San Francesco di Assisi

fratello Sole e Sorella Luna

Altissimu, onnipotente bon Signore, Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu te mentovare. Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature, spetialmente messor lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumeni noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione. Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si', mi' Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento. Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si', mi Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte. Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore et sostengono infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke 'l sosterranno in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po' skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male. Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate. (Cantico delle creature di San Francesco d'Assisi)

 

SINDONE

 

La figura di Goffredo de Charny, signore di Lirey, in Champagne, sembra uscire direttamente da un racconto cavalleresco. È tra le mani di questo eroico cavaliere che la Sacra Sindone fa ufficialmente la sua apparizione in Francia. Dopo una vita di avventure improntate ai più alti ideali della cavalleria medievale (ed intorno alle quali il nostro scriverà un libro di buon successo, sorta di manuale del perfetto Chevalier), nel 1355 viene incaricato dal re di portare il suo stendardo di battaglia.
È un grande riconoscimento, e il cavaliere non lo disonora: l'anno successivo muore eroicamente nella battaglia di Poitiers, nella strenua difesa dell'Orifiamma, la lingua di tessuto rosso fiammante simbolo del potere supremo e dell'onore di Francia. Come sia giunta, la Sacra Sindone, all'eroico vessillifero di Francia, rimane un mistero. Vediamo le ipotesi che sono state fatte in proposito. La Sacra Sindone potrebbe essere stato un bene di famiglia pervenuto a Goffredo tramite matrimonio o amicizia. Stretti legami collegano Goffredo ai discendenti di Otto de la Roche, feudatario francese e primo duca di Atene, ai tempi in cui proprio ad Atene della Sacra Sindone abbiamo avuto l’ultima segnalazione. La Sacra Sindone avrebbe potuto fare parte dei tesori di famiglia; Goffredo di Charny sposò una diretta discendente di Otto, che avrebbe potuto portargli la reliquia in dote,e fu grande amico di Gautier IV de Brienne, conestabile di Francia e fedele compagno d’armi, anche lui caduto a Poitiers. Se anche non fosse stata materialmente in loro possesso, Gautier IV de Brienne o la stessa consorte potrebbero aver rivelato all'indomito cavaliere il nascondiglio della Sacra Sindone in Oriente: questo spiegherebbe il rapido viaggio di Goffredo oltremare, fino a Smirne nel 1345, ufficialmente compiuto al seguito del Delfino. Ecco il possibile anello mancante della catena che, da Atene, porta il sudario direttamente nelle mani di un cavaliere francese del Trecento. La "pista templare" sostiene che la Sacra Sindone fosse stata affidata a Goffredo durante un periodo di prigionia in Inghilterra, nel castello di Goodrich. Qui essa sarebbe stata portata da quei Cavalieri Templari che scamparono ai roghi e alle carceri di Francia. In contrasto con i fitti misteri dei secoli precedenti, la storia "europea" del Sacro Tessuto, dopo la riapparizione in mano ai de Charny, è sufficientemente documentata: nel 1453 la reliquia viene ceduta da Margherita, ultima erede degli Charny, al duca Ludovico di Savoia. Le travagliate vicende del ducato dei Savoia porteranno in seguito la Sacra Sindone, a più riprese, da Chambéry, in Piemonte, in altre città della Francia e dell'Alta Italia, fino alla traslazione definitiva nella città di Torino nel 1578. La Sacra Sindone, di proprietà di Casa Savoia per oltre mezzo secolo, è stata assegnata, in un lascito testamentario del capo della Casata ed ultimo Re d'Italia S.A.R. Umberto II di Savoia, al Sommo Pontefice. Il re in esilio è morto a Ginevra nel 1983, anno dal quale la Sacra Sindone è divenuta, dunque, di proprietà pontificia.

 

IN FEDE

 

ANTICA SEDE

 

Nel  1102, il Re di Gerusalemme Baldovino II, concesse hai cavalieri di Cristo la custodia del Tempio di Salomone e la residenza nel  monastero fortificato di Nostra Signora di Sion situato a finaco al Tempio, con il passare degli anni il numero dei cavalieri aumentò, cosicchè dovettero trasferirsi a pochi metri, andando ad occupare tutta l'area di quella che era la spianata del Tempio di Salomone, ossia l'area fra la Moschea della Roccia e la Moschea di Al-Aqsaa. A questo punto il loro nome fu cambiato in "Ordine dei Cavalieri di Cristo a Cavalieri del Tempio di Gerusalemme". 

 

 

GOFFREDO DI BUGLIONE

BALDOVINO I

 

templari in Terrasanta

 

 

  


 

 

 

Il Krak dei cavalieri , così chiamato, imponente ancor oggi nonostante i millenni, sorge su un colle di 750 metri , conquistato nel 1109 da Tancredi di Antiochia; fu ceduto in seguito all’ordini cavallereschi. È un castello quasi senza fine, robusto; solo lo spessore della prima cerchia di mura è di 24 metri, la seconda cerchia domina la prima ed infine vi è un robusto mastio che controlla tutte e due; in pratica compongono il krak tre castelli costruiti uno sull’altro ed indipendenti tra loro. Il Krak era considerato il castello più grande tra le tante fortezze -forse il più bello del mondo-, nella valle della Becaa. Il suo nome in arabo significa dunque fortezza, “Karak”, cardine della difesa del porto di Tripoli e della valle d Becaa, inserito come un anello in una collana tra le cui maglie splendevano i castelli della Santa Milizia Templare.
 La fortezza KARAK come la chiamavano gli arabi-. KARAK è un palindromo, cioè una parola che si legge uguale sia da Occidente, sinistra a destra, che da Oriente, destra a sinistra. In sumero significa ‘anima (KA) Sole (sia RA che AR)’. KAR è la ‘forza dell’anima’ [Il nome Carlo ß KAR LU ‘soggetto forza’ comprova].

 

templari lungo la via Francigena

 
La presenza dei Templari in Italia riguardava tanto le regioni settentrionali (ad esempio lungo la via Francigena, una delle arterie principali lungo le quali i pellegrini dalla Francia giungevano a Roma), quanto nelle regioni meridionali e, tra queste, un sicuro ruolo di preminenza fu svolto dalla Puglia per la posizione strategica occupata da questa regione da sempre crocevia tra Occidente ed Oriente. La causa dell'espansione dei Templari in Italia è da ricondurre a due motivazioni principali: la viabilità terrestre e la possibilità di adoperare i porti, in modo speciale quelli della costa pugliese (Manfredonia, Barletta, Trani, Molfetta, Bari, Brindisi), per l'imbarco verso la Terra Santa dei pellegrini e dei Crociati ed il loro rientro, nonché per la spedizione di vettovagliamento e derrate alimentari alle guarnigioni templari in Outremer. L'espansione dell'Ordine (tra la seconda metà del XII secolo sino alla fine del XIII secolo) avveniva secondo una logica ben precisa tendente a privilegiare in primo luogo le località costiere per poi procedere verso l'entroterra. Secondo una stima approssimata per difetto, in Italia erano presenti almeno 150 insediamenti appartenenti all'Ordine del Tempio, di questi meno di un terzo si trovavano nella parte meridionale della penisola.
La maggiore concentrazione di domus templari, molto probabilmente, era nella terra di Puglia ove, tra l'altro, avevano diverse sedi. Gli insediamenti dei Templari erano chiamati in Italia "precettorie" o "mansioni" a seconda della loro importanza, mentre in Francia prendevano il nome di "Commanderies". Anche in Puglia l'espansione sul territorio delle case templari seguì la dinamica sopra esposta: dagli avamposti sul mar Adriatico i Templari cominciarono a penetrare all'interno del territorio pugliese e, in particolare, nelle fertili pianure della Capitanata nell'entroterra garganico e della Murgia in Terra di Bari.I Cavalieri Templari sovente alloggiavano in chiese minori, oratori, cappelle dipendenti da episcopi o cattedrali o in monasteri cui spesso erano annessi ospizi per l'accoglienza dei pellegrini. Grazie all'intervento dei pontefici il Tempio riusciva ad ottenere in concessione perpetua o temporanea immobili appartenenti ad Enti ecclesiastici dietro pagamento di un censo annuo. A volte erano gli stessi Templari a costruire delle chiese, anche se in Italia tale attività sembra essere alquanto ridotta. Ma è soprattutto alle donazioni e ai lasciti dei benefattori che il patrimonio templare vide una rapida crescita sia nelle città che nelle campagne. Le domus templari italiane raramente erano isolate e sovente facevano parte di ecclesiae, con le quali finivano per confondersi. Le domus erano anche costituite nell'ambito delle mansiones, composte nella forma più elementare da un ricovero per i viaggiatori ed una stalla per i cavalli. Le domus-mansiones erano collocate nei centri di transito o confluenza delle principali correnti di traffici e pellegrinaggi che percorrevano l'Italia. La funzione assistenziale era altresì svolta con le domus con annessi degli hospitales.

 

Templari in Puglia

Castel del Monte

All'interno del cortile c'era una vasca ottagonale monolitica che serviva per contenere l'acqua; sotto il cortile vi era una cisterna grandissima. Su cinque delle otto torri c'erano cinque cisterne pensili collocate proprio su quelle torri dove c’erano i servizi igienici. Le cisterne raccoglievano l’acqua e quando erano troppo piene c’era un troppo pieno che scaricava fuori. Il terrazzo del castello è fatto a dorso d’asino: l’acqua che scorreva verso l’esterno riempiva queste cisterne, l’acqua che scorreva verso l’interno riempiva la cisterna situata sotto. Ciò dimostrerebbe che Castel del Monte non è un castello di difesa ma un edificio costruito come un Tempio.Fedeico II, Ordina la costruzione del castello nel gennaio del 1240 e muore nel 1250: c'erano dieci anni di tempo per terminare la costruzione del castello. Alla costruzione del castello hanno lavorato maestranze altamente qualificate come dimostrato dalla costruzione architettonica che è un gioiello di matematica. Le pareti del piano superiore erano tutte rivestite di marmi preziosi che sono stati rubati assieme a sculture e bassorilievi. In quel momento storico particolare in Puglia vi era una presenza molto massiccia dei Cavalieri Templari, i monaci guerrieri i quali erano padroni di tutta la Puglia come dimostrano le numerose testimonianze dal Foggiano al Leccese. La Puglia era una delle dieci province dei Cavalieri Templari disseminate dal centro Europa fino al medio Oriente e in più la Puglia a quel tempo era la cerniera tra oriente e occidente.

 

RE RUGGERO II

Jolly Roger". La tradizione vuole che questo vessillo venisse utilizzato anche a bordo delle navi dei "Poveri Soldati di Cristo e del Tempio di Salomone", come i Templari erano conosciuti originariamente. I Templari combattevano le loro battaglie anche in mare, abbordando ed affondando le navi nemiche: di qui l'analogia coi Pirati e l'adozione della bandiera col teschio e le ossa, la bandiera usata da  re Ruggero II di Sicilia (1095-1154). Ruggero era un famoso Templare e di una flotta di seguaci dell'Ordine si separò in quattro unità indipendenti, quindi era una eredità, e le sue ossa incrociate rappresentavano un chiaro riferimento al logo templare della croce rossa con le estremità ingrossate.sempre legata ai Cavalieri Templari. La notte del 13 Ottobre 1307, prima dell'arresto di massa, in gran segreto, 18 galee templari navigarono lungo la Senna e presero il mare, dirette a La Rochelle, dov'era pronta una flotta templare. I Templari, segretamente avvertiti del tranello teso nei loro confronti dal Re Filippo il bello di Francia, avevano portato in salvo il loro Tesoro e le reliquie più preziose. Le loro vele erano state annerite con del catrame per non essere visti nella notte. Durante il viaggio in mare, i Templari superstiti si riunirono in consiglio per decidere sotto quale segno avrebbero navigato, non potendo più utilizzare la classica croce rossa in quanto ormai bandita. Al termine, fu decisa l'adozione dell'antico simbolo di pericolo, il teschio con le tibie incrociate, con il fondo mutato in nero in riferimento al colore delle vele.

 

 

Portogallo tomar

ORDINE SUPREMO del CRISTO

 E’ il più prestigioso fra gli Ordini Equestri Pontifici, riservato solo ai Sovrani ed ai Capi di Stato, di fede cattolica, che si siano resi particolarmente benemeriti verso la Santa Sede. L’ Ordine venne creato da Dionigi I re del Portogallo ( 1279 - 1325) e dedicato a Cristo, riunendo in tale Ordine tutti i cavalieri del Tempio ( templari ) . Alla nuova istituzione rimase la stessa regola dei Templari, quella Cistercense, come parimenti identici restarono il mantello e la croce patente di rosso, con la sola aggiunta di una piccola croce latina di bianco, caricata sulla prima, in cuore. L’Ordine ebbe l’approvazione del Sommo Pontefice Giovanni XXII il 14 marzo 1319, riservando lo stesso Papa anche alla Santa Sede, oltre che ai Sovrani portoghesi, la facoltà di conferire tale ambitissima distinzione cavalleresca. L’Ordine, con la destinazione di tutti i beni dei cavalieri del Tempio presenti in Portogallo e con lo scopo di difendere il Regno d’Algarve contro gl’infedeli scrisse, nella penisola iberica stupende pagine di eroismo e di gloria, nella dura e sanguinosa lotta contro i Mori. La sede originaria dell’istituzione cavalleresca era situata a Castro Marino, nell’Algarvia ed in seguito venne invece spostata a Tomar, nel vecchio convento dei templari, ribattezzato Monastero del Cristo, per meglio respingere gli assalti dei Mori. Il Sommo Pontefice Eugenio IV ( 1431 - 1455 )

 
Creato da: knighttemplar il 18/05/2008
RICERCHE STORICHE

 

 
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La Terra Idruntina, Abbazia di San Nicola di Casole

Post n°161 pubblicato il 06 Maggio 2013 da knighttemplar

Nel corso del IV secolo la denominazione “Hydruntum” veniva riportata da molti scrittori e sapienti latini nei loro scritti in quanto si riferivano al mare e all’entroterra della “Ydrontinus Ager” dell’attuale Terra d’Otranto. A seguito della caduta dell’Impero Romano d’Occidente si susseguirono una serie di denominazioni nate dai vari gruppi etnici e culturali: Ostrogoti, Bizantini, Normanni e Aragonesi che si stabilirono su questa terra, la cui storia è possibile rivivere la storia attraverso i vari reperti archeologici rinvenuti nel corso degli scavi del 1980, in particolare si è evidenziato molti riferimenti al periodo di dominanza bizantina.
La denominazione di "Terra d'Otranto" deriva dal periodo di regno di Federico II di Svevia allorquando l'imperatore divise amministrativamente il proprio regno in 11 giustizierati di cui 3 erano in Puglia. La terra d'Otranto era per l'appunto uno, gli altri due erano la terra di Bari ed il territorio de l'odierna Capitanata.
Il nome "Terra d'Otranto" venne ripreso anche in epoca aragonese allorquando in omaggio al sacrificio patito dalla città per la presa ed il massacro operato dai turchi, il Duca Alfonso d'Aragona ridiede ai territori di questa parte di Puglia l'antico nome.
La storia antica medievale riporta come la Terra Idruntina sia stato il ponte che univa l’Occidente con l’Oriente sostituendosi all’importanza strategica del porto della città diBrentèsion (Brindisi). Il particolare connubio con il mondo Bizantino, poco conosciuto prima degli anni ottanta, si cementò con i magnifici ritrovamenti emersi stabilendo un profondo legame tra la Città Idruntina e Costantinopoli. L’epoca romana riconobbe alla Città di Otranto la massima potestà tanto da indurre i regnanti ad emettere la propria moneta conservandola sempre come punto di imbarco per l’Oriente. La leggenda riporta Enea sbarcato a pochi chilometri dalla stessa, presso Porto Badisco, San Paolo transitato nella città in occasione della crociata organizzata da Federico II, ed altre evidenze riportanti l’importanza geografica e strategica del porto idruntino. Nel corso del dominio bizantino, Otranto rappresentò un grande punto di forza militare per la sua resistenza ai tantissimi attacchi sferrati dalla guerriglia saracena, condizione sentita in tutta Italia per l’imminente pericolo del nuovo invasore che costeggiava i mari del Sud. La loro resistenza militare, nel corso del tempo, diminuì rendendo facile l’assalto alla Città dalla scimitarra turca, come vedremo più avanti.
I riferimenti storici la descrivono come una penisola di importanza straordinaria per l’Italia antica proprio in virtù della sua posizione geografica nell’Adriatico, poiché rappresentava lo scalo obbligatorio per la Grecia e il Levante e l’Albania. Nel periodo Bizantino era il centro amministrativo di rappresentanza per le province del Sud (IX secolo) e seppe respingere l’onta dell’invasione Barbarica per poi arrendersi alla potenza Longobarda.
Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.), il medioevo italiano fu travolto da numerose invasioni barbariche. Le guerre greco-gotiche (535-553), volute dall’imperatore Bizantino (Basileus) Giustiniano, miravano a riunificare l’impero sotto dominio di Costantinopoli sottomettendo anche la penisola otrantina incapaci di porre la difesa via mare contro l’attacco nemico. Il dominio dell’Impero di Bisanzio si estendeva da Ravenna alla Puglia favorendo una capillare “grecizzazione” del territorio occupato come rimedio bellico da parte dei possibili conquistatori.
La Terra d’Apulia oggi racchiude nei suoi tesori archeologici le indelebili tracce del dominio bizantino, come le cripte chiese e cappelle, che a causa del logorio dell’usura del tempo molte sono in uno stato di degrado. Ma non può sfuggire in questi territori del Salento l’idioma delGriko affine al greco moderno che si parla nella sacca geografica della Grecìa Salentina.
Paesi accomunati da un'origine ellenica e dalla sopravvivenza di un dialetto greco detto "griko", che costituiscono un'isola linguistico-culturale convenzionalmente indicata come Grecìa salentina. Ne fanno parte, attualmente, nove comuni: Calimera, Martano, Castrignano dei Greci, Corigliano d'Otranto, Melpignano, Soleto, Sternatia, Zollino, Martignano.L'attuale area della Grecia salentina è la parte residua di una grecità che andava dallo Ionio all'Adriatico. L'origine delle comunità ellenofone non trova d'accordo i numerosi glottologi che vi hanno riposto il loro interesse. Accanto alle due principali teorie che propendono, rispettivamente, ad un collegamento con l'antica Magna Grecia oppure al periodo bizantino (fine IX secolo), è stata avanzata un'altra ipotesi, ossia se i greci del Salento non siano arrivati dalla Calabria meridionale e dalla Sicilia attraverso una migrazione di monaci scacciati dalla invasione araba sul finire del IX secolo. Questi greci di Sicilia provenivano in sostanza da un'area geografica nella quale l'ellenismo sopravviveva in maniera continua sin dalla fine dell'antichità; il che spiega anche il carattere arcaico dei dialetti greci di terra d'Otranto (fonte salentogriko).

I Papi di Roma consideravano il rito greco delle liturgia fonte di eresia, perciò contrastato con tutte le forze e con l’aiuto dei Normanni, a cui venne promessa sovranità delle terre strappate al dominio bizantino. Nel 1071 i Normanni assunsero il dominio dell’Italia Meridionale, compreso Otranto, senza interferire nelle loro tradizioni culturali, in cambio ricevettero un grande flusso sapienziale proveniente dalla caduta di Costantinopoli del 1453. Quanto asserito trova piena testimonianza storica e architettonica nel periodo dal VIII al IX secolo, in cui si documenta la presenza di piccoli santuari e luoghi di culto scavati nel tufo al servizio delle comunità e dei villaggi rurali che richiamano il modello della civiltà bizantina. Di particolare interesse è la Chiesa di Santa Marina a Muro Leccese, espressione artistica del periodo di dominanza bizantina che conserva il più antico ciclo di affreschi della vita di San Nicola Vescovo di Mira e di tutto l’arco mediterraneo. A Carpignano Salentino, nella cripta della Chiesa delle SS. Cristina e Marina compare l’immagine del Cristo benedicente datata 959 ed eseguita dal pittore Teofilatto su commissione del prete Leone e della sua consorte Crisolea. Nello svolgimento delle attività pittoriche venivano coinvolte maestranze locali, anche se provenivano dall’Oriente e parlavano e scrivevano in greco. In questo affascinante periodo Bizantino l’espressioni raffigurative del Salento sono uguali con quelle presenti in altre terre di loro dominio come Cappodocia, Serbia e Corfù . Le straordinarie sequenze riportano immagini di santi posizionati in modelli frontali e rinchiusi entro pannelli devozionali come la raffigurazione della principessa bizantina S.Barbara di Santa Maria della Croce a Casaranello e S.Filippo e S.Andrea nella cripta di Vaste. Non mancano raffigurazioni del ciclo Cristologico, come la Lavata dei Piedi e l’Ultima Cena in san Pietro a Otranto.
Il dominio Normanno porta alla rifondazione dei monasteri brasiliani, che possono contare sull’immutato appoggio dei nuovi Signori non intendendo frenare il prosequio della cultura ereditata dai bizantini nella grecità. Nell’abbazia di santa Maria di Cerrate si evidenzia la raffigurazione più suggestiva: nella navata centrale appare San Basilio e San Benedetto, (il santo d’Oriente e il Santo d’Occidente) che accolgono insieme i fedeli all’entrata della stessa.
Il nesso artistico coniuga l’idea mediterranea al tempo dei Normanni e degli Svevi dopo. L’alleanza tra lo stile francese di borgogne caratterizzato dall’interno voltato a botte acuta, la rappresentazione islamica della cupola con il decoro dei capitelli a stile bizantino e il gusto islamico del portale viene riportato sull’intaglio ligneo musulmano della pietra leccese.
I monaci benedettini furono ingegnosi nel coniugare le tradizioni artistiche locali con i nuovi modelli artistici portando nel tempo ad una lenta occidentalizzazione . Sarà l’arte della scultura ad adattarsi al nuovo linguaggio latino, esempio ne è il portale di SS. Niccolò e Cataldo nella Chiesa di Santa Maria della Strada a Taurisano. In seguito saranno gli Angioini, con la loro arte francesizzante unitamente al legame francescano, che dal XIV secolo determineranno il linguaggio latino nell’opere di architettura e pittorica.
Nel periodo del VII e VIII secolo, gli imperatori Eraclio e Leone III l’Isaurico emanarono un’ editto con il quale ordinarono la distruzione delle immagini sacre e le icone in tutte le province dell’impero di Bisanzio, i mosaici e gli affreschi vennero distrutti a martellate e le icone fatte a pezzi e gettate nel fuoco. Il motivo di tale censura era quello di stroncare il commercio delle immagini sacre e combattere la venerazione che veniva considerata idolatrica e superstizione. Questa lotta, denominata “iconoclasta”, mise in fuga dall’Oriente molti monaci che per sfuggire alla persecuzione si rifugiarono anche nella Terra Salentina.
I Basiliani, al fine di proteggersi dall’ordine imperiale, si nascosero in luoghi solitari come grotte e foreste, trasformandoli in luoghi d’alloggio e di preghiera. Quando le condizioni naturali non permettevano di utilizzare le grotte, scavavano nella roccia più friabile creando rifugi simili a dei pozzi chiamati “laure”, nel cui ingresso veniva raffigurata l’immagine della Vergine Portinaia a proteggere il loro rifugio.
I monaci basiliani si inspirano alla regola di San Basilio Magno (330-379) e possono essere di rito greco e latino,anche se erroneamente vengono indicati tutti indistintamente monaci cattolici di rito greco. San Basilio fonda la sua obbedienza su due tempi:la prima racchiude 55 articoli e richiama i principi generali della vita monastica (Regulae Fusius Tractatae) e la seconda rappresenta l’ideale da raggiungere per perfezionare il credo cristiano. Di conseguenza anche i laici sono tenuti ad osservare uno stile di vita più consono alla spiritualità cristiana. (Regulae Brevius Tractatae).
La regola diffusa da San Basilio si distingueva per l’abbandono dell’eremo del monachesimo orientale con la diffusione del “cenobio” che erano luoghi di preghiera e di lavoro suddivisi in celle o romitori autonomi, ma favorendo l’interrelazione tra il stessi per una correzione dei difetti ed una crescita collettiva dei monaci. Egli attribuisce un “carattere ordinale” che consiste nel fare integrare i monaci nella comunità civile sottoponendosi all’autorità vescovile nell’esercizio del ministero (cristianesimo) pastorale. Per tale motivo il Santo fondò i suoi monasteri non in luoghi deserti, ma nelle città in modo che la scelta del silenzio fosse legata alla dimensione caritativa verso i poveri; queste cittadelle furono denominate “Città Basiliade”. Il fondamento della regola era sia il lavoro manuale, che rafforzava il corpo, quanto la preghiera, che rinfrancava lo spirito, con lo studio della Sacra Scrittura che illumina la mente. Terminata l’era della persecuzione iconoclasta nell’843 molti monasteri furono costruiti nella fertile terra del Salento importando dal Levante la quercia vallonea dalle grosse ghirlande dalle quali si ricavava la farina per il pane, il gelso, il carrubo, il pino d’aleppo ed incrementando anche l’olivocoltura.
Come già riportato, il momento di maggiore splendore della città idruntina, fu indubbiamente rappresentato dal dominio bizantino, infatti era la terra che si sarebbe contrapposta per la storia la cultura ed il nascente pensiero filosofico e poetico all’intera Europa.
La storia otrantina custodisce molti vestigi medioevali che testimoniano ancora oggi il grande crocevia che la penisola ha vissuto nel fiorente periodo bizantino e normanno. Da questa terra si diffuse in tutta Europa il più maestoso laboratorio culturale divenendo il richiamo dei grandi sapienti del medioevo: il Monastero di San Nicola di Casole. Ancora oggi a circa un chilometro e mezzo dal centro abitato della città di Otranto, sulla sinistra della litoranea Otranto - Santa Cesarea, rimane la Chiesa di San Francesco di Paola con le rovine dell’annesso convento costruito sul colle della Minerva, ove gli ottocento martiri otrantini caddero sotto la ferocia scimitarra turca. Proseguendo in tale direzione sulla destra invece si trova un sentiero alberato al cui termine si ritrovano i ruderi informi di ciò che resta dell’Abbazia di Casole con le sue colonne che hanno sorretto per tanti secoli il luogo dell’idee e dei pensieri fra l’Oriente e l’Occidente.
Sul muro superstite si osservano due pilastri polistili con pochi elementi architettonici che non lasciano comprendere lo stile originario. Osservando ad occhio nudo, ciò che rimane dell’antica fonte della conoscenza, solo l’immaginazione può ricreare la solennità dell’antica e complessa “pratica” di studi spirituali, filosofici, artistici derivanti dalla primiera regola di San Basilio (torneremo più avanti), rievocando oltre al fervore spirituale quello culturale da cui derivò la magnifica sapienza dei monaci basiliani.

 

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BRAY

 

 

Sceau (SIGILLO) de la baronnie de Bray

La baronnie de Bray s'étend le long d'axes stratégiques comme la Seine, la voie romaine de Sens à Meaux qui permet de passer le pont en marquant le c'ur de la châtellenie de la vallée de l'Oreuse, la limite du comté de Champagne et l'Yonne. Ses barons Henri le Libéral, comte de Champagne, puis Jacques, duc de Savoie, gèrent les territoires autour de dix places principales : Passy, Montigny, Bazoches, Les Ormes, Dontilly, la Villeneuve-du-Comte, Égligny, Vin-neuf, Courlon et Bray-sur-Seine.

 

 

CENNI STORICI SUL MIO CASATO BRAY

 Il casato BRAY-BRAI, cognome sembra essere derivante dal francese (e prima da quello, Celtico). Il nome proviene da diversi periodi storici nei paesi d'Europa. Contea Wicklow, l'Irlanda, vicino a Brayhead. Nelle annotazioni antiche il nome era Bree, preso dal vecchio bri o brigh irlandese, una collina. Questa parola è simile nelle vecchie lingue gaeliche e celtiche; In Inghilterra il nome è trovato applicato alle parrocchie in contee Devon e Berks. Molti città e distretti in Francia impiegano il Bray o certa forma del nome, come: Bray-sur-Somme, Bray-sur-Seine, Bre-Cotes-du-Nord, Bray-La-Campagne, Bray-Calvados e paga de Bray. Ci sono parecchi posti chiamati BRAY in Europa, la città Bray in Inghilterra è in Berkshire sul fiume di Tamigi vicino a Windsor, Bray in Irlanda è sul sud del litorale appena di Dublino in contea Wicklow e ci è un distretto chiamato paga de Bray vicino a Rouen e ad un villaggio Bray vicino a Parigi in Francia in Lilla."La gente normanna„ dal Re", condizioni il nome deriva da un posto denominato Bray vicino ad Evreux, Normandia; Milo de Brai 1064 era signore di Montlhéry a partire dal 1095 sua moglie era Lithuise figlia di Stephes conte di Blois e di Adela della Normandia, figlia di William il conquistatore ed il suo figlio dello stesso nome Milo II de Brai 1118 signore di Montlhéry e di Braye, visconte di Troyes 1096,  il figlio maggiore Trousseau de Brai, signore di Monthléry  sua figlia Elizabeth di Montlhéry nel 1103 sposò Philip, Conte di Mantes, figlio di Philip I della Francia e di Bertrada de Momtfort, parteciparono alla 1^ crociata nel 1096. Nel  1066, sir Guillaume de Brai, successivamente in inglese William de Bray e sir Thomas de Bray, parteciparono alla conquista dell'Inghilterra a fianco del Duca di Normandia William. Sul rotolo nell'abbazia i nomi di coloro che hanno partecipato alla battaglia di  hastings. Al Servizio dei Re d'Inghlilterra dal (1066 - 1485): In un villaggio vicino Berkshire Bray vi è una chiesa del XII secolo costruita da Bray, in cornovaglia. sir Richard Bray cavaliere della giarrettiera e Consigliere al servio di Henry VI e della sua moglie Joan Troughton. Nel Concistoro del 22 maggio 1262 fù nominato Cardinale Guillaume de Bray da Papa Urbano IV . Il casato si stabilì in Puglia in Gravina e nel salento. Nominis reliquiae supersunt planissime, Bibracte Galliae etiam nunc in Bray contrahitur, et non procul hinc Caesar Tamisim cum suis transmisit ...",

 

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Il Santo Padre con il Vescovo di Ugento (LE) Mons. VITO DE GRISANTIS in occasione della visita a Santa Maria di Leuca (LE) "de finibus terrae"14 Giugno 2008


 

SIGILLUM MILITUM

 

A Troyes Francia nel 1127, i Cavalieri Templari adottarono il motto: "Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", ossia "Non a noi, Signore, non a noi, ma al Tuo nome da gloria". E’ facile immaginare come un simile motto potesse accendere gli animi.
San Bernardo da Chiaravalle inoltre trasmise ai cavalieri la devozione a Maria e il grande rispetto per la donna, la Regola infatti cita: "Maria presiedette al principio del nostro Ordine

 

INVESTITURE

 

Nel medioevo il cavaliere veniva istruito nell’uso delle armi; egli era sottoposto a studi che ingentilivano gli animi e di ordine morale. Altre caratteristiche della cavalleria erano: cortesia, difesa della giustizia, appoggio alla debolezza, omaggio alla bellezza, idealizzazione dell’amore come mezzo di elevazione morale. L’incontro con il soprannaturale, secondo le credenze d’epoca, avrebbe completato l’iniziazione del cavaliere.

Iniziazione cavalleresca
La vestizione - com’era chiamata l’iniziazione cavalleresca - era considerata già alla fine del XI -XII secolo con la fondazione degli Ordini un "ottavo sacramento". Il candidato vi si preparava con una notte di veglia in armi nella cappella di famiglia, inginocchiato davanti all’altare. Veniva poi purificato con un bagno rituale, confessato e comunicato. Seguiva una messa solenne, al termine della quale avveniva la vestizione vera e propria, che consisteva nella consegna da parte del sacerdote della spada consacrata, degli speroni, dello scudo, della lancia e delle varie parti dell’armatura, che appunto il giovane indossava.
La cerimonia si concludeva infine con l’accollata o palmata, cioè con un colpo inferto col palmo della mano dal padrino sulla nuca del neofita, o anche di piatto con la spada sulla spalla. Era consuetudine che il colpo fosse di una certa forza, tanto da far vacillare il ricevente.
 
Bisognava alimentare tra i cavalieri rapporti di solidarietà, lealtà, fratellanza, oltre che naturalmente di fedeltà incondizionata. Non importava che la compagnia fosse numerosa; importava che fossero saldi i legami al suo interno e che ne facessero parte, soprattutto, quei pochi vassalli davvero in grado - per valore, potere, prestigio personale - di controllare tutti gli altri.

 

 

RE CRISTIANI

 

 

CATTEDRALI GOTICHE

 

I Cavalieri Templari, si ritiene avessero rinvenuto documenti relativi alle "LEGGI DIVINE DEI NUMERI,DEI PESI E DELLE MISURE" sotto le rovine del Tempio di Salomone a Gerusalemme e li avrebbero forniti ai costruttori di cattedrali.

Le cattedrali gotiche sono dei veri e propri libri di pietra, per tramandare straordinarie conoscenze che solo poche persone iniziate a simboli ed a codici particolari, avrebbero potuto comprendere. Infatti la grandiosità, l'imponenza e tutta una serie di misteri non risolti hanno fatto diffondere attorno alle cattedrali gotiche numerose leggende legate a figure ed oggetti leggendari della storia del Cristianesimo, dai Cavalieri Templari al Santo Graal.

Furono costruite improvvisamente in Europa, intorno al 1128 (cattedrale di Sens), proprio dopo il ritorno dei Cavalieri Templari dalla Terrasanta, con una maestria costruttiva tecnica e architettonica completamente diversa dalle precedenti chiese romaniche. Una dopo l'altra, sorsero le cattedrali di Evreux, di Rouen, di Reims, di Amiens, di Bayeux, di Parigi, fino ad arrivare al trionfo della cattedrale di Chartres. I piani di costruzione e tutti progetti originali di esecuzione di queste cattedrali non sono mai stati trovati. Le opere murarie erano fatte con una maestria eccezionale. Per i tecnici, come gli architetti, ad esempio, possiamo vedere come i contrafforti esterni esercitano una spinta sulle pareti laterali della navata, e così facendo il peso, anziché gravare verso il basso, viene come spinto verso l'alto, e tutta la struttura appare proiettata verso il cielo. Le Cattedrali inoltre sono tutte poste allo stesso modo: con l’abside rivolto verso est (cioè verso la luce), sono tutte dedicate a Notre Dame, cioè alla Vergine Maria e se unite insieme formano esattamente la costellazione della Vergine.

Inoltre vennero costruite su luoghi già considerati sacri al culto della "Grande Madre", ritenuto il culto unitario più diffuso prima del Cristianesimo; molti di questi luoghi inoltre sono dei veri e propri nodi di correnti terrestri, ovvero punti in cui l'energia terrestre è molto forte (grandi allineamenti di megaliti). Hanno pianta a croce latina: la croce "é il geroglifico alchemico del crogiuolo" (Fulcanelli), ed è nel crogiuolo che la materia prima necessaria per la Grande Opera alchemica muore, per poi rinascere trasformata in un qualcosa di più elevato.

Sono adornate da un gran numero di statue o bassorilievi raffiguranti figure altamente simboliche e simboli magici ed esoterici, che poco hanno a che vedere con la loro funzione di chiese cristiane ed hanno un particolare orientamento in modo che il fedele, entrando nell'edificio sacro, cammini verso l'Oriente, ovvero verso la Palestina, luogo di nascita del Cristianesimo.

Ciascuna cattedrale è dotata di una cripta in cui secondo alcune tradizioni sarebbero nascosti degli oggetti sacri molto importanti (ad esempio si dice che in una delle cripte della Cattedrale di Chartres sia custodita l'Arca dell'Alleanza, e che quando questa cripta sarà scoperta la cattedrale crollerà al suolo). Ma le cripte sono legate ad un altro elemento molto misterioso: le "Vergini Nere", statue o bassorilievi, che raffigurano appunto la vergine Maria, con la particolarità della carnagione scura.

 

Francia Parigi

 

 

Notre Dame

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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