’evoluzione dell'Advertising degli ultimi anni.

Ma cos’è esattamente?

Si tratta di una piccola centralina che rileva, in un raggio di azione che varia da 200 metri ad un kilometro, tutte le connessioni bluetooth aperte, le cataloga in una sua banca dati e, grazie ad un programma di precisione, allaccia tutti i dispositivi predisposti inoltrando un messaggio multimediale che il proprietario del cellulare può scaricare esaminando ciò che l'azienda produttrice desidera reclamizzare. Quasi sicuramente, i destinatari del messaggio non conoscevano quello specifico prodotto, quella determinata offerta, quel particolare servizio o quella data azienda. Ora al contrario, per mezzo di questa tecnologia evoluta di marketing e comunicazione, ogni persona ed ogni attività commerciale è nelle condizioni di potersi confrontare con i brand famosi, facendosi una pubblicità mirata, non sborsando soldi in comunicazione ed in produzione di dispositivi pubblicitari dall’utilità incerta.

Quali opportunità offre?

  • Consente l'invio automatico di messaggi multimediali a tutti coloro che transitano nelle vicinanze di un cartellone pubblicitario specifico, sbalordendo assolutamente l'incredulo passante che rivolgendo lo sguardo al manifesto vedrà consegnarsi un messaggio bluetooth real time.
  • Nelle stazioni, negli aeroporti o nei mezzi di trasporto in generale è utile in quanto è possibile trasmettere indicazioni turistiche direttamente sul cellulare dei passeggeri e dei turisti. Stessa cosa vale per i luoghi di ritrovo e divertimento come il cinema, le discoteche, le scuole o i teatri che possono usufruire del proximity marketing per fare conoscere l'organizzazione di eventi ed informazioni a tutti coloro che si trovano in quello specifico locale. La potenzialità di questa tecnologia è ancora più evidente all’interno dei grandi centri commerciali dove si riversano ogni giorno migliaia di persone.

Quali soni i vantaggi?

  • consente di inviare in maniera gratuita i messaggi multimediali sfruttando la tecnologia bluetooth: investimento pubblicitario pari a zero, ma ritorno economico sull'investimento esponenziale, dato che questo tipo di messaggi viene scaricato solo da coloro che sono veramente attratti da quel tipo di argomento mostrato
  • per spedire il messaggio pubblicitario non è necessario conoscere alcun dato sensibile del passante, non si viola la normativa sulla privacy e sul trattamento dei dati personali. E, dato che per scaricare il messaggio pubblicitario il destinatario deve dare il suo assenso, non si viola neppure la privacy inerente alle comunicazioni commerciali indesiderate
  • tutti coloro che transiteranno nel raggio di azione del sistema saranno messi a conoscenza di un prodotto o di un'azienda con cui non sarebbero mai entrati in contatto.

Il proximity marketing sarà la tecnologia del futuro?

Da quanto detto si può ipotizzare che diventerà presto uno dei mezzi di comunicazione di massa più usati per entrare in contatto con i clienti.

 
 
 

Aeroporto: luogo o non luogo… questo è il dilemma…

Post n°64 pubblicato il 04 Agosto 2009 da LadyB_82
 

 

È possibile viaggiare ancor prima di prendere l’aereo?

Certo. E l’aeroporto rende questo possibile.

Marc Augé, etnologo ed antropologo francese, ha definito l’aeroporto un non-luogo poiché visto come un posto di passaggio, non identitario e destinato esclusivamente alla circolazione accelerata delle persone. Oggi le cose sono però cambiate e non è più possibile definire gli aeroporti come dei non-luoghi o dei semplici spazi di transito che stimolano l’azione e non l’interazione.

In un’epoca di viaggiatori perpetui, di lavoratori pendolari, di massima mobilità e stressata velocità, la vita trasla lì dove queste tendenze si concentrano: nelle zone di transito degli aeroporti che quindi non devono più essere viste come un mero luogo di passaggio.

Luogo ormai impregnato dalla cultura del consumo, l’aeroporto ha assunto grande rilevanza negli ultimi anni, tanto da essere a questo punto vagliato come uno spazio a sè stante, che compete con i City Center dai quali ha ereditato un gran numero di attività e modi di vivere la socialità.

L’aeroporto rappresenta inoltre la porta d’ingresso verso un’esperienza nuova e singolare: ha la capacità di farci sprofondare in uno spettacolo formato dall’architettura scenografica dei luoghi e dall’esposizione degli sfarzosi oggetti in vendita che seducono i nostri sensi. È la soglia per il diverso e il nuovo. È un ambiente che ci fa volare ancor prima di prendere l’aereo, che ci consente di distaccarci dalla quotidianità e di vivere un’ inedita consapevolezza, straordinaria e spettacolare. L’aeroporto è uno spazio che assume in maniera sempre più rilevante una centralità sociale e comunicativa, tanto che persino Spielberg ne ha tratto ispirazione per il film The Terminal dove il protagonista interpretato da Tom Hanks si ritrova bloccato al JFK di New York in attesa dell'autorizzazione per entrare negli Stati Uniti. Particolarissima è una scena del film nella quale lo spaesato e confuso protagonista domanda ad un agente di polizia che lo accompagna nell’area passeggeri, dove passerà molti mesi, che cosa potrà fare per tutto quel tempo. “L’unica cosa che può fare in un aeroporto: shopping!.

L’aeroporto è quindi anche la rappresentazione di una realtà transitoria e non definibile; se a questa indeterminatezza si unisce la combinazione di emozioni e pensieri che si scatenano nella mente umana in riferimento al viaggio e ancor di più all’aereo, appare chiaro quanto le dinamiche comportamentali e di acquisto siano in questo spazio del tutto sconvolte.

In aeroporto aumenta inoltre il livello di attenzione verso l’ambiente circostante e l’effetto di questo meccanismo è da una parte il bisogno crescente di essere coccolati da una pluralità di servizi e dall’altro un più intenso interesse verso qualsiasi forma di comunicazione.

L’aeroporto si rivela quindi come il posto ideale per i brand per dar vita ad un’inedita forma di relazione con gli individui, per creare quel trend di fidelizzazione con vantaggi non prettamente legati ai prodotti di competenza, ma a servizi aggiuntivi che siano in grado di accostarsi in maniera empatica alle persone e dar vita alla giusta relazione umana.

Vi è venuta voglia di partire? Se vi capiterà l’occasione, andate a provare i massaggi express da 25 minuti al Barajas di Madrid o i trattamenti anti-jetlag ad Heathrow. Se invece avete voglia di qualcosa di decisamente innovativo, provate il corso di meditazione dell’aeroporto di Vienna per poi decollare alla volta di Amsterdam per sposarvi subito nel terminal e partire per un viaggio di nozze all’aeroporto di Abu Dhabi dove potrete giocare nel campo da golf da 18 buche direttamente allo scalo!

Buone vacanze!

 
 
 

Ricercando i bisogni con l'Hypertargeting

Post n°63 pubblicato il 28 Luglio 2009 da papife
 

 

Vi ricordate la teoria motivazionale di Abraham Maslow?

Si parlava di una piramide in cui venivano gerarchizzati i bisogni, dai più elementari (necessari alla sopravvivenza dell'individuo) ai più complessi (di carattere sociale).
L'individuo tende prima a soddisfare i bisogni primari come fame, sete e sonno per poi ricercare la stima degli altri, una forma di autorealizzazione e l' autostima di sè.
 

Oggi nell’era del Web 2.0 si torna a parlare di necessità ed occorre capire quali sono i bisogni che spingono le persone a far parte di Social Network.
L’onda dei Social Network sta investendo anche il marketing e l’uso sociale della Rete sta modificando i modi di prendere decisioni sugli acquisti.

È quindi opportuno ripensare le strategie di marketing tenendo presente il comportamento sociale dei consumatori.L'efficacia dei Social Network , inteso come nuovo strumento di marketing, è documentata da quanto accaduto durante le elezioni presidenziali USA del 2008. Più che con i normali mezzi di comunicazione della politica, la campagna elettorale del Senatore Obama si è svolta sui Social Network My.BarackObama.com e ha consentito di costruire un database di milioni di sostenitori, nonchè di futuri acquirenti di un qualsiasi prodotto se ben indirizzati con una strategia di social-marketing.

Nell'era del marketing personalizzato che insegue l'utente fino al suo PC e risale lungo la coda del mouse, MySpace ha ideato un sistema chiamato Hypertargeting, un termine complesso per esprimere un concetto semplice: mi iscrivo al Social Network e rilascio informazioni sui miei gusti, abitudini, stile di vita ed altro ancora; vengo quindi profilato e classificato in un segmento di utenti che hanno uno stile di vita e gusti analoghi.

Il nuovo sistema di advertising divide gli oltre 120 milioni di utenti MySpace in dieci macro-categorie come, ad esempio: amanti della moda, appassionati di sport, fanatici delle auto o appassionati di videogame. Per farlo, sfrutta le informazioni inserite dagli stessi utenti nelle proprie pagine, ma poiché non sempre tutto quello che si scrive nei profili corrisponde a verità, integra questi dati anche con la rete di relazioni intessuta sul network e le attività svolte.
Il risultato è quindi una mescolanza tra ciò che gli utenti dicono e ciò che fanno davvero.

Questa strategia ha portato MySpace ad avere una raccolta pubblicitaria nel 2008 pari ad un miliardo di dollari, valore più elevato rispetto a quello di Facebook (300 milioni di dollari), nonostante quest’utimo abbia un numero di utenti nettamente superiore.

Questo perché Facebook è più focalizzato sulla comunicazione, mentre Myspace punta all’intrattenimento e, dal punto di vista pubblicitario, è evidente che è più semplice monetizzare dei contenuti piuttosto che dei discorsi. Per darvi un'idea, nel Regno Unito nel 2008, per esempio, MySpace aveva un numero medio di utenti mensili  pari a 5,3 milioni cioè circa un terzo di quello di Facebook (12,5 milioni), ma molti più inserzionisti (799 contro i 451 di Facebook). Quindi è possibile calcolare che per ogni 10 mila utenti unici Facebook ha avuto 0,36 inserzionisti, MySpace invece 1,51.

Ad ogni modo, i vecchi strumenti di advertising sono stati scardinati dall’avvento del Web 2.0 ed i Social Network appaiono oggi come la tecnologia più promettente legata a queste nuove forme pubblicitarie.

 
 
 

Esiste la formula magica per creare sinergia tra Social Network ed Advertising?

Alzi la mano chi non ha un profilo su Facebook!

Io direi che le mani alzate sono veramente poche, infatti Mark Zuckerberg, il fondatore di questo gioiellino, ha annunciato recentemente in un suo post che si è da poco superati i 250 milioni di utenti che utilizzano Facebook nel mondo e si prevede di arrivare a 300 milioni entro la fine del 2009.

Ma la crescita di Facebook e degli altri Social Network ed il conseguente incremento dell’audience è solo una parte della storia. Infatti il tempo trascorso dalle persone su siti di questo genere ha avuto delle implicazioni sul modo di comportarsi e di relazionarsi con gli altri nella vita di tutti i giorni.

Vi siete mai chiesti come sarebbe il mondo di Facebook nella vita reale? Guardate questo video davvero divertente che in due minuti vi fa vedere quali meccanismi, paure e fastidi si potrebbe innescare…

Il mondo dell’advertising si trova dunque a dover gestire da un lato le sfide che vengono imposte e dall’altro le opportunità che si sono create. Occorre infatti tener presente che i social network non sono solo dei competitor in quanto offrono ad inserzionisti ed editori la possibilità di trovare modi completamente nuovi di entrare in contatto con i propri utenti… bisogna solo trovare la formula magica per creare la sinergia vincente tra social network ed advertising.

Attualmente l’incredibile crescita di Facebook non è accompagnata da incrementi in termini di introiti pubblicitari. Ci sono infatti alcune problematiche da tener presente:

· i dati forniti dagli utenti sono strettamente personali e sono quindi assai appetibili per gli investitori pubblicitari. Questo però fa sì che la pubblicità venga percepita ancora più invasiva dato che andrebbe a violare la sfera personale.

· gli utenti non sono dei semplici fruitori di contenuti, ma anche dei creatori. Anche questo motivo fa sì che siano meno propensi all’accettazione della pubblicità che verrebbe vista come un’imbucata non gradita ad una festa fra amici. 

Cosa possono fare gli inserzionisti e le loro agenzie per migliorare la situazione?

1.  collaborare con i social network dato che i loro interessi si completano infatti agli inserzionisti interessa essere là dove i consumatori trascorrono gran parte del loro tempo

2. creare nuovi modelli pubblicitari perché quelli tradizionali non possono funzionare data la differenza di contesto

3. rendere la pubblicità parte integrante della comunicazione integrandola ai dialoghi presenti sui social network. Il tono da adottare deve essere percepito come autentico e non invadente

4. dare ai consumatori un valore aggiunto attraverso una pubblicità nuova improntata all’interazione ed al dialogo in cui le parole chiave sono onestà ed apertura. Bisogna trattare il consumatore come un vero e proprio amico dato che per conservare l’amicizia nel tempo occorrono tempo e dedizione

Se l’agognata formula magica di cui abbiamo parlato all’inizio venisse scoperta, i risultati trasformerebbero l’efficacia della pubblicità su tutti i media, consentendo di superare le attuali criticità della crescente mancanza di fiducia nell’advertising.

*Fonte: Nielsen, Global Faces and Networked Places

 
 
 
 

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