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Post n°575 pubblicato il 05 Dicembre 2019 da Zero.elevato.a.Zero
 

Platano di Natale

C’è che sto diventando vecchio, e i vecchi per loro inevitabile natura, quando non brontolano dicendo "non ci siamo", almeno scossano (scuotono) la testa osservando il panorama cittadino, facendo sfoggio di conoscenze dimenticate e criticando ferocemente i nuovi tempi moderni, paludi di ignoranza ed incapacità a conservare memoria storica.
Sto invecchiando, appunto, ieri sera notavo che tra gli allestimenti natalizi con l’impianto di una giostra a cavalli vecchio stile, gradevole a vedersi in fregio del restaurato teatro Galli, le luminarie si sono arrampicate come un’edera infestante anche sul tronco e la chioma possente di un imponente platano, che prospera da tempo in quella dimora in quanto probabilmente impiantato nel lontano 1880, quando la piazza Malatesta fu ristrutturata a giardino.
Scenograficamente notevole  e quindi capace di suscitare meraviglia e perché no, spirito natalizio, in quella folla ignava che dimentica le radici più elementari della festa imminente, confondendola con una maratona agli acquisti appena successiva al Black Friday, e mistificando simboli precedenti il cristianesimo che ancora perdurano.
L’albero di Natale, di derivazione celtica come albero di Yule, era per tradizione un abete rosso (Picea abies), era venerato come la rappresentazione di un albero cosmico che collega la linea piatta dell’orizzonte, dove vive l’uomo, al punto estremo che arriva al cielo affollato di dei, da cui deriva anche la tradizione del puntale scintillante. Orbene l’albero di Natale è per tradizione un abete, albero sempreverde a forma di cono, essenza parecchio diversa da un Platano orientale (Platanus orientalis L.) dalle foglie caduche e dalla chioma tonda che certo non invita ad ascesi celesti.
Trovo personalmente preoccupante che l’ignoranza sulle nostre tradizioni arrivi al punto di confondere un platano secolare con un abete, mischiando in un unico lemma alla voce albero, il senso profondissimo di una cultura che faceva della conoscenza della natura e del contatto intima con questa il motivo più caratteristico dei propri valori. Tra poco si arriverà a sostituire in un pasto importante il Sangiovese con la Coca Cola, in quanto entrambi rubizzi.
Allora per addolcire il senso di scandalo personale ho scelto, come tappeto musicale che allieti questi pensieri geriatrici, un brano di assoluta tradizione: un inno all’Abete, che altro non può essere l’albero di Natale. Ovviamente lo preferisco cantato in tedesco nonostante la trasposizione nelle mille lingue del mondo, perché su una musica popolare di origine medievale le parole originali della prima strofa sono state scritte in questa lingua dall'organista Joachim August Zarnack nel 1819, traendole da un brano popolare della Slesia.
A tutti voi l’augurio di un Natale sereno e possibilmente secondo tradizione :)

 
 
 
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