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Venezia e la bellezza che muore

Post n°592 pubblicato il 24 Ottobre 2020 da Zero.elevato.a.Zero
 

Venezia che muore, Venezia appoggiata sul mare,
la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi, Venezia, la vende ai turisti
che cercano in mezzo alla gente l'Europa e l'Oriente
che guardano alzarsi alla sera il fumo - o la rabbia - di Porto Marghera..

(Francesco Guccini)
Veleziana 2020

Torno da Venezia, per la prima Veleziana della mia piccola carriera da velista, la prima assieme a mia moglie, una regata che dalle acque antistanti la bocca di Lido conduce in modo sinuoso tra l’isola di S. Giorgio e piazza S. Marco. Una nuova occasione di vedere Venezia dal mare, con lo stesso sguardo del veneziano che tornava alla sua patria nei tempi della Repubblica Serenissima protetta a monte dalle lagune.
Di nuovo ci sono le emozioni forti che questa città mi procura: una città splendida che declina lentamente verso l’agonia, prigioniera della sua decadente bellezza. Venezia e la bellezza si coniugano inevitabilmente, e io mi interrogo sul significato di questa esultanza degli occhi e del senso di malinconia nel cuore.
Nel salotto di Venezia con le sue procuratie, e il campanile con il gemello di fronte nell’isola di S. Giorgio che gli fa da contraltare, percorro piazza San Marco dove apprezzo un’altra presenza gemellare con le due colonne; queste mi fanno pensare alla leggenda della terza colonna dogale che si vuole giaccia sprofondata nei limi antistanti la piazza.
La stessa sorte che per mia colpevole disattenzione è toccata al mio cellulare, affondato rapidamente davanti a San Marco.
A Venezia ciò che è strappato al mare viene da questo richiamato prima o poi sotto le acque, causa subsidenze antropiche e naturali la città sprofonda mediamente di circa 6 cm all’anno. il fenomeno si somma all’aumento del livello medio del mare e delle maree aumentate di 40 cm in 40 anni, per cui è semplice trarre una sentenza: Venezia è destinata ad essere riconquistata dal mare, nonostante il Mose che per ora funziona.
Lo splendore del canal Grande e dei suoi palazzi non fa dimenticare che questi fasti, ormai quasi tutti destinati ad uffici ed Hotel, celano i rivi stretti dove gli ultimi veneziani abitano in calle malmesse, causa gli alti costi di gestione e manutenzione, abbandonando progressivamente la città per allontanarsi dalla laguna, ed è anche questa una forma evidente di morte.
Navigando davanti al Lido mi è tornato alla mente, vorrei quasi dire riaffiorato, il romanzo di Thomas Mann: Morte a Venezia, che Luchino Visconti ha elaborato su pellicola nel 1971 e che Vecchioni ha reso canzone nel 2002. Si sposa in modo ideale alla mia sensazione interiore davanti a questi capolavori architettonici ed all’idea geniale di difendersi con le paludi e diventare signori del mare. Oggi la laguna protettrice non serve più, la città con le sue vie d’acqua impraticabili ai veicoli su ruote risulta sempre più scomoda. Soprattutto manca lo spazio per crescere e creare nuove architetture come invece succede a tutte le altre città del mondo che come piante dimostrano la propria vitalità con nuovi virgulti.
Per questo molti autori valenti associano a Venezia la parola morte, quando la bellezza si cristallizza e non aggiunge elementi di trasformazione è destinata a spiralare fino al termine della propria esistenza, fino a quando non sarà più possibile prendersi cura di un monumento abbandonato, del quale resteranno i ricordi di un governo durato più di un millennio che ora emette faticosamente gli ultimi respiri, affollato di turisti come insetti predatori.
Resterà Venezia, almeno fino alle prossime generazioni, ma fino a quando non si sa; resterà spero almeno fino alla prossima Veleziana.
Buon Vento


La bellezza - Roberto Vecchioni

 
 
 
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