Creato da trampolinotonante il 14/11/2008

trampolinotonante

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Romeo e Giulietta

Post n°97 pubblicato il 03 Agosto 2010 da trampolinotonante

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Il fatto tragico e la ragione

 

C'è voluta la tragica fine di Romeo e Giulietta per far intendere compiutamente la forza immensa dell'amore.

Così ci vogliono 'ste immense tragedie delle guerre, delle stragi in Africa, delle azioni criminali dei terroristi a qualsivoglia gruppo appartengano, della strage del 2 agosto, del petrolio che fuoriesce dalle punture che si fanno alla Madre Terra, del coprifuoco sulla parola, per far capire quanto terribili e spaventose siano la corruzione, la criminalità, il malgoverno, l'essere senza Dio e senza pietà!!!!

Ci si accorge dell'aria solo quando viene a mancare e si muore soffocati! 

E così per il dolcissimo sapore di un bacio o per l'amore di una persona!

E così, ad esempio, per poter comprendere appieno il valore della libertà,  bisogna perderla,  esserne privi!!!

Ma perchè per poter capire appieno la vera valenza sublime d'una cosa , bisogna passare sempre attraverso il fatto tragico?

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Un caro saluto da trampolinotonante

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I disegni ad inchiostro rosso sono opera di trampolinotonante

 
Rispondi al commento:
Silvio.Perroni
Silvio.Perroni il 11/08/10 alle 04:58 via WEB
Non credo sia esatto dire che batto il solito chiodo. Diciamo che abbiamo chiarito entrambi un pò di più il rispettivo pensiero. Tu hai contraddetto giustamente la prima impressione che ti ha dato il mio dire, ed io te l'ho chiarita, permettendoti sia di chiarire anche tu quanto volevi dire, sia di perfezionare la tua critica al mio dire, critica che ora ritengo più argomentata e valida, e quindi la cosa si fa interessante. Le confutazioni a questo servono, secondo me, a permettere all'altro di chiarirsi meglio, così da scartare interpretazioni errate e facili pregiudizi. Purtroppo spesso ci si ferma a questo primo stadio, pochi riescono a superarlo ed andare avanti nel discorso, evitando inutili proiezioni "affettive" e mantenendo invece il discorso solo su un sano piano unicamente di confronto intellettuale. :-)
Le premesse quindi per andare avanti, e provare a cercare una risposta valida alla tua domanda, possibilmente alla fine del confronto condivisa da entrambi, mi sembra ci sono tutte. Vediamo se riusciamo ad arrivare a qualcosa di condivisibile da entrambi. Te lo dico perchè se pur ora hai posto delle obiezioni valide, ritengo ci siano delle tue affermazioni che secondo me contengono alcune "esagerazioni" da te stesso correggibili, spero, una votla che te le avrò evidenziate, ma che proprio per questo spero ti obbligheranno ad una ulteriore analisi, così come tu ora hai positivamente obbligato me a farlo.
In realtà, rileggendo il mio commento precedente, avevo già evidenziato qualche Obiezione che avrei potuto farmi, e speravo che me le facessi tu, perchè farmele da solo e poi rispondermi mi sembrava un poco pretestuoso, eheheh.
Ma andiamo al sodo! Come prima, seguirò le tue frasi così come le hai esposte, e discuterò ciò che a me sembra correggibile, mentre lì dove non evidenzio lo prendo come condiviso. Tienine conto quindi, leggendomi, non pensare che se salto qualche tua affermazione sia perchè non voglio affrontarla, ma nanzi è esattamente il contrario, e lo faccio giusto per non scrivere chilometri di parole. Vabbè che già solo con la premessa... Bah... Quando imparerò ad essere sintetico... Boh... ;-))

Allora... A fronte della mia contestazione su quel "sempre", tu hai in qualche modo modificato, almeno mi sembra, il concetto iniziale. Ovvero, se la tua domanda era prima "Ma perchè per poter capire appieno la vera valenza sublime d'una cosa , bisogna passare sempre attraverso il fatto tragico?", adesso il concetto diventa un'altro: "tutti siamo soggetti ad errori e tutti ne abbiamo commessi o li commetteremo". E se mi dici questo, io lo firmo e controfirmo. Ma contino a confutare la prima tua domanda. Ovvero, rispetto alla tua successiva affermazione, per legarle insieme, devo dire che non mi pare che per ogni errore che commettiamo perdiamo un bene prezioso, e a volte non perdiamo alcun bene, semplicemente commettiamo un errore, che magari danneggia altri piuttosto che noi, ma che non ci priva di alcun bene. Inoltre, pur se perdiamo un bene, a volte è un bene di poco conto, anzi, per fortuna molto spesso, e quindi poco ci duole se accade, e a volte invece è un bene prezioso, ovvero credo il tema base di questo post, e allora è questo ultimo caso da analizzare. Ma ripeto, anzi chiarisco a mia volta, la perdita di un bene che si ritiene prezioso, come potrebbe essere l'amore, la libertà, e simili, è qualcosa che ritengo non capiti sempre, come dici tu, ma solo ad alcuni e soo in particolari casi, inconsciamente cercati oppure per puro caso.

Sì, io voglio proprio dire questo, che se conoscessimo tutto, non commetteremmo errori. Ora però ferma subito il tuo cervello, non partire in quarta, e aspetta di leggere attentamente quello che segue, altrimenti mi prendi per un illuso idealista, eheheh
Io ho la brutta abitudine di scrivere subito frasi ad effetto, interpretabili diversamente, per il mio maledetto spirito polemico, perchè mi piace veder l'altro cadere nei soliti pregiudizi, per poi dilettarmi malignamente a fargli comprendere che tocca aspettare, e sviscerare, per comprendere realmente il pensiero dellì'altro, e soprattutto avere buona fede. Purtroppo spesso e volentieri la prima interpretazione di chi legge resta impressa e non è capace di superare quel limite. Questo mio viziaccio lo ritengo utile per mostrare come è facile cadere velocemente in pregiudizi, ma funzina solo con persone tignose, che amano andare a fondo dei discorsi, che non mollano l'osso, che oltre ad essere sicuri di sè amano convincere gli altri, ma che soprattutto pongono la logica, la verità, al di sopra di tutto, e quindi sono capaci di modificare il proprio pensiero, se ritengono sia necessario. :-) Dunque, ora ti spiego meglio 'sta storia della conoscenza del tutto, se ci riesco. Non è per niente facile, perchè complessa è questa realtà di cui discutiamo, ma ci provo.
Ti premetto che è ovvio che la conoscenza del tutto è qualcosa che se utopico non è, poco ci manca, qundi mi rendo perfettament conto della teoricità di quello che sto per dire ora, ma lo devo dire, e poi lo applichiamo alla realtà. Tu seguimi.. ;-)
Dicevo, credo si possa affermare, ragionando in teoria, che se fosse possibile conoscere tutto, si potrebbero conoscere le conseguenze di nostre eventuali azioni già prima che le compiamo, il che ci permette di poter scegliere. E questo è già qualcosa rispetto al non conoscere. Devi riconoscere che, se è vero che anche "conoscendo" a volte o spesso si cade lo stesso in errore, e questo ti premetto che lo sottoscrivo, ma lo sviscero poi, è comunque una possibilità in più che si ha, rispetto al non "conoscere". Secondo me, se fosse possibile creare un test tipo quello sui nuovi farmaci, ovvero due gruppi di persone, un gruppo comploetamente ignaro delle ocnseguenze di una "forte tentazione" che verrà a loro sottoposta, e l'altro invece opportunamente istruito ed allenato a questa, una volta che la "forte tentazione" venga "somministrata" ai due gruppi i risultati sarebbero differenti. Se pur ci metto la mano sul fuoco che anche nel gruppo dei "coscienti" qualcuno cadrà nella tentazione, saranno molti di meno rispetto a quelli del secondo gruppo. Tu che ne pensi, tenuto ovviamente che è un esperimento ovviamente forse impossibile da realizzare?
Ovvero, per riportarlo a qualcosa di più concreto e semplice, se in una società fosse tenuta in maggior conto la conoscenza, in modo che fosse più diffusa, probabilmente accadrebbero meno "fatti tragici" di quelli che accadono in una società dove la conoscenza è tenuta meno in conto, o addirittura contrastata (ed ogni riferimento alla società attuale è puramente voluto) :-) . E spero bene che tu non abbia a contestare questa affermazione, ma riconoscere che è ragionevole.

Ma ora torniamo dalla teoria alla realtà e facciamo un passo alla volta.
Riconosco che ci sono persone e situazioni in cui, pur conscendo gli effetti disastrosi di una azione, la si compie lo stesso. Per esempio sappiamo tutti che con una alimentazione eccessiva si và incontro a malattie, almeno in veneranda età. Eppure siamo sempre più contornati da obesi, avvicinandosi sempre più alla società americana. Ma gli obesi non sono la maggioranza. Sappiamo da giovani che se non ci impegnamo nello studio avremo più difficoltà nel lavoro, eppure tanti giovani interrompono gli studi prima delle superiori, ma non sono la maggioranza. Mentre molti meno proseguono con l'università, ma lì cominciano ad entrarci fattori economici, e di selezione mirata. Dovremmo sapere, specie noi della nostra generazione, dopo decenni che li abbiamo visti all'opera, che quello della politica attuale è principalmente un teatrino orchestrato dai veri poteri economici che manovrano i burattini, eppure continuiamo a votare sempre lo stesso colore, come venti o trenta anni fa, con poche variazioni, senza prendere alcuna iniziativa, ma lasciando che altri prendano l'iniiativa e ci comandino, rinunciando alla nostra piena sovranità sancita dalla costituzione, che non ci invita solo a votare, ma anche a realizzarci nella partecipazione attiva alla politica. Ma che Dio ce ne guardi... Eheheh Fra un pò, se và avanti così, rischiamo di perdere anche quel poco di libertà che ci è rimasta, ma sono sicuro che quando accadrà non capiremo che è stata anche e soprattutto colpa nostra, perchè non abbiamo fatot nulla per evitarlo, ma cercheremo di dare la oclpa alla sinistra, alla destra, a Berlusocni, a Bersani, ai russi, agli americani, ecc... Sappiamo che, essendo sposati, se frequentiamo troppo una persona che ci attira particolarmente, e che ricambia, prima o poi cadremo nel tradimento, eppure lasciamo che accada, per arrivare poi a distruggere una famiglia, e perdere quel bene prezioso che ci eravamo dimenticati. Ma non tutti, non sempre, solo alcuni e solo a volte. Ultimamente mi pare capiti sempre più spesso, a dire il vero, guardandomi intorno e notando come le coppie sposate e con figli attorno a me cadono a fiocchi, lasciandomi almeno per ora a malapena tra i pochi sopravvissuti, e non con grosse difficoltà. ;-) O semplicemente, facciamo l'esempio di un alcolizzato, che sa che prima o poi morirà di cerrosi epatica, mentre intanto si è rovinato una vita, eppure continua.

Come vedi, non mi pare di non rendermi conto di quello che suggerisci, con il tuo post. Non mi pare di vivere tra le nuvole (i gabbiani preferiscono il cielo azzurro, eheheh).

Ma allora, perchè continuiamo a sbagliare anche conoscendo le conseguenze prima di sbagliare?

Attenzione, dopo quanto chiarito da te e da me, la vera domanda assumo ora che sia questa, e non quella alla fine del tuo post, contestabile nei termini che ti ho evidenziato. Perchè ritengo non sia sempre vero che ci si rende conto di un bene solo dopo che si è perso, ma che a volte lo si perde anche conoscendo bene il suo valore. E a volte si ha la fortuna di vivere tutta la vita senza perdere alcuno dei beni che si ritengono importanti. Questo non è detto che coincida con l'essere felici, tanto per anticiparti la prossima risposta. Magari sereni, o addirittura infelici, ma senza mai avere perso alcun bene particolare, o perchè quei beni che si son tenuti ben stretti non corrispondono in realtà a quelli necessari per la felicità, o perchè quelli importanti non si sono mai avuti, e quindi neanche persi.

Per cominciare a rispondere a questa domanda, torniamo ora all'esempio della ragazza che in discoteca si ubriaca e dona la sua verginità in un modo che da sobria non avrebbe desiderato.
Giustamente tu mi fai l'esempio di quella ragazza che conosce bene tutti i rischi, e per confutarmi fai anche l'esempio di quella ragazza che prima frequenta la discoteca più volte, poi comincia pure a bere, una volta un bicchiere, un'altra volta, due, ecc... E quindi piano piano arriva a combinare il fattaccio. Ovviamente ha avuto tutto il tempo di conoscere i rischi a cui andava incontro. Ma ha sbagliato lo stesso.
Vorrei precisare che lo spirito con il quale lo avrebbe dovuto fare la "mia" ragazza è quello di una persona libera, serena, curiosa, attenta, molto osservatrice, e che quindi non sente la necessità di scappare da nulla, perchè in pace con sè stessa. La "tua" ragazza invece, compie tutti questi passi spinta dalla situazione, dagli amici, dal desiderio dell'oblio e dell'abbandono, in ultima analisi da un desiderio di fuga dalla realtà. Questo te lo avevo già accennato nel mio precedente commento, quando dicevo che quella ragazza aveva sicuramente dei problemi, perchè altrimenti non si sarebbe ficcata in quella situazione. Continuo inoltre a "contestarti". Tu mi poni l'esempio del progressivo perdersi con spinelli, poi coca, ecc... Ma anche quelle ragazze, non sono mica la maggioranza, per fortuna, anche se mi pare che la situazione oggi stia velocemente peggiorando. Quindi, ribadisco che non è vero che "tutti" vanno in discoteca, si ubriacano, si spinellano, sniffano, e poi donano la propria verginità ai primi che passano. MOlti riescono ad evitarlo, per fortuna. COsì come molti riescono a non tradire il proprio partner, a non perdere tutto al gioco, a non ritrovarsi in galera per truffa, ecc...

Ma questa mia confutazione è solo per onor della precisione, perchè ora comincerò ad avvicinarmi a quello che tu secondo me intendi, e che riconosco anche io.
Se è vero che sono una minoranza quelli che si "perdono" presi singolarmente in discoteca, o nel gioco, o nell'alcool, o nel tradimento, o nella illegalità, è pur vero che se mettiamo insieme quelli che si "perdono" in una qualsiasi di queste "tentazioni", cominciano ad essere molti di più.
E se ci aggiungiamo poi quelli che almeno a prima vista non sembra abbiano perso nulla, mi chiedo in quanti casi potremo affermare che siano persone felici, o che piuttosto siano persone che per "avidità" non hanno goduto appieno nulla della vita, attaccati ai loro pochi "beni", rinunciando ad altri valori, oppure, "timorosi", hanno seguito alla lettera, da bravi bigotti, tutte le raccomandazioni del prete, arrivando alla fine della loro vita senza sapere che non hanno vissuto, e comunque anche loro con molti cadaveri nell'armadio, per nascondere le loro ipocrisie. O ancora, quanti rifuggono i sentimenti, e quindi la vita vera, dedicandosi unicamente alla conoscenza come via di fuga e di consolazione? (ovvero ciò di cui mi "accusavi" all'inizio, ma che anche io, come soluzione, la metto tra quelle "infelici"). Ti ci aggiungo anche una variante, ovvero quelli che si dedicano di buona lena alla conoscenza, pur non volendo evitare i piaceri, ma non trovano via d'uscita e pur non "cedendo" mai, perchè consapevoli delle conseguenze, così facendo passano una vita a metà, non vissuta, per cui anche loro hanno alla fine perso qualcosa di prezioso.

Ed ecco che ci avviciniamo a quello che vuoi alla fine intendere tu, che scopri chiaramente quando mi rispondi, alla domanda che mi fai, "E perché non ti rendi conto che tutti abbiamo l’infelicità latente o manifesta conseguente agli interrogativi sul perché dell’esistenza."
Ma da quanto ti ho scritto prima mi sembra di averti dimostrato che invece mi rendo ben conto che ne nessuno di noi è felice. E per darti insospettabile sicurezza di questo, ti invito a leggere questo mio vecchio post, scritto in tempi non sospetti: Clicca quà!. Questo mio post finisce col concetto che "nessuno potrà mai essere felice finchè esisterà anche uno solo non felice". Ma spiegare in dettaglio questo concetto necessità altri 3 o 4 milioni di righe, eheheh. Ti basti a dimostrazione che è un problema che non solo tengo in gran conto, ma è per me il problema dei problemi, al quale tento di dare delle risposte, e se sto quì a scrivere fiumi di parole, indovina un pò perchè lo faccio? ;-)

Quindi, a questo punto correggiamo ulteriormente la domanda, se sei d'accordo: "perchè siamo tutti infelici"?

Torniamo ora un attimo indietro, sempre a quella dannata ragazza della discoteca. Sia che le capiti tutto d'improvviso, sia che ci arrivi passo passo, stà di fatto che quella ragazza ha sicuramente dei seri problemi, perchè capita a pochi di finire come lei.
E allora, quali potrebbero essere questi problemi?
Sono sicuramente dei problemi che la fanno star male, e che la spingono a cercare una via di fuga, di oblio (rumore, alcool, droga) e insieme di speranza, seppur ridotta, del tipo "accontentiamoci di questo piacere ridotto e che porterà delle conseguenze" rispetto alla ormai definitiva sfiducia nella possibilità di una felicità. Ma questo è un caso particolare, così come quello dell'alcoolista, e simili. In tutti questi casi se andiamo a guardare scopriamo sempre una qualche situazione di stress particolar,e rispetto alla norma (genitori troppo autoritari o troppo assenti, esperienze traumatiche, ecc...), Meno particolare, e che sembra tendere alla maggioranza ormai, è il caso di chi rinuncia alla famiglia o la pone in secondo piano per avviarsi ad una nuova storia d'amore e di passione. Così come il caso di chi crede che la "carriera" lavorativa, o la "ricchezza", diano la felicità, ecc... E poi c'è la schiera di tutti quelli che sin da piccoli hanno vissuto una vita rinunciataria, senza mai essere protagonisti, anche nel loro piccolo, senza mai decidere assumendosene le responsabilità, per paura delle conseguenze, che ormai alla fine della loro vita ancora aspettano il principe azzurro, o l'occasione che li realizzerà nel lavoro o nella politica o nella società, e che quindi, invece di crearsela, la vita, "cedono" a quasi ogni novità che sembra prospettare la felicità, prendendo però puntualmente la mazzata, e quindi cadendo sempre più nel vortice della depressione.

Beh, tutte queste infelicità, secondo me, provengono proprio da quella difficoltà di dare una risposta sul perchè dell'esistenza. E visto che mi pare che sia proprio quello che dici tu, spero che non mi chiedi di dimostrare come sia questa la causa di tutti questi mali che ho elencato, e in particolare di quanto evidenzi tu nel post.

Ma a questo punto, scusami, ma non ti sembra che vieni a confermare la mia frase iniziale?
Cosa ho detto io? "La conoscenza ci evita i mali". Tu cosa stai dicendo (correggimi se sbaglio)? "L'infelicità dipende dalla nostra difficoltà nel rispondere agli interrogativi sul perchè dell'esistenza". Ma se non riusciamo a rispondere agli interrogativi sul perchè dell'esistenza, è proprio perchè non abbiamo la conoscenza delle risposte. E quindi, a me sembra che proprio tu confermi la mia frase iniziale, che ovviamente a questo punto mostra molto più di quanto ti sembrava mostrare all'inizio, ed anche rispetto alla seconda interpretazione che ne hai dato. ;-)
Certo, anche ora mi puoi accusare di aver corretto nuovamente il tiro, eheheh. Però, non ti sembra strano che siamo tornati a quel punto? Oltretutto ti potrei rispondere esattamente come ti ho risposto prima, ovvero che di argomentazioni, per arrivare a questo punto, ne ho sviscerate a iosa, mi sembra, quindi comincia ad essere una ipotesi molto meno probabile che il mio ragionamento sia speculativo quanto tu dici, non trovi? Infine, torno a dirti che, pur ammettendo che anche stavolta io abbia corretto il tiro, mi pare che quanto affermato ora non sia cosa da sottovalutare, e meritevole di essere analizzata, o no?

Piccola parentesi: se vuoi, se ti và, possiamo affrontare direttamente il tema di quegli interrogativi, che una mia idea di risposta ce l'ho, se pur parziale. Non mi dispiacerebbe confrontarla con eventuali tue risposte, e vedere cosa ne esce fuori. Vedi tu. Ma ora proseguo con le risposte ale tue affermazioni e non approfondisco questo tema...
, anche se proprio le succesive risposte che ti darò credo diano una indicazione della mia risposta a quegli interrogativi.

Prima di andare avanti però devo aggiungere una osservazione su cui credo sia interessante riflettere, riguardo alla consistenza di quei famosi "beni" che perdiamo.
Ovvero, attenzione, perchè molti di quei beni che riteniamo preziosi sono delle creazioni dell'essere umano, sia quelli che possono essere assimilati a cose percepibili, che hanno una forma e un peso, sia quelli che definiamo come "valori", o "sentimenti". RIguardo ai beni "materiali", beh, mi sembra ovvio che la creazione da parte di un bene materiale che in natura non è previsto porta a tutta una serie di sforzi, da parte dell'essere umano stesso, che lo rendono schiavo di quel bene, per crearlo, mantenerlo, difenderlo, riprodurlo, accrescerlo. E questi sforzi, proprio perchè non naturali, ci "snaturano", ci allontanano dall'equilibrio originario, previsto dalla natura stessa, o Dio, o come lo vuoi chiamare. Ma la Natura è anche dentro di noi, e quindi preme in continuazione per farci abbandonare quei "beni", e prima o poi vince. QUesta lotta interiore ci rende infelici, e prima o poi ci spinge a compiere azioni che ci portano ad abbandonare quei beni. Ecco una possibile spiegazione del perchè a volte compiamo azioni che ci faranno perdere un bene anche sapendo cosa accadrà.
Al proposito, a volte il motivo per cui si perde un bene è addirittura il non voler perderne un altro. Un pò come le mucche, o i cavalli, che non scappano quando la stalla è in fiamme. Vedevo proprio stasera di sfuggita il film "Jefferson in Paris", o qualcosa di simile. Mentre cominciavano le ribellioni tra il popolo, e sembrava ormai imminente la rivoluzione, una americana chiedeva ad un membro della corte del re perchè non scappassero. E lui rispose che è difficile scappare verso l'ignoto, cominciare un'altra vita piena di stenti, e lasciare tutti quegli agi di ricchezza e lusso spensierato. E per questo perderanno la vita...
Se ci ricordassimo che quei beni a cui ci attacchiamo non sono naturali, sapremmo certamente gestirli meglio, essendo consapevoli che possederli ci richiede degli sforzi non naturali, e magari anche essere disposti ad abbandonarli, se il disagio diventa eccessivo, o se rischiamo di perdere beni più importanti. Ma chi se lo ricorda, che quasi tutto ciò che ci circonda in questa società ce lo siamo creato noi, e che quindi ha un suo "costo" in termini di "snaturamento"? Che viviamo in una società che di naturale ormai ha praticamente nulla? Pensa un pò quanto può essere pesante il disagio di fondo, "latente", per usare una parola che hai usato tu. Noi crediamo che chissà cosa sia questo disagio, e magari dipende semplicemente, almeno in buona parte, dal nostro eccessivo distacco dalla natura. Riguardo a questo genere di beni quindi la soluzione stà nella conoscenza della loro origine, e quindi la comprensione che non essendo naturali, armonici con il Creato, ci creano, in ultima analisi, più sofferenze che benefici. Se riuscissimo in qualche modo a misurarli, questi benefici e sofferenze, e risultassero maggiori le sofferenze, rispetto al non averli, non credi che decideremmo di farne a meno? Guarda caso, quando ci hanno prospettato l'era del consumismo, negli anni 50, 60, sembrava tutto così bello, a riguardare quei caroselli che ci invogliavano ad acquistare le prime 500, le lavastoviglie, ecc... Ma mica ci hanno detto a cosa andavamo incontro. E così ora mica ci dicono da dove provengono le nostre Nike, i nostri panini di MC Donald, i nostri cellulari, e la benzina per l'auto. Per scoprire che provengono dallo sfruttamento di esseri umani, pure donne e bambini, dei territori, inquinando le falde acquifere, dispensando quindi epidemie e morte, obbligando alla emigrazione, e quindi ai flussi che ci stanno invadendo, creando scontento e attriti quì, ma anche disoccupazione e povertà locale, perchè le multinazionali stanno distruggendo i mercati locali, ecc... Eppure, tutto ciò è ormai visibile. Perchè non reagiamo? Perchè non vogliamo abbandonare le nostre comodità, così come la corte al tempo della rivoluzoine francese. Ma finiremo per perdere la libertà, la serenità, la voglia di vivere, ed anzi molti già l'hanno persa. Tutto questo a causa della mancata informazione dei media, quindi della mancata conoscenza, ma anche del nostro attaccamento a beni illusori.
Riguardo ai beni "immateriali", ai "valori", "sentimenti", come la libertà, l'amore, ecc... ricordiamoci che sono parole, da noi inventate, le quali esprimono concetti sempre da noi definiti, e con immensa difficoltà, tanto che le discussioni si sprecano dall'era dei tempi sul significato dell'amore o della libertà. Ma se si discute così tato sul loro significato, non può essere che forse non li conosciamo abbastanza? O addirittura non può essere che non esistono, o almeno non esistono così come grosso modo ce li concepiamo nel nostro cervello? E se è così, non può essere che la nostra infelicità dipenda dal fatto che inseguiamo dei valori che non esistono, perchè quelli reali sono diversi da quelli che inseguiamo? Se fosse vero la soluzione sarebbe quella di smetterla di pensare alla libertà, o all'amore, così come ci abbiamo pensato finora, e provare ad indagare con logica e razionalità che cosa siano veramente, per conto nostro, magari scoprendo che non esistono, oppure che esistono ma sono tutt'altra cosa rispetto a quello che abbiamo conosciuto finora. Sicuramente è un problema riportabile alla "conoscenza", anche questo. Almeno mi sembra. No?

Ed anche riguardo a questi concetti, se vuoi, possiao approfondire per tentare di comprendere cosa siano realmente o se addirittura esistano, ma non ora, ovviamente.
Sì, vero, tutti desideriamo qualcosa di piacevole, anche se "peccaminoso", sapendo di doverla pagare a caro prezzo.
E quì arriviamo ancora più vicini al nocciolo della tua questione. Perchè siamo "tentati" e cadiamo in "tentazione" anche conoscendone le conseguenze?
Beh, io una risposta ce l'ho. E dora te la dò, in formato sintetico, come la prima che ti ho dato. :-) Sta a te provare ad intuire cosa c'è dietro, oppure provare a scardinarla subito senza prima sviscerarla.
Attento però che rischi come prima di toppare, supponendo che io la faccia troppo facile, eheheh...
Potrei sviscerarla subito, ma mi sembra di aver scritot già troppo, e nun ce la faccio più, quindi rimando alla successiva risposta, se vorrai approfondire questa mia risposta che ora ti dò. Ma tieni conto che in parte, indirettamente, ti ho già risposto prima. Se approfondiremo te ne renderai conto, forse.

In ciò che crediamo di desiderare è nascosto ciò che desideriamo realmente, e che è giusto e naturale desiderare, per questo ne siamo attratti e cediamo alla tentazione, è il "richiammo della nostra natura". Ma non conoscendo in realtà cosa desideriamo, e ancora peggio credendo di conoscere ciò che crediamo di desiderare, sbagliamo, rimediandoci i famosi "fatti tragici".

Ti dò anche un'altra risposta.

Noi siamo come quell'asinello al quale è stato legato un bastone all'apice del quale spunta una carota che pende davanti ai suoi occhi. L'asinello corre per prenderla, ma non ci arriverà mai, finchè non si accorgerà che è legata a quel bastone, quindi a lui stesso, e quindi è lui stesso che rincorrendola la allontana da lui. Fermandosi un attimo, resistendo per un poco alla tentazione della carota, osservando meglio la situazione, verrebbe a "conoscenza" dell'esistenza del bastone, che è legato alla carota, e quindi, ad una analisi più accurata, anche a lui. Comprenderebbe che continuando a rincorrere la carota non la acchiapperebbe mai, e si industrierebbe per togliersi di dosso quel bastone, così da addentare la carota.

Il "caro prezzo" in questo caso, non volendo decidersi a far funzoinare il cervello, ma inseguendo il "piacere" senza sosta, sarebbe lo sfinirsi nel correre, e passare la sua vita correndo. Un esempio che riconosco un pò forzato rispetto al "fatto tragico", che però invece mi sembra perfettamente calzante rispetto alla necessità della conoscenza al fine di evitare inutili perdite di tempo e sofferenze. :-)

Ma tornando alla prima risposta, ti assicuro che è veramente sintetica, e quindi ermetica se vuoi. Non ricominciare ora con le speculazioni, correzioni di tiro, ecc... Vedi invece se ti suggerisce qualcosa, riflettendo su dove voglio andare a parare... DIciamo che è una mia "vendetta" al tuo indovinelo della taverna al tuo paese, quella traduzione dal latino... Eheheh

Sul Cristo in croce per il momento tralascio, che sono argomenti tosti quelli. Ma diciamo che mi piace immaginare anche io che abbia potuto rimpiangere una vita vissuta...

Sì, avremo tutti un moto di rimpianto per ciò che non si è vissuto, ma soprattutto per gli errori fatti, per i danni causati. Ed anzi, a volte penso che "l'inferno" consista semplicemente in questo, ovvero, diventando finalmente consapevoli di tutto, il dolore per le sofferenze causate, a noi e agli altri, sarà terribile.
Ma questo non mi sembra confuti quanto dico, anzi. Più riusciamo a conoscere in questa terra, meno sbaglieremo, meno il nostro inferno sarà tosto. No?
Ma tu parli forse più precisamente di "occasioni perdute" per andare appresso ad altre.
Il rimpianto è una brutta bestia, della quale secondo me è necessario liberarsene al più presto.
Cosa è una persona che vive di rimpianto, se non una persona che ha rinunciato alla vita?
Perchè fermarsi a rimpiangere? Se mi fermo a rimpiangere, quindi a dirmi "quanto sono stato stupido", perdo tempo, mi deprimo, e non miglioro. Se invece cerco di riflettere a fondo sui motivi per cui ho perso quell'occasione, ho più probabilità di scoprirne il motivo. E se pur già all'epoca sapevo che seguendo "B" avrei perso "A", ma l'ho fatto lo stesso, comunque resta il fatto che non so perchè l'ho fatto lo stesso. E allora devo ragionare su quello, e scoprirne il motivo. Ma soprattutto, non mi devo colpevolizzare, altrimenti sto male e non riesco a risolvere l'enigma. Se è andata così vuol dire che mi mancavano le informazioni necessarie per vincere quella spinta che mi porta a perdere un bene prezioso anche sapendo cosa accadrà. In altre parole, devo
 
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