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I racconti di Padre Brown
Post n°496 pubblicato il 22 Settembre 2009 da sere1962
Prima degli anni '70 la Rai si era cimentata con notevole successo nella produzione di serie poliziesche: il tenente Sheridan, impersonato da Ubaldo Lay, e il commissario Maigret, impersonato dal grandissimo Gino Cervi, erano stati i protagonisti indiscussi del giallo televisivo italiano.
La serie televisiva in questione era tratta dall'opera letteraria di Gilbert Keith Chesterton, uno dei più grandi scrittori inglesi del '900, e il prete che ne era il protagonista era padre Brown: l'attore a cui era stata assegnata questa parte era Renato Rascel.
La carriera di Renato Rascel, all'anagrafe Renato Ranucci, era costellata da una serie innumerevole di successi: era un famoso cantante e compositore di canzoni (udite, udite, ve ne cito solo due, tra le innumerevoli: le celeberrime e internazionali "Arrivederci Roma" e "Romantica") ed era innanzitutto un grande attore sia drammatico (memorabile l'interpretazione nel 1952 ne "Il cappotto" di Lattuada) che comico (la sua comicità surreale era stata la chiave di volta del successo di una lunga serie di riviste di Garinei e Giovannini), non dimenticando che fu anche un ottimo ballerino: insomma Rascel era ciò che si dice un’artista poliedrico!
Rascel aveva davanti a sé una sfida molto importante per la sua carriera di attore: riuscire a rappresentare il piccolo prete scaturito dalla penna dello scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton senza far rimpiangere sir Alec Guinness che, negli anni precedenti, aveva vestito l'abito talare del pretino inglese sullo schermo cinematografico.
Renato Rascel era perfetto per l'interpretazione di padre Brown: non aveva alcun problema a calarsi nei panni del piccolo prete inglese ed era l'interprete giusto per riuscire a portare sul piccolo schermo il candore, l'umanità, ma anche la furbizia e l'ironia di questo strano investigatore.
In ogni episodio della serie televisiva i criminali avevano facilmente partita persa contro il buonsenso e la furbizia di padre Brown.
Una delle caratteristiche che differenziava enormemente le investigazioni condotte da padre Brown rispetto a quelle degli investigatori più classici, erano le analisi psicologiche basate sul presupposto che la persona che aveva commesso il delitto non era altro che una pecorella smarrita da riportare al più presto all'ovile.
(nella foto, da sinistra: Arnoldo Foà, Renato Rascel, Mario Pisu)
La serie televisiva de "I racconti di Padre Brown" annoverava anche un altro grandissimo attore che vestiva i panni del ladro Flambeau: Arnoldo Foà. Flambeau era un furfante redento fino a un certo punto: aiutava padre Brown nella risoluzione dei casi investigativi ma, periodicamente, continuava a cadere in tentazione e a commettere qualche ulteriore reato.
La coppia composta da questi due grandi attori conquistò con facilità il pubblico televisivo dell'epoca che premiò questa serie con un indice di gradimento (non esisteva l'Auditel) altissimo: una media di ascolto di 18,9 milioni di telespettatori, con punte di 21 milioni piazzandosi al decimo posto della classifica dei programmi più visti del 1971.
"I racconti di padre Brown" furono registrati adoperando una doppia modalità: gli interni furono ripresi con la tecnica cosiddetta AMPEX (registrazione video-magnetica o RVM) mentre gli esterni, girati quasi esclusivamente in Inghilterra, furono girati con tecnica cinematografica. I racconti di Padre Brown. Tratto dal libro "L'innocenza di Padre Brown" di Gilbert Keith Chesterton. Scenografia Cesarini da Senigallia
La celebre sigla “Padre Brown” fu scritta e cantata da Renato Rascel, sono certa che molti di voi la ricorderanno Sapete cosa ha dichiarato Terence Hill, interprete del celebre e più recente “Don Matteo”, giunto ormai alla sua 7 edizione? "Don Matteo si fonda su Padre Brown,
Forza! Ora voglio sentire le OLA, E voi? Lo ricordate?
DUBBIO…
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