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Vite interrotte la notte di capodanno. Parte quinta
Post n°1066 pubblicato il 11 Ottobre 2015 da lascrivana
Bella, seducente, spaventata. A pochi passi di distanza, la vide avvicinarsi alla parete, sorrise. -Si, Anna. Tra poco scoprirai la verità- disse ad alta voce. Ma lei non poteva udirlo ne vederlo, non ancora. Settecento anni erano ormai trascorsi, sette secoli in cui aveva anelato quel momento. Ed ora, allo scoccare del terzo millennio, quell'attesa sarebbe stata premiata ed egli, finalmente, avrebbe avuto la sua sposa. Non volle nemmeno pensare a un fallimento, tanto meno a un rifiuto. Se ciò fosse avvenuto, oltre a venir privato dell'immortalità anche l'orologio avrebbe del tutto perso il suo potere, condannandolo alla solitudine sino alla fine dei suoi giorni. Pietro De Vito, l'uomo che aveva vissuto nell'ombra, colui che tutti avevano ripudiato, stava per avere la propria rivincita. Portandosi le mani al volto deturpato, si passò le dita sulla carne informe quindi, in un sussurro, recitò le parole dell'antica profezia. -Il fato, maligno e perverso, ha fatto si che nessuna donna ti avesse mai notato. Sconvolte e spaventate, inorridivano fuggendo tutte a gambe levate. Ma, all'alba del terzo millennio, una di loro resterà. Anna, viso dolce e anima pura, sarà la tua sposa e la tua cura- Quella cantilena aveva sempre avuto il potere di calmarlo. Ed anche ora, osservando la sua promessa sposa, un senso di pace lo pervase completamente. -Oh Claudio, se solo tu potessi assistere al momento del mio trionfo- Per un istante, quel pensiero sembrò scalfire la gioia che stava provando. Ma fu giusto un attimo. Claudio De Vito, l'uomo che sette secoli prima aveva dato inizio a quella torbida storia. L'uomo che, senza alcun indugio, non aveva esitato a rinchiuderlo in un istituto. Claudio De Vito, suo fratello gemello. Si era sempre vergognato di lui, trattandolo come una bestia e nascondendolo alla vista delle persone. Dio, quanto lo aveva odiato. In lui, Pietro vedeva quello che non sarebbe mai stato. Bello come il sole, aveva sempre avuto le donne più desiderate e tutte, invariabilmente, cadevano ai sui piedi come pere mature.
Rinchiuso nella misera cameretta dell'istituto, Pietro aveva meditato a lungo sulla propria vendetta. Ma come avrebbe fatto a fuggire da quel luogo? La risposta era giunta in una notte burrascosa. Tuoni e lampi avevano sferzato l'aria sin dalla sera precedente e Pietro, da sempre impaurito da quei fenomeni, si era rintanato sotto le coperte. Erano state ore da incubo, durante le quali sonno e veglia si erano alternati allo scroscio della pioggia incessante. Quando, infreddolito e avvolto nella pesante coperta si era destato, il silenzio l'aveva colpito come una mazzata. Non si trovava più nella propria cella, ma in una sorta di cantina dove una libreria, di grosse dimensioni, sembrava essere l'unico mobile presente. Intimorito, era sceso dal letto e aveva fatto alcuni passi. All'apparenza, non si notava alcuna via d'uscita ma, stranamente, la cosa non l'aveva turbato più di tanto. Quel luogo aveva qualcosa di magico. L'atmosfera gli era apparsa più leggera, e il suo spirito, da sempre tribolato, parve aver improvvisamente trovato pace. Avvicinandosi alla biblioteca, aveva alzato un braccio per prendere un voluminoso tomo. Come e perché avesse scelto proprio quello non se l'era mai domandato, ma era come se lo avesse chiamato. Sul dorso, rosso fiammante, erano incise solo tre lettere dorate: P.D.V. Pietro De Vito. Con mani tremanti, l'aveva tolto dal suo alloggio ed era indietreggiato. Subito, un vento gelido si era alzato per la stanza, mentre gli altri libri, come a un segnale, si erano messi a ondeggiare pericolosamente. Quindi, con un rombo assordante, erano precipitati tutti al suolo invadendo la stanza. Travolto da quella valanga di carta, era stato sospinto sino a una poltrona che, sino a quell'istante, non aveva notato. Quando la furia si era ormai placata, aveva alzato gli occhi verso la biblioteca ed era inorridito. Al posto dei libri, dieci teche di cristallo sembravano fissarlo come grandi occhi. In ognuna di esse, un corpo umano perfettamente conservato galleggiava in un liquido denso ma limpido come acqua. Tutte tranne l'ultima, completamente vuota. Ancora shoccato da ciò che stava osservando, quasi non si accorse che il libro che stava reggendo si era aperto da solo. Abbassando lo sguardo, aveva letto le prime righe.
“Nove son le vittime appurate, ma la decima, la preda più ambita, ancora resta in vita. Toccherà a te, impuro e osceno immortale, conservarla tale”
Aveva chiuso di scatto il libro e l'aveva gettato a terra ma, quando aveva tentato di alzarsi, qualcosa l'aveva tenuto ancorato alla poltrona. Danio e Laura |
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