trampolinotonante
ad majora....COMUNICAZIONE: i testi, i disegni, i quadri, le musiche e qualsiasi altra cosa pubblicata in questo blog sono mia produzione e, pertanto, protetta dalla legge sul diritto d'autore.
Non è il mondan romore altro ch'un fiato
di vento, ch'or vien quinci e or vien quindi,
e muta nome perché muta lato.
****** ( Purg. XI)
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Post n°97 pubblicato il 03 Agosto 2010 da trampolinotonante
************************* ******************** Il fatto tragico e la ragione
C'è voluta la tragica fine di Romeo e Giulietta per far intendere compiutamente la forza immensa dell'amore. Così ci vogliono 'ste immense tragedie delle guerre, delle stragi in Africa, delle azioni criminali dei terroristi a qualsivoglia gruppo appartengano, della strage del 2 agosto, del petrolio che fuoriesce dalle punture che si fanno alla Madre Terra, del coprifuoco sulla parola, per far capire quanto terribili e spaventose siano la corruzione, la criminalità, il malgoverno, l'essere senza Dio e senza pietà!!!! Ci si accorge dell'aria solo quando viene a mancare e si muore soffocati! E così per il dolcissimo sapore di un bacio o per l'amore di una persona! E così, ad esempio, per poter comprendere appieno il valore della libertà, bisogna perderla, esserne privi!!! Ma perchè per poter capire appieno la vera valenza sublime d'una cosa , bisogna passare sempre attraverso il fatto tragico? ************** Un caro saluto da trampolinotonante ***************** I disegni ad inchiostro rosso sono opera di trampolinotonante |
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<bt> Quando la smetteremo di scegliere i piaceri e le passioni invece che la conoscenza, allora forse impareremo ad evitare i "drammi".
Oltretutto solo la conoscenza dona i massimi piaceri, ed è essa stessa la passione più intensa. Ma questo è un segreto riservato a quei pochi che sanno di cosa parlo. E che non mi si accusi di essere presuntuoso, che tanto già lo so. ;-) Un saluto Tramp.
Dunque... vediamo un pò... Seguo e rispondo alle tue frasi una per una...
Pensiero speculativo? Perchè lo definisci speculativo? Non mi pare si possa dedurre sistematicamente che il mio pensiero sia speculativo, a partire da quell'unica mia frase. Potrebbe essere, certo, ma ritengo sia una ipotesi alquanto azzardata, non credi?
E vediamo se riesco a dimostrartelo.
Perchè dici che io vorrei eliminare dalla vita le emozioni, l’istinto, il percepire con i sensi,i drammi dell’anima,le gioie, le preoccupazioni, ecc.. a favore della sola conoscenza? Non mi pare di aver detot questo. Anzi, ho aggiunto che la conoscenza è il piacere e passione più intensi tra tutti. Forse avrei dovuto aggiungere che con la conoscenza, la consapevolezza, tutte quelle belle cose che hai elencato prima non solo si vivono come e meglio che se non si avesse conoscenza, ma addirittura si vivono molto, ma di molto più intensamente, perchè se ne conoscono le cause ed i significati profondi, piuttosto che viverle, come spesso accade, inconsapevolmente.
H l'impressione che tu contrapponga i piaceri, le gioie, e tutto ciò che c'è di bello nella vita alla conoscenza, come se scegliendo l'una ci si dovesse obbligatoriamente privare di tutit gli altri.
Non ho inteso questo. Il senso della mia frase era sottilmente diverso, ed ora te lo spiego meglio.
Molto spesso nel corso della nostra vita ci capita di dover scegliere se dedicare del tempo ad approfondire determinate conoscenze, a tentare di rispondere ad alcuni dubbi o perchè che ci balzano alla mente, oppure impiegarlo in qualcuno dei piaceri che la vita ci offre, piaceri dei quali spesso non ne conosciamo provenienza e significato, e quindi le conseguenze del goderne, ma che possiamo comunque godere.
C'è chi sceglie quasi sempre per la conoscenza, chi sceglie un pò una un pò gli altri, e chi invece, e ritengo questi ultimi siano la grande maggioranza, scelgono molto più spesso i piaceri piuttosto che la conoscenza.
Questa scelta porta a due conseguenze importanti: la prima è che ogni secondo che potrebbe essere dedicato ad acquisire conoscenza viene invece investito in altro, quindi si protrae il tempo in cui si vive senza sapere cosa si è e cosa si fà. La seconda conseguenza è che i piaceri che scegliamo, e in generale le azioni che compiamo, le decidiamo con conoscenza limitata, quindi rischiamo molto, non conoscendo a fondo le conseguenze delle nostre scelte, e spesso infati ne restiamo invischiati, dovendo pagarne i danni. Spesso si tratta di danni che coinvolgono noi stessi, altre volte coinvolgono anche altri, a volte creiamo guai veramete seri tutti da soli. Molti dei guai che ci causiamo dipendono dalla sommatoria delle mancate conoscenze delle popolazioni. questo per esempio è un periodo che mi sembra dipenda molto dalla nostra indifferenza, o ignoranza, se vuoi.
Scegliendo invece prevalentemente la conoscenza, possiamo arrivare ad un punto tale di conoscenza, di consapevolezza, che ci permette di godere di quei piaceri, di fare le nostre scelte, in modo opportuno, tale che le conseguenze delle nostrre scelte non portino dei guai a noi stessi o agli altri. Ma sopratutto, proprio perchè ne conosciamo l'essenza, possiamo godere di quei piaceri, e tutto il resto che hai elencato tu, con intensità maggiori, cogliendone tutti gli aspetti.
La ragione permette di acquisire reale conoscenza, ricercando le informazioni giuste. Questa conoscenza permette di evitare i drammi, il fatto tragico, facendo le scelte corrette, piuttosto che scelte che portano a guai come quelli di Giulietta e Romeo, e tanti altri. La ragione ti fa comprendere il valore di una ricchezza che possiedi, come la libertà o l'amore di una donna o l'aria pura, prima che tu possa perderla. Ecco la chiave della mia frase.
La ragione, e quindi la conoscenza che ne deriva, non sono solo materia cerebrale, ma parte del tutto. Se la nostra vita è condotta dalla ragione, dalla conoscenza, allora anche i piaceri di cui godremo ci eviteranno di portarci al fatto tragico, che invece sempre accade quando si scelgono i piaceri senza cognizione di causa, o quando si agisce impulsivamente senza aver imparato a conoscere la propria aggressività, le sue origini, e come controllarla.
Una ragazza che va in discoteca e dopo svariati balli e bicchieri d’alcool, quando esce dal locale con uno appena conosciuto, gli cede e perde la sua verginità alla quale mettiamo il caso, ci teneva tantissimo, è per l'appunto una incosciente, ovvero senza conoscenza. Non vedo quale altra definizione le si possa dare, non credi? E per l'appunto, essendo senza conoscenza, sceglie di ficcarsi in situazioni delle quali non ne conosce i possibili esiti, oppure, anche conoscendoli per sentito dire, sceglie di rischiare, perchè attratta dal motivo per cui i giovani vanno in discoteca e si ubriacano, senza però conoscerlo a fondo, e quindi indifesa rispetto ai possibili danni.
Meglio faceva a decidere di non andarci, in discoteca. Oppure, meglio faceva ad andarci e a non bere tutti quei bicchieri di alcool. Non credo che esista nessun giovane che non sappia le conguenze del bere troppo alcool, no? Eppre lo fanno, perchè peferiscono scegliere il piacere che dona e dimenticare la "conoscenza" delle conseguenze del bere. Ecco un esempio di scelta dei piaceri piuttostoche della conoscenza. Per esempio. Ma possiamo ragionarci ancora sopra, a quesrto esempio.
Conoscendo i pericoli dell'alcool, ma no volendo perdersi questo estremo piacere di ballare appiccicati gli uni agli altri, senza potersi muovere adeguatamente, sudaticci e mezzi soffocati per mancanza d'aria, e coi timpani fracassati, per di più rintronati dall'alcool, questa ragazza avrebbe potuto prepararsi prima, sperimentando in ambiente "sicuro" gli effetti dell'alcool, da sola o con persone fidate, imparando a conoscerlo così, a conoscere se stessa rispetto all'alcool, imparare a percepire il proprio limite di resistenza, ed ancora imparare a mantenere in qualche modo salda la ragione anche con qualche bicchiere in corpo.
Con questa esperienza forse avrebbe avuto la capacità di evitare di donare la sua verginità ad uno socnosciuto, non trovi?
E ancora, conoscendo le possibili conseguenze del bere, ed il rischio del farlo trovandosi in campo aperto, in mezzo ad estranei di tutti i tipi, avrebbe potuto uscire con amici adeguati, dei quali almeno uno "sacrificato" al restare sobrio, e col compito di sorvegliare gli altri, oltre che magari di riportarli a casa sani e salvi.
Così forse, nel momento in cui lei avesse conosciuto un straneo indiscoteca, quell'amico/a sarebbe intervenuto per evitare l'irreparabile.
Ed ancora, visto che ci teneva tanto alla sua verginità, ma visto anche che sappiamo tutti quanto potente sia il sesso, avrebbe potuto decidere di fare col sesso come con lalcool, ovvero di averne esperienza, per quanto possibile rimanendo vergine (ehehe), in ambiente "sicuro", da sola o con persone... emh... fidate... :-) Una tale conoscenza, magari unita all'altra, le avrebbe forse permesso di comprendere quando dire basta ai bicchieri o a quella conoscenza che le avrebbe poi tolto la verginità.
E mi fermo quì, perchè ne potrei dire altre, ma credo che riguardo a questo esempio dovrei aver dimostrato come la conoscenza, dell'ambiente della discoteca, degli effetti dell'alcool, del sesso, avrebbe potuto evitare l'inevitato. Ma tutot sommaot basta quella mia primarisposta, ovvero che quella ragazza è una "incosciente". Cos'altro vuoi dirle? E qual'è il significato della parola "incosciente", se non mancanza di conoscenza? :-))
Infine, quello sconosciuto che ha approfittaot di lei sapendo che era ubriaca, non lo ritieni un "incosciente"? Chi, avendo un minimo di sale in zucca, farebbe l'amore con una ragazza appena conosciuta e ubriaca, se non un incosciente? Oppure un altro ubriaco come lei, che come lei non ha voluto tener conto degli effetti del bere, nè della potenza del sesso.
Altro esempio chiaramente dipendente dalla "incoscienza".
Sappiamo tutti che a fare l'amore si "rischia" di restare incinte.
Se non si è pronti ad affrontare questa evenienza, meglio evitare allora di crearsi le situazioni tali da arrivare al punto di far l'amore, no? Oppure, meglio prevenirsi adeguatamente, informandosi correttamente su tutte le possibilit di contraccezione. Ed anche lì, torna utile l'esperienza del sesso in ambiente "controllato".
Quella donna dovrebbe anche cercare di acquisire conoscenza su come intuire se l'uomo che ha di fronte è capace di collaborare al fine di evitare che resti incinta oppure no.
Ma potrebbe anche capitare che venga stuprata in una situazione effettivamente imprevedibile.
In questo caso il problema è diverso.
Per questa donna in questo caso il fatto tragico è giunto, e obiettivamente non poteva evitarlo.
L'aspetto della conoscenza per evitare quel fatto tragico ora passa però dalla parte di chi lo ha causato, cioè dello stupratore.
Ovvio che chi stupra commette violenza, e chi commette violenza su altri non conosce se stesso, gli altri, e le conseguenze delle sue azioni, ancora più di quella ragazza della discoteca e della donna che resta incinta per non essersi premunita.
In tutti questi casi si tratta sempre di "incoscienza". E come vuoi chiamare quella madre che forza il figlio ad una professione contro la sua volontà, se non una "incosciente"?
Stessa cosa per il gioco d'azzardo. Sappiamo tutti che può diventare peggio di una droga, peggio dell'alcool, valgono quindi le stesse considerazioni. Meglio evitarlo, oppure meglio imparare a conoscere il gioco d'azzardo per gradi, riducendo i rischi al minimo, un pò come per l'alcool e per il sesso, in ambiente "controllatro" e con persone "fidate", "amiche".
Quindi, secondo me, sempre seguendo il filo della tua risposta, chi si rende conto di quello che aveva solo quando l'ha perso, è semplicemente un "incosciente", uno che non ha ragionato a sufficienza su ciò che aveva quando l'aveva, non si è mai fermato a pensare, ad immaginare, la sua vita senza quel bene a cui teneva, preso da altri interessi, piaceri, ecc...
Quindi, non ritenendo il mio pensiero speculativo, non dico, come hai scritot tu, che occorre applicarsi al pensiero speculativo per evitare i drammi. Dico che occorre conoscere. Spero che ora tu sei d'accordo con me che la mia affermazione è inerente al post.
Quale sia la preposizione inattuabile e perchè sia inatuabile, questo non mi pare tu me lo abbia spiegato, o forse mi è sfuggito.
Spero di essermi chiarito ora.
Un saluto Tramp.
Tutti quei "se", come dici tu, sono quei "se" che permettono alla maggioranza delle persone di non finire come quella ragazza, quella donna, Romeo e Giulietta, ecc...
Non mi pare che quasi tutte le ragazze finiscono in discoteca ad ubriacarsi, appartarsi con degli sconosciuti, e donare loro la verginità, no? Ragazze che si comportano così hanno già dei seri problemi per conto loro, altrimenti non sceglierebbero l'incoscienza. Tu invece la metti come se quello che ha fatto quella ragazza dosse una cosa normale. E questo secondo è una forzatura.
A me non pare di essermi attaccato a buone intenzioni, ma di aver mostrato metodi validi per evitare le "tentazioni", come dici tu.
Premesso che è ovvio che le "tentazioni" esistono, e che le persone ci cadono, condivido ovviamente il fatto che molti di quelli che perdono un bene si accorgono della sua importanza solo quando lo hanno perso.
Ma che il riconoscere l'importanza di quel bene accada solo a condizione di perderlo, come sembra si voglia intendere da questo post, allora no, su questo concetto non sono d'accordo. Non siamo tutti stupidi, o "incoscienti".
E le differenza tra chi cede alle tentazioni e chi non cede, o cede in modo oculato, sono due.
Una è quella che hai richiamato tu, ovvero credere cecamente ad una "religione" che ti faccia stare lontano da quelle tentazioni.
L'altra è quella che preferisco, ovvero la conoscenza di quelle tentazioni.
Sono entrambe valide, ma la prima ti rende schiavo di altri uomini che ti dicono in cosa devi credere e cosa devi fare nella tua vita.
La seconda invece secondo me dona la libertà, la consapevolezza, la realizzazione dell'essere umano così come Natura desidera.
In effetti, guarda caso, la stessa Bibbia mette l'uomo in condizione di scegliere tra la conoscenza e il fidarsi di Dio, mostrando come la conoscenza sia il disastro dell'uomo. Ma la Bibbia è un libro, scritto da esseri umani parecchio tempo fa, arrivato a noi dopo svariate traduzioni e passa parola, e tu sai che c'è un gioco, tra i bambini, nel quale si comincia con una frase sussurrata all'orecchio di uno, per poi arrivare alla fine della catena spesso completamente travisata.
Chissà come era scritto quel racconto in origine, e chissà cosa volesse ire realmente. E chissà se era giusta pure la versione originale, e chissà quali erano i reali scopi di chi ha scritto quel libro... Troppi dubbi sulla Bibbia. Se devo leggerla, meglio che me la leggo tenendo salda la ragione, e andando a cercare quei messaggi, che pur ci sono, ed anzi sono importantissimi, i quali risuonando di buon senso alle mie orecchie e alla ragione, mi permettono di comprendere ciò che di buono ancora è rimasto in quel libro. E non ti stà parlando uno che non l'ha letta. Guarda il mio profilo, è il primo libro tra quelli che preferisco. Non vedo molti altri che lo hanno indicato come tale, ani, finora non mi pare di averne visto nessuno.
Che poi dubiti che il mio vero intento era questo che ti ho spiegato col precedente intervento, ma solo un tentativo di raddrizzare il tiro, beh, se pensi questo mi dispiace, primo perchè dubiti della mia onestà intellettuale, e secondo perchè, con tutte le spiegazioni articolate e dettagliate che ti ho dato, avresti dovuto comprendere che c'è anche molto di più dietro cià che ti ho scritto, che non si tratta di una semplice correzione di tiro, ma proprio di quello che intendevo dire.
Comunque, anche ammettendo che fosse una semplice correzione di tiro, ho scritto qualcosa di ben preciso, e l'eventuale motivo della correzione di tiro non è sufficiente per evitare di discuterne.
E così continui a farmi dire cose che non ho detto, come ":.. a sto mondo è meglio che ci dedichiamo alle attività di pensiero , che sono di gran lunga più interessanti...".
Ovvio che se questa è la tua intepretazione di quello che ho scritto, col tuo post concordo che non c'entra nulla. Ma non è quello che intendevo dire. Quì è questione di buona fee nell'altro, e se questa non c'è è difficile intendersi.
Ma ti dò ancora una possibilità, perchè la logica può aiutare in questi casi. Ipotizza che sia come dici tu riguardo alla mia prima intenzione. Nella mia spiegazione successiva do un altro concetto però, e l'hai riconosciuto pure tu, visto che hai scritto che ho corretot il tiro. E allora parliamo di quel secondo concetto, ovvero di come evitare le tentazioni conoscendole.
Ma ho aggiunto anche un altro concetto, che tu hai sottovalutato, e che invece secondo me è importantissimo, perchè permette proprio di risolvere alla fonte il problema delle "tentazioni" che portano poi ai drammi.
Il secondo concetto che ho espresso è che non c'è necessità di evitarle, quelle tentazioni, quei piaceri, ma solo di "informarsi" prima, di conoscerli prima, in modo di poterne godere senza danni.
Ovvero, per evitare i "drammi" sarebbe sufficiente avere un poco di pazienza, avvicinarsi alle tentazioni come fanno i gatti con la preda, annusarle, attingerne poco a poco, per cominciare a conoscerle, scoprire di quelle tentazioni ciò che si può prima di incappare in quei famosi drammi, insomma, "conoscerle".
Questa pazienza, questo temporaneo rinvio del godimento di quel piacere in favore del tempo da dedicare alla sua conoscenza, e ai danni che può causare se non goduto in tempi e luoghi e modi corretti, è secondo me la risposta a questo post. E non mi pare un concetto da poco o non inerente.
Se invece tu vuoi semplicemente ribadire che spesso ci si accorge del valore di un bene solo dopo che si è perso, senza sviscerare il concetto nella direzione positiva del come evitarlo, e quindi imparare a scoprire l'importanza di quel bene prima di perderlo, a patto che si utilizzi la parola "spesso", e non "sempre", ok, ci stò, ma va in contrasto con la tua domanda finale:
"Ma perchè per poter capire appieno la vera valenza sublime d'una cosa , bisogna passare sempre attraverso il fatto tragico?"
Vogliamo ricominciare da capo e fare un passo alla volta?
Ok, e allora ti contesto quella parola, "sempre", e ti chiedo di dimostrare che è così, mentre io invece ritengo che "a volte" sono necessari i drammi, ovvero proprio quando è mancata la conoscenza, mentre più spesso non ce ne è bisogno, perchè la ragione, il buon senso, ci fanno comprendere il vero valore di un bene prima di perderlo.
Se poi volevi portare il discorso sulla "assuefazione" a quel bene, tale da farne dimenticare il valore, allora possiamo anche affrontare questo, di discorso, ma io l'ho saltato a piè pari, che tanto anche su questo aspetto finisco per risolverlo con la "conoscenza" come soluzione.
E se infine vogliamo discutere delle indicazioni della Bibbia, riguardo ad Adamo ed Eva, e del Vangelo, riguardo al motivo per cui Cristo sarebbe sceso in terra, come lasci intendere tu dal maiuscolo di tuoi riporti, allora prepariamoci, perchè sarà una lunga battaglia.
Se mi dai l'ok ti rispondo, ma sai a cosa andremo incontro vero? ;-)
Una ultima precisazione, sull'errore, la confessione, l'ìespiazione ed il perdono, visto che li hai citati. La Chiesa non ha inventato nulla. L'errore, inteso come azione che ha causato il "dramma", è un concetto che esiste di per sè, a prescindere dalla chiesa, la quale invece ne dà un senso "peccaminoso". La confessione, per quanto ne so, in origine era semplicemente, tra i cristiani, il raccontare in pubblico l'origine dei propri guai o di quelli causati agli altri. E in pubblico, non in privato. La "privatizzazione" di questo importantissimo gesto è opera della chiesa cattolica. La "pubblicità" del gesto permette di portare a conoscenza della comunità, attenzione, "conoscenza" ( e quindi torniamo al mio discorso, che se continui a ritenere una correzione di tiro allora sei proprio tosto, eheheh), le cause di quanto ha portato guai e disgrazie alla comunità stessa o a singoi individui. Ma anche semplicemente portare a conoscenza degli altri di cosa accade nei pensieri dell'individuo.
E mi pare ovvio, anche se puoi confutarmelo, che tutto ciò ha semp're a che fare con il concetto di acquisire conoscenza, su se stessi, sugli altri, sulle cause dei guai, al fine di evitare di caderci o ricaderci, e comportarsi "rettamente".
Sul perdono non ne parlo quì, altrimenti si apre un capitolo a parte che veramente stavolta esula dal post, ma sulla espiazione, che spesso si dimentica che è necessario tassello di questo percorso, qualcosa la devo dire.
Ogni guaio combinato porta danni. E questi danni qualcuino prima o poi li paga. L'espiazione è necessaria e dovuta, al fine di evitare che quei danni vengano pagati da chi non c'entra nulla. Ma soprattutto, al fine di liberare chi ha commesso il fattaccio dalla colpa che altrimenti lo perseguiterebbe per la vita, perchè non basta il perdono, è necessaria anche l'espiazione. E sia chiaro, non intendo una espiazine qualsiasi, tipo dire 2.000 Ave Maria, ovveor distaccata dal fattaccio in sè. L'espiazione deve riparare il danno commesso, e quando non è più possibile, allora consiste nel farsi carico delle conseguenze di quel fattaccio, cercando di ridurle al minimo, e di non trasferirle ad altri.
Come vedi, anche i primi cristiani tendevano alla conoscenza. E la chiesa cattolica invece ha trasformato questo importantissimo concetto della confessione in modo che perdesse il suo valore profondo e utile, impedendo la conoscenza.
Beh, non ce la faccio più a scrivere. Quindi ti saluto quì. A presto Tramp.
Le premesse quindi per andare avanti, e provare a cercare una risposta valida alla tua domanda, possibilmente alla fine del confronto condivisa da entrambi, mi sembra ci sono tutte. Vediamo se riusciamo ad arrivare a qualcosa di condivisibile da entrambi. Te lo dico perchè se pur ora hai posto delle obiezioni valide, ritengo ci siano delle tue affermazioni che secondo me contengono alcune "esagerazioni" da te stesso correggibili, spero, una votla che te le avrò evidenziate, ma che proprio per questo spero ti obbligheranno ad una ulteriore analisi, così come tu ora hai positivamente obbligato me a farlo.
In realtà, rileggendo il mio commento precedente, avevo già evidenziato qualche Obiezione che avrei potuto farmi, e speravo che me le facessi tu, perchè farmele da solo e poi rispondermi mi sembrava un poco pretestuoso, eheheh.
Ma andiamo al sodo! Come prima, seguirò le tue frasi così come le hai esposte, e discuterò ciò che a me sembra correggibile, mentre lì dove non evidenzio lo prendo come condiviso. Tienine conto quindi, leggendomi, non pensare che se salto qualche tua affermazione sia perchè non voglio affrontarla, ma nanzi è esattamente il contrario, e lo faccio giusto per non scrivere chilometri di parole. Vabbè che già solo con la premessa... Bah... Quando imparerò ad essere sintetico... Boh... ;-))
Allora... A fronte della mia contestazione su quel "sempre", tu hai in qualche modo modificato, almeno mi sembra, il concetto iniziale. Ovvero, se la tua domanda era prima "Ma perchè per poter capire appieno la vera valenza sublime d'una cosa , bisogna passare sempre attraverso il fatto tragico?", adesso il concetto diventa un'altro: "tutti siamo soggetti ad errori e tutti ne abbiamo commessi o li commetteremo". E se mi dici questo, io lo firmo e controfirmo. Ma contino a confutare la prima tua domanda. Ovvero, rispetto alla tua successiva affermazione, per legarle insieme, devo dire che non mi pare che per ogni errore che commettiamo perdiamo un bene prezioso, e a volte non perdiamo alcun bene, semplicemente commettiamo un errore, che magari danneggia altri piuttosto che noi, ma che non ci priva di alcun bene. Inoltre, pur se perdiamo un bene, a volte è un bene di poco conto, anzi, per fortuna molto spesso, e quindi poco ci duole se accade, e a volte invece è un bene prezioso, ovvero credo il tema base di questo post, e allora è questo ultimo caso da analizzare. Ma ripeto, anzi chiarisco a mia volta, la perdita di un bene che si ritiene prezioso, come potrebbe essere l'amore, la libertà, e simili, è qualcosa che ritengo non capiti sempre, come dici tu, ma solo ad alcuni e soo in particolari casi, inconsciamente cercati oppure per puro caso.
Sì, io voglio proprio dire questo, che se conoscessimo tutto, non commetteremmo errori. Ora però ferma subito il tuo cervello, non partire in quarta, e aspetta di leggere attentamente quello che segue, altrimenti mi prendi per un illuso idealista, eheheh
Io ho la brutta abitudine di scrivere subito frasi ad effetto, interpretabili diversamente, per il mio maledetto spirito polemico, perchè mi piace veder l'altro cadere nei soliti pregiudizi, per poi dilettarmi malignamente a fargli comprendere che tocca aspettare, e sviscerare, per comprendere realmente il pensiero dellì'altro, e soprattutto avere buona fede. Purtroppo spesso e volentieri la prima interpretazione di chi legge resta impressa e non è capace di superare quel limite. Questo mio viziaccio lo ritengo utile per mostrare come è facile cadere velocemente in pregiudizi, ma funzina solo con persone tignose, che amano andare a fondo dei discorsi, che non mollano l'osso, che oltre ad essere sicuri di sè amano convincere gli altri, ma che soprattutto pongono la logica, la verità, al di sopra di tutto, e quindi sono capaci di modificare il proprio pensiero, se ritengono sia necessario. :-) Dunque, ora ti spiego meglio 'sta storia della conoscenza del tutto, se ci riesco. Non è per niente facile, perchè complessa è questa realtà di cui discutiamo, ma ci provo.
Ti premetto che è ovvio che la conoscenza del tutto è qualcosa che se utopico non è, poco ci manca, qundi mi rendo perfettament conto della teoricità di quello che sto per dire ora, ma lo devo dire, e poi lo applichiamo alla realtà. Tu seguimi.. ;-)
Dicevo, credo si possa affermare, ragionando in teoria, che se fosse possibile conoscere tutto, si potrebbero conoscere le conseguenze di nostre eventuali azioni già prima che le compiamo, il che ci permette di poter scegliere. E questo è già qualcosa rispetto al non conoscere. Devi riconoscere che, se è vero che anche "conoscendo" a volte o spesso si cade lo stesso in errore, e questo ti premetto che lo sottoscrivo, ma lo sviscero poi, è comunque una possibilità in più che si ha, rispetto al non "conoscere". Secondo me, se fosse possibile creare un test tipo quello sui nuovi farmaci, ovvero due gruppi di persone, un gruppo comploetamente ignaro delle ocnseguenze di una "forte tentazione" che verrà a loro sottoposta, e l'altro invece opportunamente istruito ed allenato a questa, una volta che la "forte tentazione" venga "somministrata" ai due gruppi i risultati sarebbero differenti. Se pur ci metto la mano sul fuoco che anche nel gruppo dei "coscienti" qualcuno cadrà nella tentazione, saranno molti di meno rispetto a quelli del secondo gruppo. Tu che ne pensi, tenuto ovviamente che è un esperimento ovviamente forse impossibile da realizzare?
Ovvero, per riportarlo a qualcosa di più concreto e semplice, se in una società fosse tenuta in maggior conto la conoscenza, in modo che fosse più diffusa, probabilmente accadrebbero meno "fatti tragici" di quelli che accadono in una società dove la conoscenza è tenuta meno in conto, o addirittura contrastata (ed ogni riferimento alla società attuale è puramente voluto) :-) . E spero bene che tu non abbia a contestare questa affermazione, ma riconoscere che è ragionevole.
Ma ora torniamo dalla teoria alla realtà e facciamo un passo alla volta.
Riconosco che ci sono persone e situazioni in cui, pur conscendo gli effetti disastrosi di una azione, la si compie lo stesso. Per esempio sappiamo tutti che con una alimentazione eccessiva si và incontro a malattie, almeno in veneranda età. Eppure siamo sempre più contornati da obesi, avvicinandosi sempre più alla società americana. Ma gli obesi non sono la maggioranza. Sappiamo da giovani che se non ci impegnamo nello studio avremo più difficoltà nel lavoro, eppure tanti giovani interrompono gli studi prima delle superiori, ma non sono la maggioranza. Mentre molti meno proseguono con l'università, ma lì cominciano ad entrarci fattori economici, e di selezione mirata. Dovremmo sapere, specie noi della nostra generazione, dopo decenni che li abbiamo visti all'opera, che quello della politica attuale è principalmente un teatrino orchestrato dai veri poteri economici che manovrano i burattini, eppure continuiamo a votare sempre lo stesso colore, come venti o trenta anni fa, con poche variazioni, senza prendere alcuna iniziativa, ma lasciando che altri prendano l'iniiativa e ci comandino, rinunciando alla nostra piena sovranità sancita dalla costituzione, che non ci invita solo a votare, ma anche a realizzarci nella partecipazione attiva alla politica. Ma che Dio ce ne guardi... Eheheh Fra un pò, se và avanti così, rischiamo di perdere anche quel poco di libertà che ci è rimasta, ma sono sicuro che quando accadrà non capiremo che è stata anche e soprattutto colpa nostra, perchè non abbiamo fatot nulla per evitarlo, ma cercheremo di dare la oclpa alla sinistra, alla destra, a Berlusocni, a Bersani, ai russi, agli americani, ecc... Sappiamo che, essendo sposati, se frequentiamo troppo una persona che ci attira particolarmente, e che ricambia, prima o poi cadremo nel tradimento, eppure lasciamo che accada, per arrivare poi a distruggere una famiglia, e perdere quel bene prezioso che ci eravamo dimenticati. Ma non tutti, non sempre, solo alcuni e solo a volte. Ultimamente mi pare capiti sempre più spesso, a dire il vero, guardandomi intorno e notando come le coppie sposate e con figli attorno a me cadono a fiocchi, lasciandomi almeno per ora a malapena tra i pochi sopravvissuti, e non con grosse difficoltà. ;-) O semplicemente, facciamo l'esempio di un alcolizzato, che sa che prima o poi morirà di cerrosi epatica, mentre intanto si è rovinato una vita, eppure continua.
Come vedi, non mi pare di non rendermi conto di quello che suggerisci, con il tuo post. Non mi pare di vivere tra le nuvole (i gabbiani preferiscono il cielo azzurro, eheheh).
Ma allora, perchè continuiamo a sbagliare anche conoscendo le conseguenze prima di sbagliare?
Attenzione, dopo quanto chiarito da te e da me, la vera domanda assumo ora che sia questa, e non quella alla fine del tuo post, contestabile nei termini che ti ho evidenziato. Perchè ritengo non sia sempre vero che ci si rende conto di un bene solo dopo che si è perso, ma che a volte lo si perde anche conoscendo bene il suo valore. E a volte si ha la fortuna di vivere tutta la vita senza perdere alcuno dei beni che si ritengono importanti. Questo non è detto che coincida con l'essere felici, tanto per anticiparti la prossima risposta. Magari sereni, o addirittura infelici, ma senza mai avere perso alcun bene particolare, o perchè quei beni che si son tenuti ben stretti non corrispondono in realtà a quelli necessari per la felicità, o perchè quelli importanti non si sono mai avuti, e quindi neanche persi.
Per cominciare a rispondere a questa domanda, torniamo ora all'esempio della ragazza che in discoteca si ubriaca e dona la sua verginità in un modo che da sobria non avrebbe desiderato.
Giustamente tu mi fai l'esempio di quella ragazza che conosce bene tutti i rischi, e per confutarmi fai anche l'esempio di quella ragazza che prima frequenta la discoteca più volte, poi comincia pure a bere, una volta un bicchiere, un'altra volta, due, ecc... E quindi piano piano arriva a combinare il fattaccio. Ovviamente ha avuto tutto il tempo di conoscere i rischi a cui andava incontro. Ma ha sbagliato lo stesso.
Vorrei precisare che lo spirito con il quale lo avrebbe dovuto fare la "mia" ragazza è quello di una persona libera, serena, curiosa, attenta, molto osservatrice, e che quindi non sente la necessità di scappare da nulla, perchè in pace con sè stessa. La "tua" ragazza invece, compie tutti questi passi spinta dalla situazione, dagli amici, dal desiderio dell'oblio e dell'abbandono, in ultima analisi da un desiderio di fuga dalla realtà. Questo te lo avevo già accennato nel mio precedente commento, quando dicevo che quella ragazza aveva sicuramente dei problemi, perchè altrimenti non si sarebbe ficcata in quella situazione. Continuo inoltre a "contestarti". Tu mi poni l'esempio del progressivo perdersi con spinelli, poi coca, ecc... Ma anche quelle ragazze, non sono mica la maggioranza, per fortuna, anche se mi pare che la situazione oggi stia velocemente peggiorando. Quindi, ribadisco che non è vero che "tutti" vanno in discoteca, si ubriacano, si spinellano, sniffano, e poi donano la propria verginità ai primi che passano. MOlti riescono ad evitarlo, per fortuna. COsì come molti riescono a non tradire il proprio partner, a non perdere tutto al gioco, a non ritrovarsi in galera per truffa, ecc...
Ma questa mia confutazione è solo per onor della precisione, perchè ora comincerò ad avvicinarmi a quello che tu secondo me intendi, e che riconosco anche io.
Se è vero che sono una minoranza quelli che si "perdono" presi singolarmente in discoteca, o nel gioco, o nell'alcool, o nel tradimento, o nella illegalità, è pur vero che se mettiamo insieme quelli che si "perdono" in una qualsiasi di queste "tentazioni", cominciano ad essere molti di più.
E se ci aggiungiamo poi quelli che almeno a prima vista non sembra abbiano perso nulla, mi chiedo in quanti casi potremo affermare che siano persone felici, o che piuttosto siano persone che per "avidità" non hanno goduto appieno nulla della vita, attaccati ai loro pochi "beni", rinunciando ad altri valori, oppure, "timorosi", hanno seguito alla lettera, da bravi bigotti, tutte le raccomandazioni del prete, arrivando alla fine della loro vita senza sapere che non hanno vissuto, e comunque anche loro con molti cadaveri nell'armadio, per nascondere le loro ipocrisie. O ancora, quanti rifuggono i sentimenti, e quindi la vita vera, dedicandosi unicamente alla conoscenza come via di fuga e di consolazione? (ovvero ciò di cui mi "accusavi" all'inizio, ma che anche io, come soluzione, la metto tra quelle "infelici"). Ti ci aggiungo anche una variante, ovvero quelli che si dedicano di buona lena alla conoscenza, pur non volendo evitare i piaceri, ma non trovano via d'uscita e pur non "cedendo" mai, perchè consapevoli delle conseguenze, così facendo passano una vita a metà, non vissuta, per cui anche loro hanno alla fine perso qualcosa di prezioso.
Ed ecco che ci avviciniamo a quello che vuoi alla fine intendere tu, che scopri chiaramente quando mi rispondi, alla domanda che mi fai, "E perché non ti rendi conto che tutti abbiamo l’infelicità latente o manifesta conseguente agli interrogativi sul perché dell’esistenza."
Ma da quanto ti ho scritto prima mi sembra di averti dimostrato che invece mi rendo ben conto che ne nessuno di noi è felice. E per darti insospettabile sicurezza di questo, ti invito a leggere questo mio vecchio post, scritto in tempi non sospetti: Clicca quà!. Questo mio post finisce col concetto che "nessuno potrà mai essere felice finchè esisterà anche uno solo non felice". Ma spiegare in dettaglio questo concetto necessità altri 3 o 4 milioni di righe, eheheh. Ti basti a dimostrazione che è un problema che non solo tengo in gran conto, ma è per me il problema dei problemi, al quale tento di dare delle risposte, e se sto quì a scrivere fiumi di parole, indovina un pò perchè lo faccio? ;-)
Quindi, a questo punto correggiamo ulteriormente la domanda, se sei d'accordo: "perchè siamo tutti infelici"?
Torniamo ora un attimo indietro, sempre a quella dannata ragazza della discoteca. Sia che le capiti tutto d'improvviso, sia che ci arrivi passo passo, stà di fatto che quella ragazza ha sicuramente dei seri problemi, perchè capita a pochi di finire come lei.
E allora, quali potrebbero essere questi problemi?
Sono sicuramente dei problemi che la fanno star male, e che la spingono a cercare una via di fuga, di oblio (rumore, alcool, droga) e insieme di speranza, seppur ridotta, del tipo "accontentiamoci di questo piacere ridotto e che porterà delle conseguenze" rispetto alla ormai definitiva sfiducia nella possibilità di una felicità. Ma questo è un caso particolare, così come quello dell'alcoolista, e simili. In tutti questi casi se andiamo a guardare scopriamo sempre una qualche situazione di stress particolar,e rispetto alla norma (genitori troppo autoritari o troppo assenti, esperienze traumatiche, ecc...), Meno particolare, e che sembra tendere alla maggioranza ormai, è il caso di chi rinuncia alla famiglia o la pone in secondo piano per avviarsi ad una nuova storia d'amore e di passione. Così come il caso di chi crede che la "carriera" lavorativa, o la "ricchezza", diano la felicità, ecc... E poi c'è la schiera di tutti quelli che sin da piccoli hanno vissuto una vita rinunciataria, senza mai essere protagonisti, anche nel loro piccolo, senza mai decidere assumendosene le responsabilità, per paura delle conseguenze, che ormai alla fine della loro vita ancora aspettano il principe azzurro, o l'occasione che li realizzerà nel lavoro o nella politica o nella società, e che quindi, invece di crearsela, la vita, "cedono" a quasi ogni novità che sembra prospettare la felicità, prendendo però puntualmente la mazzata, e quindi cadendo sempre più nel vortice della depressione.
Beh, tutte queste infelicità, secondo me, provengono proprio da quella difficoltà di dare una risposta sul perchè dell'esistenza. E visto che mi pare che sia proprio quello che dici tu, spero che non mi chiedi di dimostrare come sia questa la causa di tutti questi mali che ho elencato, e in particolare di quanto evidenzi tu nel post.
Ma a questo punto, scusami, ma non ti sembra che vieni a confermare la mia frase iniziale?
Cosa ho detto io? "La conoscenza ci evita i mali". Tu cosa stai dicendo (correggimi se sbaglio)? "L'infelicità dipende dalla nostra difficoltà nel rispondere agli interrogativi sul perchè dell'esistenza". Ma se non riusciamo a rispondere agli interrogativi sul perchè dell'esistenza, è proprio perchè non abbiamo la conoscenza delle risposte. E quindi, a me sembra che proprio tu confermi la mia frase iniziale, che ovviamente a questo punto mostra molto più di quanto ti sembrava mostrare all'inizio, ed anche rispetto alla seconda interpretazione che ne hai dato. ;-)
Certo, anche ora mi puoi accusare di aver corretto nuovamente il tiro, eheheh. Però, non ti sembra strano che siamo tornati a quel punto? Oltretutto ti potrei rispondere esattamente come ti ho risposto prima, ovvero che di argomentazioni, per arrivare a questo punto, ne ho sviscerate a iosa, mi sembra, quindi comincia ad essere una ipotesi molto meno probabile che il mio ragionamento sia speculativo quanto tu dici, non trovi? Infine, torno a dirti che, pur ammettendo che anche stavolta io abbia corretto il tiro, mi pare che quanto affermato ora non sia cosa da sottovalutare, e meritevole di essere analizzata, o no?
Piccola parentesi: se vuoi, se ti và, possiamo affrontare direttamente il tema di quegli interrogativi, che una mia idea di risposta ce l'ho, se pur parziale. Non mi dispiacerebbe confrontarla con eventuali tue risposte, e vedere cosa ne esce fuori. Vedi tu. Ma ora proseguo con le risposte ale tue affermazioni e non approfondisco questo tema...
, anche se proprio le succesive risposte che ti darò credo diano una indicazione della mia risposta a quegli interrogativi.
Prima di andare avanti però devo aggiungere una osservazione su cui credo sia interessante riflettere, riguardo alla consistenza di quei famosi "beni" che perdiamo.
Ovvero, attenzione, perchè molti di quei beni che riteniamo preziosi sono delle creazioni dell'essere umano, sia quelli che possono essere assimilati a cose percepibili, che hanno una forma e un peso, sia quelli che definiamo come "valori", o "sentimenti". RIguardo ai beni "materiali", beh, mi sembra ovvio che la creazione da parte di un bene materiale che in natura non è previsto porta a tutta una serie di sforzi, da parte dell'essere umano stesso, che lo rendono schiavo di quel bene, per crearlo, mantenerlo, difenderlo, riprodurlo, accrescerlo. E questi sforzi, proprio perchè non naturali, ci "snaturano", ci allontanano dall'equilibrio originario, previsto dalla natura stessa, o Dio, o come lo vuoi chiamare. Ma la Natura è anche dentro di noi, e quindi preme in continuazione per farci abbandonare quei "beni", e prima o poi vince. QUesta lotta interiore ci rende infelici, e prima o poi ci spinge a compiere azioni che ci portano ad abbandonare quei beni. Ecco una possibile spiegazione del perchè a volte compiamo azioni che ci faranno perdere un bene anche sapendo cosa accadrà.
Al proposito, a volte il motivo per cui si perde un bene è addirittura il non voler perderne un altro. Un pò come le mucche, o i cavalli, che non scappano quando la stalla è in fiamme. Vedevo proprio stasera di sfuggita il film "Jefferson in Paris", o qualcosa di simile. Mentre cominciavano le ribellioni tra il popolo, e sembrava ormai imminente la rivoluzione, una americana chiedeva ad un membro della corte del re perchè non scappassero. E lui rispose che è difficile scappare verso l'ignoto, cominciare un'altra vita piena di stenti, e lasciare tutti quegli agi di ricchezza e lusso spensierato. E per questo perderanno la vita...
Se ci ricordassimo che quei beni a cui ci attacchiamo non sono naturali, sapremmo certamente gestirli meglio, essendo consapevoli che possederli ci richiede degli sforzi non naturali, e magari anche essere disposti ad abbandonarli, se il disagio diventa eccessivo, o se rischiamo di perdere beni più importanti. Ma chi se lo ricorda, che quasi tutto ciò che ci circonda in questa società ce lo siamo creato noi, e che quindi ha un suo "costo" in termini di "snaturamento"? Che viviamo in una società che di naturale ormai ha praticamente nulla? Pensa un pò quanto può essere pesante il disagio di fondo, "latente", per usare una parola che hai usato tu. Noi crediamo che chissà cosa sia questo disagio, e magari dipende semplicemente, almeno in buona parte, dal nostro eccessivo distacco dalla natura. Riguardo a questo genere di beni quindi la soluzione stà nella conoscenza della loro origine, e quindi la comprensione che non essendo naturali, armonici con il Creato, ci creano, in ultima analisi, più sofferenze che benefici. Se riuscissimo in qualche modo a misurarli, questi benefici e sofferenze, e risultassero maggiori le sofferenze, rispetto al non averli, non credi che decideremmo di farne a meno? Guarda caso, quando ci hanno prospettato l'era del consumismo, negli anni 50, 60, sembrava tutto così bello, a riguardare quei caroselli che ci invogliavano ad acquistare le prime 500, le lavastoviglie, ecc... Ma mica ci hanno detto a cosa andavamo incontro. E così ora mica ci dicono da dove provengono le nostre Nike, i nostri panini di MC Donald, i nostri cellulari, e la benzina per l'auto. Per scoprire che provengono dallo sfruttamento di esseri umani, pure donne e bambini, dei territori, inquinando le falde acquifere, dispensando quindi epidemie e morte, obbligando alla emigrazione, e quindi ai flussi che ci stanno invadendo, creando scontento e attriti quì, ma anche disoccupazione e povertà locale, perchè le multinazionali stanno distruggendo i mercati locali, ecc... Eppure, tutto ciò è ormai visibile. Perchè non reagiamo? Perchè non vogliamo abbandonare le nostre comodità, così come la corte al tempo della rivoluzoine francese. Ma finiremo per perdere la libertà, la serenità, la voglia di vivere, ed anzi molti già l'hanno persa. Tutto questo a causa della mancata informazione dei media, quindi della mancata conoscenza, ma anche del nostro attaccamento a beni illusori.
Riguardo ai beni "immateriali", ai "valori", "sentimenti", come la libertà, l'amore, ecc... ricordiamoci che sono parole, da noi inventate, le quali esprimono concetti sempre da noi definiti, e con immensa difficoltà, tanto che le discussioni si sprecano dall'era dei tempi sul significato dell'amore o della libertà. Ma se si discute così tato sul loro significato, non può essere che forse non li conosciamo abbastanza? O addirittura non può essere che non esistono, o almeno non esistono così come grosso modo ce li concepiamo nel nostro cervello? E se è così, non può essere che la nostra infelicità dipenda dal fatto che inseguiamo dei valori che non esistono, perchè quelli reali sono diversi da quelli che inseguiamo? Se fosse vero la soluzione sarebbe quella di smetterla di pensare alla libertà, o all'amore, così come ci abbiamo pensato finora, e provare ad indagare con logica e razionalità che cosa siano veramente, per conto nostro, magari scoprendo che non esistono, oppure che esistono ma sono tutt'altra cosa rispetto a quello che abbiamo conosciuto finora. Sicuramente è un problema riportabile alla "conoscenza", anche questo. Almeno mi sembra. No?
Ed anche riguardo a questi concetti, se vuoi, possiao approfondire per tentare di comprendere cosa siano realmente o se addirittura esistano, ma non ora, ovviamente.
Sì, vero, tutti desideriamo qualcosa di piacevole, anche se "peccaminoso", sapendo di doverla pagare a caro prezzo.
E quì arriviamo ancora più vicini al nocciolo della tua questione. Perchè siamo "tentati" e cadiamo in "tentazione" anche conoscendone le conseguenze?
Beh, io una risposta ce l'ho. E dora te la dò, in formato sintetico, come la prima che ti ho dato. :-) Sta a te provare ad intuire cosa c'è dietro, oppure provare a scardinarla subito senza prima sviscerarla.
Attento però che rischi come prima di toppare, supponendo che io la faccia troppo facile, eheheh...
Potrei sviscerarla subito, ma mi sembra di aver scritot già troppo, e nun ce la faccio più, quindi rimando alla successiva risposta, se vorrai approfondire questa mia risposta che ora ti dò. Ma tieni conto che in parte, indirettamente, ti ho già risposto prima. Se approfondiremo te ne renderai conto, forse.
In ciò che crediamo di desiderare è nascosto ciò che desideriamo realmente, e che è giusto e naturale desiderare, per questo ne siamo attratti e cediamo alla tentazione, è il "richiammo della nostra natura". Ma non conoscendo in realtà cosa desideriamo, e ancora peggio credendo di conoscere ciò che crediamo di desiderare, sbagliamo, rimediandoci i famosi "fatti tragici".
Ti dò anche un'altra risposta.
Noi siamo come quell'asinello al quale è stato legato un bastone all'apice del quale spunta una carota che pende davanti ai suoi occhi. L'asinello corre per prenderla, ma non ci arriverà mai, finchè non si accorgerà che è legata a quel bastone, quindi a lui stesso, e quindi è lui stesso che rincorrendola la allontana da lui. Fermandosi un attimo, resistendo per un poco alla tentazione della carota, osservando meglio la situazione, verrebbe a "conoscenza" dell'esistenza del bastone, che è legato alla carota, e quindi, ad una analisi più accurata, anche a lui. Comprenderebbe che continuando a rincorrere la carota non la acchiapperebbe mai, e si industrierebbe per togliersi di dosso quel bastone, così da addentare la carota.
Il "caro prezzo" in questo caso, non volendo decidersi a far funzoinare il cervello, ma inseguendo il "piacere" senza sosta, sarebbe lo sfinirsi nel correre, e passare la sua vita correndo. Un esempio che riconosco un pò forzato rispetto al "fatto tragico", che però invece mi sembra perfettamente calzante rispetto alla necessità della conoscenza al fine di evitare inutili perdite di tempo e sofferenze. :-)
Ma tornando alla prima risposta, ti assicuro che è veramente sintetica, e quindi ermetica se vuoi. Non ricominciare ora con le speculazioni, correzioni di tiro, ecc... Vedi invece se ti suggerisce qualcosa, riflettendo su dove voglio andare a parare... DIciamo che è una mia "vendetta" al tuo indovinelo della taverna al tuo paese, quella traduzione dal latino... Eheheh
Sul Cristo in croce per il momento tralascio, che sono argomenti tosti quelli. Ma diciamo che mi piace immaginare anche io che abbia potuto rimpiangere una vita vissuta...
Sì, avremo tutti un moto di rimpianto per ciò che non si è vissuto, ma soprattutto per gli errori fatti, per i danni causati. Ed anzi, a volte penso che "l'inferno" consista semplicemente in questo, ovvero, diventando finalmente consapevoli di tutto, il dolore per le sofferenze causate, a noi e agli altri, sarà terribile.
Ma questo non mi sembra confuti quanto dico, anzi. Più riusciamo a conoscere in questa terra, meno sbaglieremo, meno il nostro inferno sarà tosto. No?
Ma tu parli forse più precisamente di "occasioni perdute" per andare appresso ad altre.
Il rimpianto è una brutta bestia, della quale secondo me è necessario liberarsene al più presto.
Cosa è una persona che vive di rimpianto, se non una persona che ha rinunciato alla vita?
Perchè fermarsi a rimpiangere? Se mi fermo a rimpiangere, quindi a dirmi "quanto sono stato stupido", perdo tempo, mi deprimo, e non miglioro. Se invece cerco di riflettere a fondo sui motivi per cui ho perso quell'occasione, ho più probabilità di scoprirne il motivo. E se pur già all'epoca sapevo che seguendo "B" avrei perso "A", ma l'ho fatto lo stesso, comunque resta il fatto che non so perchè l'ho fatto lo stesso. E allora devo ragionare su quello, e scoprirne il motivo. Ma soprattutto, non mi devo colpevolizzare, altrimenti sto male e non riesco a risolvere l'enigma. Se è andata così vuol dire che mi mancavano le informazioni necessarie per vincere quella spinta che mi porta a perdere un bene prezioso anche sapendo cosa accadrà. In altre parole, devo
Ma credo ci sia anche un altra cosa da dire, forse la più importante. Allo stato attuale della vita sulla terra pare che la felicità sia impossibile, pare che il sistema di vita che ci siamo creati, o che hanno creato per noi, sia incompatibile con la nostra felicità. Se si può fare qualcosa o meno per migliorare la situazione, non lo so, anche se comunque io ci provo. Questa infelicità vale per tutti, e su questo mi pare siamo d'accordo. Questo vuol dire che in qualche modo il perdere un qualche bene prezioso non è un problema solo mio personale, ma che riguarda tutti. E' quindi qualcosa di universale, non è uno scherzo, o qualcosa che posso risolvere singolarmente andando dallo psicanalista, che oltretutto magari starà pure peggio di me, o dal prete, che di questi tempi poi, poraccio... Quindi, una volta avuta questa consapevolezza, mi metto l'anima in pace, del tipo "mal comune mezzo gaudio", e invece di disperarmi, dando le colpe a come sono fatto io, o alla sorte, o a che so io, comprendo che il problema è grosso, riguarda tutti, è qualcosa di esistenziale, e quindi mi metto a cercarne la risposta di buona lena, e soprattutto correggendo il tiro, non più cercando solo in me stesso, ma anche negli altri, in tutta la realtà. E magari cerco di scambiare informazioni con altri, sull'argomento, visto che è problema di tutti. Nel frattmepo, visto che il problema è così grosso, non mi colpevolizzo più di tanto, e neanche rimpiango nulla, che tanto era previsto e obbligato che prima o poi finissi per perdere qualche bene prezioso. Piuttosto, mi metto nella condizione di vivere questa vita non più come una specie di ossevatore esterno, anzi peggio, un predatore, che cerca di achiappare dalla vita stessa tutte le occasioni che può. Bensì, elevo la mia vita a "sacra", compio un "sacrificio", e la dedico ala ricerca della Verità. In questo "sacrifico" ci metto anche il dover perdere delle occasioni, tanto pare che doveva succedere...
La sfida ora è scoprire il gioco, e capire perchè siamo costretti a "soffrire". E' l'unica possibilità che rimane, forse, per evitare di soffrire oltre. Scoprendo le regole del gioco, possiamo forse giocare meglio, e quindi arrivare a "vincere". Un pò il discorso dell'asinello e la carota.
Beh, questo "sacrificio", questo rendere la propria vita alla causa della ricerca della Verità, cambia tutto il modo di vedere le cose, e rende molto meno dolorosa ogni perdita di beni, perchè ti fa sentire parte di un qualcosa più grande di te, ti fa vivere la vita non più da predatore che proviene da fuori, ma dall'interno, come parte del tutto. E proprio la consapevolezza di questa situazione ti fa quindi soffrire di meno, e più rendi "sacra" la tua vita, più la doni alla Vita stessa, meno soffri, più sei sereno, più riesci a vincere le tentazioni, perchè tali più non sono, e scopri che questa stessa impostazione è la soluzione ai tuoi mali. Pi sei alla ricerca della Verità, e più la trovi, e più sei sereno, e tutto ciò che prima sembrava difficiel da raggiungere, e per di più a caro prezzo, ora diventa più facile da raggiungere, e trovi anche il modo di raggiungerlo senza pagarne alcun prezzo, lì dove possibile, senza far danni. Poi ti rendi conto che comunque non basta, che p necessario che anche gli altri la vivano allo stesso modo, per ipotizzare una vita ed una società felici. Ma intanto sei sereno tu. E allora cominci a rompere le palle agli altri, per far loro comprendere che la chiave di tutto è cambiare impostazione, "sacrificare" la propria vita, ovvero elevarla a qualcosa di "divino", sentire che fa parte di un tutto, che è molto di più di quanto si creda. Vabbè, è tardissimo, cerco di concludere, che sto divagando a ruota libera.
No, ti assicuro che una volta entrato nella condizione mentale di cui sopra, il rimpianto non c'è più. Non è che sparisce del tutto, perchè quella condizione mentale non è che arriva all'improvviso e tutto cambia per sempre. Come per tutti i cambiamenti, è lento, graduale, e all'inizio tocca lottare parecchio per mantenerla. Ma poi si stabilizza, anche se sempre è in agguato la distrazione, ma sempre meno. E quindi il rimpianto lentamente sparisce, per far posto a serenità e speranza. E non una speranza cieca, ma chiara, con un progetto chiaro, una via da seguire. E io cerco di farlo. Questa impostazione, avendo elevato la tua vita a "sacra", a "sacrificio", ti dona anche la capacità, se necessario, di "perderla", questa vita, perchè comincia ad avere la percezione che tu esisti anche a prescindere dalla tua vita terrena. E se domani esoc di casa e mi cade un pianoforte sulla testa, tipo quella pubblicità... beh... pazienza... Questo è quello che provo ora. ;-)
Ora, se l'importante nella vita è ciò che si prova, se entrare in questo stato d'animo mi aiuta a risolvere i miei problemi, quelli degl altri, ad essere sereno e a distribuire serenità intorno a me, se vedo che dà buoni frutti, se questa mia ricerca mi spiega un sacco di cose, se mi aiuta ad evitare di cadere almeno in alcune di quelle tentazioni, e per ora almeno per me è così, allora mi rimane difficile relegarmi ad "idealista". Vedo persone che di idee in testa non ne hanno neanche una, e fanno molti danni. Vedo persone che sono piene di ideologie, e fanno pure loro tanti danni. Insomma, io ho sempre diffidato di chi dice tante belle cose che secondo lui saranno, ma che mai sono. Io ho provato con mano, provo ogni giorno della mia vita la validità reale di quello che c'ho nella capoccia, e questo rafforza sempre più la direzione che ho preso. NOn ritengo quindi di essere u idealista. So per certo però quanto è faticoso comunicare se stessi agli altri, e viceversa. Oltretutto questo è un percorso che ognuno è oblbigaot a fare per conto suo. Ma discutere aiuta, serve a scambiarsi informazioni, quindi ad accrescere lka propria conoscenza, e dato che secondo me è fondamentale... eheheh
Perdonami Tramp, se ora ti confuto, ma io non ho quella tristezza di cui parli negli occhi. Guarda la foto del mio profilo. E dimmi se la trovi. L'ho scattata solo qualche mese fa, e ti assicuro che, a parte ovviamente momenti in cui ci scappa una litigata, il venire a conoscenza di una brutta notizia, ecc..., quelli sono sempre stati i miei occhi, e sempre lo saranno. Ho il sorriso negli occhi (e non sono solo io che lo dico), e lo manterrò, credo, fino alla morte, specie ora.
Cerca di comprendere questa ultima parte che ti ho scritto, dove sono andato a ruota libera, perchè è fondamentale. Eleva a "sacra" la tua vita, e i tuoi rimpianti diventeranno semplice ricordo, e i tuoi occhi cominceranno a sorridere, o ritroveranno il sorriso perso. Non smetterai di sbagliare, continuerai a fare casini, quà e là, ma la consapevolezza che per imparare ad evitarli ci vuole tempo, e perseveranza, ti farà perdonare i tuoi errori, sicuro che la prossima volta starai più attento, perchè è un processo irreversibile, ed andrai avanti sorridente.
Ultima risposta, a conferma di quanto sopra: esatto, la Befana non esiste, e quando te ne acccorgi ti crolla il mondo, e i sogni. E questo è inevitabile. IO ci sono passato, per fortuna abbatanza presto, da ragazzo, e per di più non ci sno passato a causa di un evento esterno, ma grazie alla mia dannata curiosità e voglia di capire. Per questo ti ripeto che la conoscenza è la cosa più importante, e la ragione, la logica, la guida. La mia fortuna è che ho avuto tutto il tempo per scoprire da me il castello di carta che avevo intorno, con calma, piano piano, e intanto prendere le precauzioni per evitare di uscire pazzo. Quando ho capito che c'era qualcosa che non andava, che non mi quadrava, in tutto quello che conoscevo fino allora, ho preso quella cavolo di Bibbia, e me la sono lett e riletta da solo, perchè volevo capirci qualcosa, io, da solo. E finchè non ci avessi capito qualcosa non avrei smesso di leggerla. L'ho letta per tre volte, tutta, dall'inizio alla fine, e finalmente qualcosa ho intravisto. Da allora non l'ho letta più, e ho seguito quella percezione che avevo intravisto. E finora non mi ha tradito, ma mi ha rivelato un mondo che pochi vedono. Per questo mi trovai quel nick, nel precedente profilo. In questo percorso ho dovuto smontare tutto questo mondo, e non immagini forse quanto mi sia sentito così solo, solo nel mondo. Ma quella percezione mi portava oltre. E oltre sono andato. DOpo quella distruzione non è finita, ma se la segui fino in fondo, se hai fede che comunque continiu ad esistere, e quindi qualcosa c'è, allora prendi atto, comprendi, che il tuo malessere dipende dalla delusione del dover scoprire che una parte di te era "falsa", non esisteva, non corrispondeva a nulla di reale. Ma poi scopri anche che non era colpa tua, e che hai tutto il tempo per scoprire le cose come stanno realmente, e le scopri. E ciò che ti appare è molto più bello di quello che ti è crollato, e non solo bello, soprattutto finalmente è Reale, Vero, e tutto, o quasi, si fa più chiaro.
Attenzione, ripeto, non rovi la compelta felicità, perchè non dipende solo da te, ma da tutti, insieme. Ma trovi la serenità. E magari un pò di incazzatura per quanti ancora insistono a sbattere la testa sugli spigoli e farsi male, e non vogliono fermarsi un attimo a riflettere... Ma sai che è inevitabile, perchè ognuno ce la eve sbattere, quella testa, sui suoi spigoli. Puoi solo tentare di aiutarlo ad aprire gli occhi. Ma stà a lui decidere di scoprire il bastone oltre la carota...
Alla prossima, amico mio. ;-)
Fai una cosa, elimina tutto, e sostituiscilo con questo quà:
Complimenti Tramp. Bel post. Hai scelto delle immagini coinvolgenti e significative. Il video poi, è veramente struggente, una storia come quella tra Romeo e Giulietta credo sia l'ideale per rappresentare la tragicità della vita stessa, e lasciare nel cuore di chi assiste quel sentimento, amaro e dolce allo stesso tempo, che pur nella inevitabilità della sofferenza, pur nel sancire l'impossibilità di raggiungere la felicità, pur se a prezzo addirittura della morte dei propri cari a volte, riesce a trovare consolazione nella ritrovata umanità di chi al fatto tragico sopravvive. Nessuna speranza per questo mondo, a quanto pare. Ognuno è preso dalle proprie brame, chi di potere, chi di ricchezza, chi di gloria, chi di passione e chi di fama... ;-)
E se pur qualcuno tenta di aprirci gli occhi, siamo troppo presi dai nostri interessi per dargli retta, e lo prendiamo per pazzo o sprovveduto.
Sembra quindi che dobbiamo toglierci dalla testa ogni speranza di raggiungere la felicità, perchè essendo costretti a passare per drammi simili, il loro stesso accadere ce lo impedirà.
Che drammatico futuro ci si prospetta. Allora meglio morire forse, che vivere sottomessi a questa inevitabilità senza via d'uscita.
Un veleno non ce l'ho, però stando all'ottavo piano...
Umh... Meglio l'ascensore và... Aho, ma che me frega a me... C'ho da annà ar mare... cielo azzurro, sole, vita, piacevoli ed amene rotondità che chiare si mostrano ad allietare gli occhi, così come antica canzone romana vuole, ... Artro che veleni... ;-)
Allegra vita Tramp. ;-)
E tuttavia non credo di aver rovinato "quasi" nulla.
Speravo invece che questo ironico commento evidenziasse in altro modo, più sinteticamente, cosa c'è che secondo me non và in questo post.
Non pensare che io non voglia più tornare.
Ma sicuramente non mi dilungherò più quì.
Magari dovrai sorbirti quest'ultimo tenore di commenti, basta che non la prendi a male e che rispondi sulla stessa falsariga.
Almeno se non altro ci si diverte. ;-)
Tramp, non puoi pretendere che il discorso vada sempre per forza dove vuoi tu, specie quando si riscontrano delle forzature come quelle che ho cercato di evidenziarti, ma che hai difeso come potevi.
Dici che sono andato fuori tema, ma sei sicuro di questo? E se invece fossi tu che, irrigidito sulla tua posizione, non comprendi ciò che tento faticosamente di dire?
E attento, è solo una ipotesi. Da dimostrare. COsì come tutte da dimostrare però sono le tue affermazioni.
Puoi non crederci, ma io non ho alcuna voglia di avere l'ultima parola.
La voglia che ho invece è che l'ultima parola sia quella giusta, da chiunque sia detta.
E non mi pare questo il caso.
Così come non ho alcuna intenzione di convincere nessuno della giustezza delle mie affermazioni.
Ma se mi si dice che il mio pensiero è speculativo, che ho deragliato, che sono andato fuori tema, che correggo il tiro, che mi incarto, e se soprattutto queste affermazioni non vengono corroborate da dimostrazioni, o se queste ultime a loro volta sono confutabili, se permetti mi sembra fisiologico insistere, sviluppando il mio ragionamento.
Non sono io che ho tirato fuori questo tema.
Non è un tema facile, come vorresti pretendere tu.
Ha bisogno di quegli approfondimenti che ho cercato di dare, e di molti altri ancora, se si vuole trovare una risposta seria.
Ti ho evidenziato chiaramente, più volte, ed anche con il mio ultimo commento pur ironico, cosa c'è che non và nella tua domanda finale.
E' un punto importante, che però non vuoi capire. Non dico che non vuoi capire che è giusto ciò che dico, ma che non vuoi capire il mio ragionamento.
Altrimenti le tue confutazioni sarebbero più appropriate.
Te lo rispiego in sintesi un'ultima volta, dandoti l'ultima possibilità di comprendere, e poi basta.
Che si debba per forza passare per l'atto tragico per comprendere il valore dei beni che vengono perduti, è tutto da dimostrare, anche se accade spesso.
C'è uno strumento che permette di evitarlo, ovvero la conoscenza.
Non solo la conoscenza che ti porta a comprendere veramente "la vera valenza sublime di una cosa".
Ma anche quella che ti porta a comprendere perchè, anche se si comprende quella valenza, spesso si persevera nell'errore.
Filomene e Bauce non si sono salvati per "miracolo".
L'unica spinta che ti porta a conoscere, nel modo corretto, le cose, è l'Amore.
Amore per la vita.
Quella è la forza che ti permette di evitare i fatti tragici.
La mia insistenza ha una spiegazione.
Ciò di cui tu non ti rendi conto, è che se esiste una possibilità di evitare questi benedetti fatti tragici, questo post stesso la tronca in partenza, con quel tuo "sempre", non lasciando speranza all'essere umano.
Non c'è speranza, se per non sbagliare più si deve per forza passare per fatti tragici.
Perchè sono proprio quei fatti tragici che impediscono la felicità.
Immagina il mondo da te stesso prefigurato con le tue affermazioni.
Ogni essere umano comprende il valore di ogni cosa, ma solo dopo aver passato un fatto tragico.
Fossimo noi tutti 10, 100, 1.000, o sei miliardi circa come siamo ora, e che continuamente nasciamo e moriamo.
Immaginati un solo fatto tragico individuale per ognuno di noi, o se vuoi un solo fatto tragico catastrofico per gruppi di noi.
Sarebbero comunque così tanti, questi fatti tragici, che ad un osservatore esterno non permetterebbero di dire che quel mondo da te prefigurato sia felice, realizzato.
Ecco la drammaticità di quanto tu affermi, e la sua pericolosità quindi, perchè lascia l'essere umano, consciamente o inconsciamente, senza speranza.
In tempi come quelli attuali, in cui l'azione degli esseri umani al fine di evitare quei fatti tragici che si stanno paventando, viene a mancare, a causa della mancata conoscenza delle cause, ma anche a causa della incapacità di vedere una via d'uscita, il tuo intervento, anche se evidenzia questo pericolo, non suggerisce vie d'uscita, ma infonde una fatale disperazione a chi non conosce gli strumenti per evitarla.
Tu invece contribuisci con il tuo post proprio a rendere inevitabile il fatto tragico, "castrando" l'essere umano in partenza.
E invece forse mai come ora ci vuole una via d'uscita, una speranza, che pur esiste, che se tu non vedi altri la vedono, e tentano di mostrarla.
Avessi parlato di fusaje o ceci, non mi sarei "accanito" in questo modo.
Ma togliere la speranza alle persone no, non è giusto, quando la via d'uscita c'è.
E se mi accusi di tentare un dialogo fra me e te, trascurando gli altri, ti rispondo che infatti io a te mi rivolgo, perchè sei tu che hai fatto questo post. E sei tu che secondo me devi comprendere cosa causano nelle persone, secondo me, post come questo, perfettamente in linea con il filone della fatalità della infelicità umana che da millenni riempie anfiteatri, poemi, romanzi, cinema, ma soprattutto le nostre teste, così da farci agire di conseguenza.
Esiste una grande verità. Se tu credi in una cosa, ti comporterai di conseguenza, e contribuirai quindi a che quella cosa avvenga. E viceversa.
Se quindi hai speranza, fede, cercherai le risposte, le troverai, e le applicherai. Se non ce l'hai, neanche le cercherai, quelle eventuali risposte.
Se gli altri non hanno interesse a leggere il dialogo tra me e te, che problema c'è?
Hanno comunque gli spazi per scrivere ciò che vogliono, e tu di rispondere.
Oltretutto non crederai mica che tutti coloro che lasciano un commento si leggono tutti gli altri?
Quindi, di che ti preoccupi, se resta un dialogo fra me e te?
A me interessa farti comprendere i pericoli di post come questo, sperando che per i prossimi ci infondi un pò più di speranza.
E quindi è con te che voglio discutere.
E quali tempi e luoghi puoi propormi migliori di questo, un blog, costruito appositamente allo scopo di comunicare?
Scusami ancora per questo mio ulteriore sbrodolamento, non ne farò più.
Ma ora, visto che dovrai concludere, cerca tu di evitare imprecisazioni, o affermazioni che necessitano dimostrazione, limitati se vuoi al fatto che non hai tempo di sviscerare questo argomento in questo modo, o che hai timore che i tuoi lettori, notando queste colonne, si "spaventino" e non passino più per il tuo blog, ma evita le accuse di cui sopra, se poi non ritieni di doverci dedicare il tempo per dimostrarle.
Che non ti venga in mente che ci sia qualcosa di personale, in tutto ciò.
Non cambia nulla.
Solo che non scriverò più, da te, lunghi commenti. O almeno spero di ricordarmelo. ;-)
Un saluto amico mio. :-)
Scusa se sono andata fuori tema.. ti abbraccio! Rossana.
Le leggi create dall' uomo, non sempre rispettano la legge della Natura( e quindi anche l' Amore).. ce ne rendiamo conto quando il danno commesso si fa grido di dolore, così puo' risuonare nel nostro profondo sentire, poichè l' Anima è oltre il mondo dei giudizi, pregiudizi, oltre le classificazioni ed idde, oltre al voler posssedere, gestire.. ( ossia l' atteggiamento egoico che spesso è la causa "del danno")..
Ciao caro. Rossana.
Stavo semplicemente aspettando che rispondessi direttamente a me.
Da molto ormai non mi permetto di intervenire direttamente con altri, in altri blog, se non con il "proprietario", in casi simili, per evitare dinamiche ben conosciute.
Ma dato che tu ora mi hai dato il via libera, eccomi quà! :-) Cercherò comunque di essere conciso e lapidario, altrimenti rischio, come con te, e con Juliet che ha letto tutto, che non si capisca il senso del mio discorso, sicuramente a causa mia. Ma resta comunque aperto il nostro confronto diretto.
A Juliet rispondo molto semplicemente, che quì non si tratta di semplice errore, che altrimenti non obietterei nulla, anche se si potrebbe filosofare sul concetot di errore.
Se definissi "fatti tragici" tutti gli errori che ho compiuto in vita mia, sarbbe più famosa e raccontata di tutte le tragedie,greche o meno, che l'umanità conosce, eheheh.
L'errore di fondo della affermazione di Juliet è che il fatto tragico non è un semplice errore, ma un enorme errore soprattutto irreparabile. Altrimenti non verrebbe definito "tragedia", ma semplice "errore". E gli errori si riparano.
Quindi, essendo le due cose diverse, non ritengo sia logico utilizzare questa frase come prova a confutazione della mia "tesi".
Quasi tutto il resto della tua disquisizione si basa su questo malinteso, quindi evito di consumare bytes di Libero, eheheh.
Accenno solo ad un fatto: se è vero che la conoscenza in ambito scientifico procede a tentoni, lentamente, così non è per quella in altri ambiti, come quello esistenziale, visto che determinati concetti chiari come il sole erano già conosciuti millenni fa, ma ora del tutto scartati pur conoscendoli. Stò finendo di leggere Socrate, e non immagini forse quante pagine scritte da Platone per i "regnanti" dellì'epoca siano adattissime, senza cambiare una virgola, ai tempi nostri.
La differenza fra il lento percorso dell'essere umano in ambito scientifico, e quello in altri ambiti, è secondo me che nella scienza è ormai tutto ben controllato, qualsiasi affermazione deve essere verificata, e si segue grosso modo ancora il metodo Galileiano, che permette per l'appunto di avanzare. In altri ambiti invece questa rigidità non esiste, e si parla a rota libera, essendo più importanti altri fattori, per assegnare la palma del vincitore, come dici tu.
In questo caso per esempio si è associato il semplice "errore" al "fatto tragico", utilizzando quindi il fatto che l'"errore" è universalmente accettato nella ricerca per dimostrare come anche il "fatto tragico" lo sia.
Ma in ambito scientifico potrei definire "fatto tragico" l'esplosione di un laboratorio di ricerca per aver applicato una formula sbagliata. Vero è che ogni tanto cpaita, ma se capitasse per ogni nuova scoperta, probabilmente non resterebbero più scienziati, ormai dispersi nell'etere insieme ai loro errori, eheheh...
Se qusta mia confutazione a quella di Juliet non vi sembra corretta, vi prego di dimostrarmelo. Altrimenti cercate altre motivazioni, ed io sarò ben lieto di restare folgorato dalla improvvisa illuminazione, come tu auspichi. :-)
Un saluto a te e a Juliet.
Sono già in tre invece le persone che si sono interessate positivamente alla nostra "battaglia": cuorepazzo ci fà i complimenti, rosa definisce entrambe le posizioni valide, dimostrando attenzione ed interesse, anche se secondo me sbaglia a sentirsi "piccina", e a riscontrare cotanta "conoscenza" in noi due, e Juliet addirittura ci incita a continuare, oltre che inserirsi nella "schermaglia"! ;-))
Credo che ogni dibattito, quando sia costruttivo e piacevolmente condotto, sia fonte di interesse in almeno molte più persone di quante si sospettino.
E io ritengo che sia così perchè in questi casi si percepisce la possibilità di acquisire nuova conoscenza, da parte di tutti, sia di chi legge, sia di entrambi i "contendenti".
Ma soprattutto si testimonia la passione per la ricerca della Verità, che è semplicemente sopita in noi perchè ormai siamo abituati ad assistere raramente a "dibattiti" costruttivi, ma è pronta a risvegliarsi quando viene riconosciuta in altri.
E' interessante la posizione di Rosa, che definisce valide entrambe le posizioni.
Se hai l'audacia di continuare, e se riusciamo a comprendere meglio entrambi il rispettivo punto di vista, sono sicuro che ci guadagneremo tutti.
Chiusa parentesi. ;-))
Giuseppe, si continua a confondere l'errore col fatto tragico e non capisco perchè.
L'errore è quello dello studente che sbaglia una sottrazione, ma tramite la verifica si corregge.
E' anche quello comportamentale, a volte, ma facilmente riparabile, se c'è pentimento da una parte, e perdono dall'altra (ed ecco l'importanza del perdono nella riparazione dell'errore).
L'errore di questo tipo è probabilmente fisiologico e utile nel processo di trasformazione della conoscenza in esperienza, lì dove dei propri errori se ne fa ricordo e tesoro.
Ma il fatto tragico è perseveranza nell'errore fino all'irreparabile, anche a volte quando si è coscienti dei pericoli nei quali si va incontro, così come hai evidenziato tu.
Visto che hai parlato dell'Anello di Re Salomone, ne approfitto per chiarire meglio di che tipo di conoscenza io parlo.
Konrad Lorenz a un certo punto racconta di come lui abbia imparato molto di più dalla osservazione diretta, per lunghe ore, del comportamento degli animali in libertà, piuttosto che dai pur tanti libri che ha letto.
La conoscenza che intendo io è conoscenza diretta, della quale si può fare esperienza, e più raramente, ma a volte necessaria, quando si può immaginare, lì dove non è possibile l'esperienza diretta.
Concordo anche io che abbiamo la legge morale già dentro noi. Ma viene soffocata da altri desideri o dall'esterno, appositamente. Ma quanti nick hai? ;-)
Ricambio il saluto Valeria.
No, io non ho proposto la conoscenza come semplice alternativa per evitare il fatto tragico, ma come strumento teso ad evitarlo.
La conoscenza per puro diletto, o nozionistica, non è utile.
Devono essere sempre presenti nella mente invece i "guai" che possiamo combinare, e cercare quindi la conoscenza che ci permette di evitarli.
"A mio dire", come dici tu, "non eviteremmo gli errori", o magari ne commetteremmo di meno, ma quelli sono accettabili.
Ma i fatti tragici sì, potremmo evitarli, o almeno ridurli di parechcio, e sarebbe già qualcosa.
Cosa ti fa pensare che questi "proposito così nobili e raffinati siano lontani dalla nostra natura"?
Se riusciamo a concepirli, non ti viene in mente che fanno in qualche modo parte della nostra natura?
E chi ti dice che stiamo vivendo secondo natura?
Confrontandoci con gli animali, non mi pare che tra loro esistano fatti tragici nella stessa misura, se pur sono anche lì presenti.
Noi riusciamo a combinarne di ben più catastrofici, mi pare.
Ipotizza che noi ora viviamo secondo leggi che soffocano la nostra vera natura, e addirittura crediamo che quelle leggi siano giuste, naturali.
Come possiamo liberarcene, se non andiamo alla ricerca della nostra vera natura, imponendoci di mettere in discussione tutot ciò in cui crediamo?
E non ti pare che questa ricerca evitiamo accuratamente di iniziare a farla proprio perchè riteniamo che questo mondo sia così complesso da non riuscire a capirlo?
Anche tu, scrivendo "... l'errore, chiamalo anche fatto tragico, è sempre in agguato...", confondi l'errore col fatto tragico.
Eppure sono due cose ben diverse, se pur il fatto tragico parte da un errore.
Ce ne vuole, prima di compiere un fatto tragico.
La natura o altre persone in qualche modo avvisano sempre, o quasi, prima di un fatot tragico, eppure insistiamo.
Quella cantata da Dante è una delle varie morti di Ulisse da più poeti raccontate.
Prenderla ad esempio forse lascia il tempo che trova.
E tuttavia, volendo "specularci", visto che vi piace questo termine, potrei farti notare che mentre tu la prendi ad esempio di come la smania di conoscenza stessa sia portatrice di fatti tragici, io invece la potrei mettere in questo modo: Ulisse è stato un incosciente, come la ragazza in discoteca, che pur conoscendone i pericoli, si è ubriacata più volte, e si è quindi donata al primo che capitava perdendo la sua verginità, rimpiangendola poi, senza prendere alcuno degli accorgimenti che poteva prendere, come quelli che ho indicato.
Come si può definire chi affronta l'ignoto rischiando la propria pelle e convincendo i suoi compagni a fare lo stesso, senza un minimo di precauzione?
Eppure ha già avuto notevole esperienza dei pericoli del viaggiare per luoghi sconosciuti.
Ma se il "dio" l'ha salvato più volte, prima o poi, a forza di sfidarlo, si decide il proprio destino.
Chiamasi incoscienza, secondo me.
Ulisse ha trascurato la conoscenza del rischio che correva.
DOve sono finite le tante precauzioni che prendeva nei viaggi passati, come ad esempio quella di tappare le orecchie dei suoi compagni e addirittura di farsi legare lui, per non perdersi, pur di ascoltare il canto delle sirene?
Ecco, quello è un esempio di applicazione della conoscenza vicino a quello che intendo io, ma con una grossa differenza.
Ulisse era spinto da una smania di conoscenza per la conoscenza.
In realtà a me sembrava più una fuga dalla vita che avrebbe dovuto fare, vedi la povera Penelope.
E i suoi comportamenti precedenti spesso mostravano la sua mancanza di un'etica interiore, tanto che Dante lo pone all'inferno proprio per alcuni di quei suoi comportamenti.
Ma la fuga dalla vita non può portare altro che alla morte, prima o poi.
Ulisse non si è mai fermato a riflettere sul perchè fuggiva la vita, cercando spericolate avventure, pur sapendo che aveva dei doveri verso sua moglie, i figli, la sua terra, ecc....
Ecco dove Ulisse ha sbagliato, e da dove è nato il fatto tragico.
Prova a rileggermi con più calma, come dici che hai intenzione di fare.
Forse ne viene fuori qualcosa in più, nonostante il mio modo arruffato di spiegarmi.
Juliet, non identificare me e Giuseppe nelle rispettive tesi. Separiamole da noi, guardiamole da una stessa posizione superiore e neutra, e vediamo cosa ne esce.
Ottima la tua obiezione a favore di Giuseppe.
Ma tu hai scritto bene: "...la conoscenza che oggi il genere umano può acquistare più facilmente ...". "Può", ma non lo fa! Ecco il problema.
Si parla della Bibbia, e dei Vangeli, come dei libri più importanti del mondo, ma quanti li hanno letti tutti, almeno una volta, per conto loro?
Da migliaia di anni si conosce quasi ogni aspetto dell'animo umano e delle situazioni che portano alla guerra.
QUalcuno lo conosce, ma non altri, non la maggior parte.
Per conoscere bene come siamo fatti dobbiamo soffermarci a riflettere, su quegli scritti che ci vengono tramandati, dopo ovviamente averli letti.
O almeno dobbiamo soffermarci ad osservare con calma e spirito critico gli avvenimenti che ci passano davanti.
Ma tu hai mai visto qualcuno preferire qualcosa del genere, piuttosto che spaparanzarsi davanti alla tv e ascoltare velocemente un tg falso e sedizioso, o comunque scegliere puntualmente qualcosa d'altro, qualche divertimento, qualche occupazione, o semplicemente la necessità di dover badare ai figli, alla casa, ecc...? Andiamo tutti di corsa, inseguendo i falsi bisogni che ci hanno creato o che ci creiamo da soli, e non dedichiamo tempo alla riflessione, alla conoscenza, quella vera.
Ecco, tutot sommato, il senso del mio intervento, che spiega anche perchè le storie si ripetono.
Preferiamo seguire uno che racconta la sua verità in modo convincente, piuttosto che investire il nostro tempo da noi stessi a far funzionare il nostro cervello.
Sarebbe interessante discutere il perchè accade.
Ma prima dovremmo essere d'accordo su questa spiegazione.
Sulla lancia a mio favore, secondo me se sin da piccoli si insegnasse la vita per quello che è, invece di tenerci all'oscuro, protetti, a rimbecillirci con bambolotti e fucili di plastica, nonchè di zucchero che ci vizia il corpo sin da piccoli, forse ne potremmo venir fuori.
Ma se nei genitori stessi, spesso, si vedono ancora gli strascichi di malsane educazioni, cosa potranno mai insegnare ai loro figli?
Un saluto e Buon Ferragosto a tutti! :-)
Ma non lo facciamo quasi mai. Secondo me perchè abbiamo poca fede. In noi stessi, perchè ci insegnano sin da piccoli che questi perchè non hanno risposta, e se ce l'hanno solo gli "eletti" delle nostre religioni ufficiali le detengono. E nella Vita, perchè ci hanno insegnato a diffidare della Vita, mentre invece secondo me ci ha dato tutti gli strumenti per rispondere da soli alle nostre domande. E' solo una questione di volontà, di fede, di amore per la Vita.
Giuseppe si vuole contrapporre a me, e a te, e ad altri, con la sua inevitabilità. Ed usa la "fede" solo come strumento per lenire e sopportare questa presunta inevitabilità, senza accorgersi che proprio questa convinzione gli preclude, a lui e a tutti quelli come lui, la strada per la rivelazione.
Per questo io dico che la "fede" di Giuseppe non è abbastanza, non è sufficiente. Ce ne vuole di più, per intravedere la via che porta alla evitabilità dei fatti tragici.
E per questo combatto questo post. Per interrompere questa depressione globale che ci fa credere che per noi non ci sia speranza.
Se non credi che ci sia una via per arrivare dove vorresti, neanche la cerchi quella via. E già è difficile trovarla se ci credi, figurati se ti capita se non ci credi.
Il problema è che la "via" richiede che siamo tutti consapevoli, per essere trovata. Perchè la felicità non è individuale, ma collettiva.
Se Giuseppe e quanti come lui non "credono", tocca a chi "crede", o meglio ha intravisto la "via", cercare di farla intravedere anche a loro. E non c'è altra soluzione.
Ora però vorrei controbatterti su una tua affermazione. Tu dici che la maggior parte del genere umano è consapevole e responsabile, ma paga per l'irresponsabilità di pochi.
Secondo me chi è consapevole e responsabile si rende anche conto che deve agire per impedire l'irresponsabilità di pochi.
Un irresponsabile che non ha potere, che non trova la condivisione di chi ha intorno a sè, quale immane catastrofe potrà mai generare, se non piccoli guai a livello "locale"?
Sono coloro che hanno potere, che riescono a combinare guai seri.
I governanti, che vengono votati da noi. I grandi imprenditori, che con le loro multinazionali creano miseria e sfruttamento e inquinamento in mezzo mondo, e corrompono l'altra metà con i loro prodotti che ci illudono di darci la felicità, mentre invece ci piegano alla loro volontà.
Sì, è vero, ti dò ragione, in realtà tutti noi in cuor nostro lo sappiamo bene che è anche colpa nostra se siamo arrivati a questo punto, se da quando eravamo piccoli ad oggi il mondo non solo non è migliorato, ma anzi ci sono ancora più morti per fame e guerre, più sfruttamento, e per di più ora anche grossi rischi ambientali.
Ma giriamo il volto dall'altra parte, non lo vogliamo riconoscere, e ci distraiamo con le illusioni proposte da chi ha quel potere.
Ma io dico che è quello stesso potere che tende a toglierci la speranza, la fede, perchè così non cercheremo mai la via, e quindi non la troveremo. Perchè una volta trovata, quel potere non può più nulla, perchè anche se si nasconde dietro facili tentazioni, chi conosce la verità lo smaschera subito, rendendolo innocuo.
Ecco in che senso io dico che è la conoscenza a liberarci da questa "inevitabilità". La conoscenza di come la vita è realmente. Ed è una conoscenza che possiamo acquisire solo se lo vogliamo, e solo con il nostro cervello. Solo se abbiamo fede nella vita.
Quindi, è vero in un certo senso che noi tutti siamo consapevoli, in fondo al cuore, di quello che accade. Ma non siamo "responsabili", nel senso della assunzione delle nostre responsabilità. Proprio perchè le fuggiamo. Che se fossimo responsabili non permetteremmo più che i governanti attuali andassero al governo. Non permetteremmo più che le multinazionali che ci forniscono benzina, cellulari, computer, carne, scarpe, automobili, medicinali, carta, e quant'altro, sfruttino l'altra metà del mondo per far star buoni noi.
E questa si chiama "viltà". E questa viltà è aiutata dal potere, che evita di informarci correttamente su quello che c'è dietro il nostro benessere, dietro le catastrofi, dietro i problemi del mondo.
La pressione di questo potere, unita alla nostra viltà, ci permette di continuare in questo modo, da millenni ormai. E' la viltà delle nostre società, delle nostre ci-viltà, che secondo me non a caso si chiamano in questo modo.
Solo la presa di coscienza del nostro stato di "schiavi", di "corte corrotta del re", unita alla consapevolezza che non potremo mai essere felici finchè saremo schiavi consenzienti del sistema oligarchico che ci governa, perchè solo l'essere pienamente liberi, senzienti, e consapevoli, ci permette di essere felici, e quindi la voglia di rivalsa che questa nuova consapevolezza ci può dare, ci può permettere di trovare la forza di opporci allo stato attuale delle cose.
E l'impostazione di Giuseppe invece è altamente deleteria, rispetto a questo scopo. Non ci dà scampo in partenza.
Spero si stia divertendo nel suo Salento. Almeno lui.
Per me niente vacanze quest'anno, tempi duri. Ma grazie lo stesso Julie. A la prochaine.
Mi pare che ci siano parecchie voci che confermano la tua percezione della inevitabilità del fatto drammatico al fine di comprendere la sublime essenza del bene perduto, e parecchie risposte in tal senso, ma mi sembra che parecchie altre voci si sono invece levate contro.
In particolare la mia e di un'altra persona relative a quel "sempre", ma anche altre che suggeeriscono possibilità di evitare questi fatti drammatici.
In effetti se lo sostituissi con un "quasi sempre" già metterebbe d'accordo molti.
Mi pare ci sia parecchia carne al fuoco, ma se si lascia tutto così mi sembra come se fosse un peccato.
Sarebbe interessante invece forse riportare in sintesi le due o più posizioni, in modo da poterci riflettere sopra e vedere se si riesce a dare una qualche risposta più esauriente. Un saluto.
Ma io sono in vacanza, è il mio ultimo giorno di riposo (si fa per dire)! Ma arrivo ugualmente a leggere anche se arrivo tardi. Parrebbe quasi che sia stato detto e scritto di tutto e di più. Parrebbe.
Le posizioni di Tramp e di Silvio sembrano cristallizzate a prima vista o a prima lettura: Tramp che urla la sua disperazione per come va il mondo e vorrebbe che tutti urlassero insieme a lui; Silvio che urla la sua personale presa di coscienza e vorrebbe fosse anche collettiva. Entrambi urlano perché estremamente consapevoli, entrambi vorrebbero l’urlo collettivo però entrambi si lascian cadere le braccia perché disperano di trovare una collettività urlante o cosciente.
Entrambi sono fortemente motivati, ma – purtroppo secondo il mio modesto parere – entrambi esprimono pessimismo. E tutto sommato hanno ragione ad esserlo, pessimisti: perchè per prendere coscienza o per evitare l’inevitabile ci vorrebbe una orgia collettiva, come quella che si vive le sere d’estate sulla riviera romagnola, dove tutti fanno tutto allo stesso modo negli stessi tempi e alla stessa maniera. Ecco, ci vorrebbe un’orgia così, prorompente e allegra, trainante eppur consapevole, incosciente eppur docente. Docente sì, come l’esperienza e come la conoscenza. Non sono forse stati i contadini della romagna a coalizzarsi per primi contro il fascio? Abbiamo tutti visto Amarcord! e la romagna in assoluto ha dato il contributo maggiore alla sconfitta del fascismo. Ho scritto ‘ maggiore’ vè, non l’unico!
Occorre muoversi secondo una logica ‘docens’, consapevoli che per ‘docere’ occorre capacità, carisma, intuito, abilità, forza: le stesse caratteristiche che oggi – e prima di oggi ieri – usa chi è al potere. Parlare di conoscenza e di esperienza serve, non perchè la storia sia maestra di vita, ma perché la storia offre esempi corposi e dolorosi. E par exempla si capisce meglio. Le sconfitte esistono e le subiamo e le subiremo sempre purchè gli obiettivi siano chiari e concreti a tal punto che nel momento stesso in cui si è sconfitti almeno si sanno i motivi per cui abbiamo subito. Corsi e ricorsi storici non ci abbandoneranno mai, così come il rincorrersi delle stagioni o il tempo che fugge. Ma soprattutto la storia si ripete: e quando si è toccato il fondo più fondo, non si può che risalire. Ecco l’unica cosa che vorrei dire dopo tanto parlare: un pizzico di ottimismo non guasta, ci vuole. E ora vado a tuffarmi nell'onda (non nell'orgia vè!), ho bisogno anch'io di distr-azioni :-). Buona domenica a tutti. Mela
Mi hai chiamato in causa, e quindi ti rispondo.
Non potrei fare altrimenti, con chi "osa" darmi del "pessimista"!
Io? !!!!!
Ma quando mai!!!!!!
Ma se faccio di tutto per diffondere il mio ottimismo a quel fine "orgiastico" di cui sopra!!!!! ;-)
Beh, effettivamente è un ottimismo mooolto particolare, forse difficilotto da comprendere, fatto stà che la tua interpretazione della mia posizione merita alcune correzioni.
Anche con te, lì dove non ribatto, assumi che sono d'accordissimo.
Attenta: io non voglio l'urlo collettivo.
Di urla collettive ce ne sono state già abbastanza. E le definisco espressioni isteriche di scimmie che chiuse in gabbia allo zoo chiedono al padrone, che intanto però ci fa i soldi, di essere liberate.
Non so se ho reso l'idea.
Ed ora mi devi dire dov'è che dispero tra i miei commenti e addirittura mi lascio cadere le braccia.
Non sia mai!
Mi karakirizzo, prima !!!
Se disperavo non ero quì a controbattere Giuseppe, ma a fargli l'eco!
Non sono pessimista e non dispero! Ho speranza e mi sto dando anche da fare per questo. Per creare proprio quell'"orgia collettiva" di cui tu dici. Certo che definire il gruppo che ho creato "orgia collettiva" è come minimo originale, ma l'obiettivo finale tà quello è, in un certo senso!
Rispetto alle serate romagnole, sono sicuro che Giuseppe ti risponderà subito invitandoti al raduno annuale della pizzica salentina, che in quanto a ritmi "orgiastici" non credo sia da meno! Hehehe...
Se riunissimo tutti insieme questi spiriti "orgiastici" regionali, e li diffondessimo in tutti gli altri campi della vita, in particolare quello politico e sociale, invece che solo nel ballo, allora forse qualcosa si smuoverebbe, non trovi?
E attenta ora a non confondere, come ha fatto anche Giuseppe all'inizio, la conoscenza di cui intendo io con quella "nozionistica", "storica", o semplicemente "scientifica" nel senso che comunemente le si dà.
La conoscenza di cui parlo ha solo parzialmente a che fare con i "par exempla" di cui tu dici, proprio perchè nessun esempio tra quelli rintracciabili nella storia è utile a sovvertire l'attuale ordine delle cose.
Nessun esempio, perchè altrimenti non saremmo quì a parlare di fatti tragici, ma saremmo tutti sulla costa romagnola o alla pizzica salentina... ;-)
C'è andato vicino qualcuno, persone come Socrate, Cristo, Gandhi, ma sono finite maluccio, e al momento non mi pare siano riusciti nell'impresa, anche se certi semi ci mettono parecchio a germogliare...
Esempi che devono essere superati, se vogliamo arrivare alla meta.
Sì sì, lo so, ora mi taccerai di presunzione, ma ci sono abituato, tranquilla. Ma anche se non ci crederai, ritengo che noin sia la presunzione a guidarmi, ma la logica.
I casi su citati, se non hanno dato esiti positivi in tempi brevi, ponendo questo come obiettivo, vuol dire che non hanno funzionato. Semplice constatazione che porta alla conseguenza che il "prossimo" dovrà fare qualcosa di diverso.
La conoscenza ultima quindi non può dipendere solo dall'esempio, altrimenti non ci potrebbe essere cambiamento.
E' una conoscenza profonda, che scopre le cause prime della Vita, anche se nessuno ce le mostra, e ancor peggio, anche se ci fanno di tuttto per distrarci, distoglierci dal cercare questa conoscenza, e addirittura distorcercela.
Ecco, ora sei tu a fare la pessimista, e togli ogni speranza a chi quella via vorrebbe invece intraprendere, quando dici: "Corsi e ricorsi storici non ci abbandoneranno mai, così come il rincorrersi delle stagioni o il tempo che fugge. Ma soprattutto la storia si ripete: e quando si è toccato il fondo più fondo, non si può che risalire."
Con queste tue frasi accetti la fatale inevitabilitèà di Giuseppe, che io contrasto con ogni mezzo, e neghi la possibilità di riuscita nel tentativo di organizzare quell'orgia di cui sopra! ;-)
Spero che tu te ne renda conto.
Se vogliamo raggiungere le coste romagnole dobbiamo superare tutto questo, trovare un'altra via, diversa da quelle tentate finora.
Ecco, se qualcosa dobbiamo apprendere dalla storia, è ciò che "non dobbiamo fare" nella ricerca del bene comune.
O ciò che comunque è da perfezionare.
Forzando ai limiti, per farti capire, la conoscenza di cui parlo io non avrebbe neanche bisogno di esempi, ovvero non ci sarebbe bisogno di conoscere la storia dell'umanità, ed anzi, come secondo me testimonia questo post, può essere deleteria ai fini suddetti, se non si sa bene come e dove guardare.
E' un pò come quello scenziato pazzo che contesta lo stato dell'arte della scienza al momento in cui fa la grande scoperta, o la grande invenzione, che rivoluziona tutto.
Se si fosse attenuto ciecamente ai dettami di quella scienza, se non avesse seguito vie alternative, nuove per tutti, se non avesse percepito quell'errore di fondo nelle teorie e formule precedenti, se non avesse creduto ciecamente in se stesso, solo in se stesso, e nel suo cervello, mentre tutti gli davano contro, non avrebbe fatto quella scoperta.
Spero di averti fatto comprendere cosa intendo.
E ti dò subito un esempio pratico di quanto ho appena esposto.
Tu dici che ci si dve muovere secondo una logica 'docens', con capacità, carisma, intuito, abilità, forza, le stesse caratteristiche che oggi, e prima di oggi ieri, usa chi è al potere.
Ora cerca di applicare la logica a queste tue frasi.
Se per ragigungere l'obiettivo del bene comune usi le stesse caratteristiche di chi oggi è al potere, non farai altro che diventare come chi oggi è al potere.
Ovvero, non farai altro che rietere gli errori del passato, così come infatti stà accadendo.
Quanti volevano cambiare il mondo ed hanno creato mostri?
O quanti, contando solo sul loro carisma, capacità, ecc... Pur seguendo una via giusta, pur nel bene, hanno fallito, proprio perchè soli? Socrate, Cristo, Gandhi, e altri ancora, sono stti scelti come bersaglio perchè "leader", unici leader, capi di movimenti pericolosi.
Taglia la testa e ucciderai il corpo.
Non dico che questa mia analisi sia del tutto corrtta, ma è un esempio dei pericoli che si sottovalutnao e di come gli esempi del passato non devono essere seguiti in toto, ma si deve trovare una via nuova.
Se la consapevolezza deve essere di tutti, non deono, non possono esistere dei capi, de leader, ma la conoscenza di uno, se ce l'ha, deve essere trasferita tutta, completa, a più persone possibili, fin nel profondo, fin nella sua essenza, al fine di trasformarci tutti in leader.
Questa è solo una ipotesi, che mostra però il senso di come si è influenzati dalla storia, dal passato, da modi di ragionare che portano essi stessi il germe del male senza che ce ne rendiamo conto, mostra come "stanare" quel germe, come difendersi, e come cominciare a definire, abbozzare, nuove vie, nuovi percorsi, che possano portarci a quella che i più definiscono, muorendo ogni volta un poco di più, solo una utopia.
Ecco il significato profondo della mia ermetica frase iniziale. C'è una conoscenza che porta ad evitare i fatti tragici, ma è una conoscenza che non si trova sui libri, se non a testimonianza a volte, ma si trova solo in noi stessi. Ed è quella conoscenza che ci può permettere di rivoltare il mondo. Basta crederci. In molti, tanti, possibilmente tutti... ;-)
E se ora hai meglio compreso il senso del mio dire, dimmi allora se hai ancora il coraggio di definirmi pessismista, o se sono invece di molto più ottimista di te! Hehehe ;-)
Buona domenica Mela.
Anche Tramp ha scritto tanto e tanto e ciò gli fa onore.
Sai qual è la differenza fra te e Tramp, anche se navigate a vista nel mare magnun del pessimismo?
Tramp cita fatti storici concreti che invitano a riflettere e ad essere meno pessimisti di lui.
Tu invece, mentre inviti a immaginare una Via che potrà essere la Rivelazione per raggiungere la felicità nella Vita, espliciti il tuo pessimismo irreversibile nello scritto del 14/8 delle 17,29 quando hai scritto: “ma se nei genitori stessi, spesso, si vedono ancora gli stracichi di malsane educazioni, cosa potranno mai insegnare ai loro figli?”. E, scusami se mi permetto, ma il tuo è un pessimismo irreversibile che condanna chi ci ha educato e condanna l’educazione che diamo. E hai ragione perbacco! Hai mai visto che questi malsani genitori abbandonino benessere e tv-spazzatura e distrazioni varie come piaceri viaggi sport cellulari computer videocamere e auto veloci per dare il buon esempio ai propri figli? E perché dovrebbero farlo? Perché glielo chiedi tu? Non ti ci vedo nel ruolo di sciamano eppoi gli sciamani oramai sopravvivono solo in paesi culturalmente arretrati (e Qualcuno considera tale il nostro paese visto che si pone come lo sciamano di turno!) . Non te la prendere. Quindi facciamo così: azzeriamo le ‘correzioni’ che tu, seppur gentilmente e senza nulla togliere alla tua preziosa disponibilità, vorresti apportare al mio scritto, anche perché, pur non disdegnando io l’apprendimento, preferirei scegliermi da sola i maestri o le maestre di vita. Diciamo allora che in questo spazio (che poi è di Tramp e prometto di non abusarne più) stiamo dialogando tra pari e ognuno esprime la sua opinione.
Lo sciamano aveva il grande torto di creare illusioni per affrontare collettivamente un problema ma si sa che si può vivere di sogni ma non di illusioni. Se il lavoro non c’è, non c’è. Se la disoccupazione aumenta, aumenta. Se non si arriva a fine mese, non si arriva a fine mese. Se i nostri figli non trovano lavoro, non trovano lavoro. E non ci sono soluzioni standard o immaginifiche a questi problemi.
Né si può scindere il problema dell’economia dal problema dell’educazione dei figli, o il problema della democrazia dal problema dell’educazione scolastica. Non ci sono singole politiche, ma esiste la politica che è la sintesi del governo di una società civile.
Io come singolo posso agire in maniera razionale, ma da solo non risolverò mai i problemi che affliggono tutti. Vivo in società e ho bisogno delle istituzioni che rendano obbligatoria per tutti la mia razionalità. E già si fa fatica in un piccolo paese, figurarsi in uno stato e nei rapporti fra più stati. Di regole c’è bisogno, sempre. Penso inoltre che la presa di coscienza nasca attraverso la riflessione sui problemi, sui fatti accaduti, sulle vicende storiche che si ripetono ma mai uguali a se stesse.
Bè, ora basta, invidio Tramp che si sta godendo il suo Salento anche se lo spettacolo della pizzica del 28 agosto prossimo non gli permetterà neanche di uscire di casa per il sovraffollamento di strade e piazze, ma io mi sono goduta la Romagna vè! Saluti. Mela
No no, non sono io lo "sciamano", non pretendo che si faccia come dico io, così come non accetto che arrivi "uno" (Giuseppe) a dire che il fatto tragico è inevitabile per comprendere la vita e che tutti debbano sottostare a questa presunta verità senza poter contestarla.
Oltretutto il fatto tragico spesso non basta neanche, a guardare bene la storia, che di fatti tragici fin troppo ne è costellata, eppure siamo ancora quì a ripeterli.
Io sono quì semplicemente a contestare gli "assunti" di Giuseppe. Non vedo perchè ora dovrei passare da sciamano che vuole forzare le cose. A me sembra invece che sia Giuseppe ad avere questo atteggiamento, visto che in ultima analisi per confutare i miei argomenti prende ad esempio fatti "religiosi", ed in particolare cattolici, sui quali comincia ad essere difficile fare un discorso "logico". Cosa posso rispondere a chi mi parla di cherubini e quant'altro?
Quindi non mi sembra corretto che tu azzeri le obiezioni che ti ho posto in precedenza, evitando così di controbatterle, ma restano tutte valide, ed attendono risposta.
Se il lavoro non c'è, bisogna comprendere perchè non c'è. Bisogna capire se questa società deve esssere fondata sul lavoro, e allora ci tocca produrre sempre di più, anche oltre il necessario, senza mai riposarci, come infatti stà accadendo, ma a scapito del nostro benessere e di quello della Terra, a quanto pare. Se siamo ormai saturi di prodotti, non sarebbe il caso di ridurre la produzione, gli orari di lavoro, mantenendo però dei salari decenti, e lavorare tutti?
E se questa crisi dipendesse soprattutto dal fatto che avendo raggiunto il culmine di produzione sopportabile dall'intera umanità e pure dalla Terra, per rallentare occorre che chi è in possesso dei capitali che fanno girare il mondo allargh la cinghia, e ne distribuisca un poco a chi nun c'ha 'na lira?
Cosa vuol dire quindi "se il lavoro non c'è non c'è"? Ogni problema ha la sua causa, e quindi la sua soluzione. Basta riportare il problema nei termini corretti. Se è un problema difficile, tocca impegnarsi di più, ma ridurlo semplicemente al "se non c'è non c'è" la vedo troppo semplicistica.
Ecco quindi un altro esmepio di cosa intendo riguardo al ragionare col proprio cervello, avendo come obiettivo sempre il bene comune. Il lavoro non può non esserci. Per mantenere questa società è necessari coomunque produrre. Quindi qualcosa da fare c'è sempre. Solo che finora abbiamo prodotto troppo pagando poco la mano d'opera, con lucro di pochi oltretutto, ma c'era un equilibrio ocn la quantità prodotta. Ora che non si può più produrre troppo, perchè siamo pieni di tutto, e perchè le risorse si stanno esaurendo, tocca calmarci, e quindi rivedere questo sistema alla base.
Può darsi che non sia la spiegazione corretta, ma almeno è qualcosa di più di un semplice "se non c'è non c'è".
Non mi pare che io abbia voluto scindere il problema dell'economia da quello dell'educazione dei figli. Anche per me è tutto collegato. Non capisco quindi perchè' lo dici.
Hai detto bene, come singoli poco si può fare. E' necessario unirsi.
Ma non ho capito cosa intendi relegando questo problema alle "istituzioni che rendano obbligatoria per tutti la tua razionalità".
Le istituzioni sono solo emanazioni della vlontà politica del governo, dello stato, ovvero in ultima analisi, in teoria, del popolo sovrano. In realtà purtroppo non è così, perchè il popolo attuale non è sovrano, sia a causa di poteri che lo tengono schiavio, sia perchè il popolo accetta, fondamentalmente, questi poteri, senza reagire, senza pretendere di applicare la sua sovranità.
Ecco, quando dici "Penso inoltre che la presa di coscienza nasca attraverso la riflessione sui problemi, sui fatti accaduti, sulle vicende storiche che si ripetono ma mai uguali a se stesse." a me sembra che più o meno diciamo la stessa cosa. Io in fondo chiedo solo di riflettere un poco di più, mica tanto altro. Da questo, ad affibbiarmi l'etichetta di "sciamano", ce ne vuole,... eheheh! ;-) Saluti Mela.
Chi lo stabilisce?
Come faccio io a discutere con te cercando il raziocinio, se a riprova del tuo dire mi porti argomenti religiosi, cherubini, miracoli, arcangeli e quant'altro?
Se il tutto si riduce a dover credere o no alla religione catotlica, ed anzi ad una sua particolare interpretazione come quella che ne dai tu, allora il discorso cambia.
Non c'è ragionamento logico che tenga, di fronte alla "fede" che dimostri negli assunti di una religione, presi alla lettera così come i nostri cari sacerdoti ce la insegnano sin da piccoli al catechismo.
La tua interpretazione dei Vangeli lascia intendere che solo tramite il sacrificio del figlio di Dio possiamo sperare di continuare a vivere, sempre ovviamente senza speranza di felicità, se non forse nell'aldilà.
Quindi, dato che dopo la morte del Cristo di guai ne abbiamo combinati tanti altri, dovremmo aspettarci prima o poi un altro "capro espiatorio"?
No grazie, questa tua interpretazione del messaggio dei Vangeli è quella che secondo me la chiesa cattolica usa per raccontarci le favole per farci dormire sogni tranquilli.
Io ne ho un'altra. La morte e resurrezione è solo una metafora della morte del nostro "Ego", passaggio obbligato per la "rinascita" nell'Amore, il Vero Amore.
Ci sono milioni di persone che vivono senza aver mai conosciuto la storia di Cristo, e sono molto più "cristiane" di milioni di attuali cattolici.
Persino i lupi di "L'Anello di Re Salomone", visto che l'hai citato, dimostrano di conoscere il significato profondo del "porgere l'altra guancia", eppure non sanno leggere, nè tanto meno ritengo siano venuti a conoscenza dell'esistenza di Cristo.
Questa è l'essenza del messaggio di Cristo, sempre secondo me. Eliminare da se stessi la parte egoistica che ci acceca. L'unico fatto tragico non evitabile ora è il dolore causato dalla presa di coscienza che parti di noi si identificano in valori non in linea con il bene comune, con la felicità. Ma è un dramma che è del tutto interiore, e tale deve rimanere, per chi cerca di seguire la giusta via, che è quella del ricercare il male in noi stessi, riconoscerlo, e quindi separarcene.
Tutto quà il messaggio di Cristo. Da un certo punto di vista potrei dire che è stato il primo psicanalista della storia, ovviamente molto più profondo di Freud:-)
Questa è la conoscienza che può salvarci. La conoscenza di noi stessi, di come siamo veramente, di cosa ci spinge a fare una cosa invece di un'altra, di come poter modificare le cause che ci spingono a comportarci in un modo o in un altro... E questa conoscenza si ottiene semplicemente ricercando la sincerità, l'onestà, la Verità. E non c'è bisogno di credere a nessuna religione, per fare questo. Dio ci ha dato tutto il corredo necessario, per farlo da soli.
Ovviamente tutto quanto ho detto è una mia pura ipotesi, confutabilissima se vuoi, ma per favore, non dare dell'idealista a me tu che prendi la religione cattolica a dimostrazione delle tue tesi.
Credo che siamo arrivati al nocciolo Giuseppe.
La tua visione della vita è perfettamente inquadrata nella visione cattolica dominante, e quindi delega all'intervento esterno del figlio di Dio la nostra salvezza.
La mia no. La mia visione richiede che ci diamo da fare. Una sorta di "Aiutati che Dio t'aiuta". ;-)
Chiarito questo, comprendo ora il perchè io e te non si possa trovare un punto d'intesa.
Dovremmo forse confrontarci sul cattolicesimo in particolare, e sulla religione in generale.
Quando vuoi... ;-)
Perchè scrivi che "anche io" devo aiutare i poveri?
Forse che tu hai già venduto tutto e lo hai distribuito a loro? :-)
Facciamo così. Io vendo tutto e lo regalo ai poveri. Ma subito dopo tu fai la stessa cosa, regalando ovviamente qualcosina anche a me che nel frattempo son diventato povero pure io.
Dopodichè ce ne andiamo insieme in giro per il mondo a chiedere l'elemosina e predicare il Verbo.
Ci stai?
Ovvero: qual'è il vero messaggio di Cristo, accettare la nostra viltà confidando nel prossimo capro espiatorio, o metterci in gioco, rischiando del proprio?
Sorrido... ;-)
Alla prossima Giuseppe.