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LA SEDIA DELLA FELICITA' Recensione

Post n°7029 pubblicato il 11 Settembre 2015 da romolor
 
Foto di romolor

di Romolo Ricapito

BARI, 29 APR. - Ottima risposta del pubblico per l'ultimo film di Carlo Mazzacurati," La sedia della felicità". Il regista, scomparso nel gennaio scorso per una grave malattia, ha dedicato l'opera nei titoli di testa alla moglie Marina e alla figlia Emilia, che appena diciottenne un anno fa ha esordito come fotografa dilettante in una mostra tenutasi a Bolgheri, dove all'interno di una ampia varietà di foto in bianco e nero venivano mostrate anche alcune immagini tratte dai set del padre. La vicenda del film vede protagonisti due sfortunati gestori di negozi contigui: uno è un tatuatore (Valerio Mastandrea), l'altra un'estetista con salone di bellezza che include un piccolo centro di abbronzatura (Isabella Ragonese). Le rispettive attività commerciali non rendono e i due sono oberati dai debiti. Durante una visita in carcere a Norma Pecche, interpretata da Katia Ricciarelli, madre di un certo Mirko, bandito e rapinatore, l'estetista riceve dalla donna morente una confidenza e cioè che all'interno di un'antica sedia, custodita in una villa disabitata, è nascosto un tesoro, frutto di una serie di furti. L'estetista allora si adopera con ogni mezzo nel cercare di ritrovare la sedia, ma si trova costretta (perché in grave pericolo a causa di un animale selvatico) a chiedere aiuto all'amico tatuatore. Da qui parte una ricerca spasmodica di una serie di sedie tutte uguali: è infatti impossibile rinvenire subito il tesoro tanto desiderato, perché la magistratura ha sequestrato i mobili della villa, rivendendoli attraverso un'asta pubblica a svariati soggetti privati. E' evidente quasi sin da subito che a Valerio Mastandrea il regista dell'opera ha affidato il ruolo d'assalto, sul quale si sostiene buona parte del canovaccio. A Isabella Ragonese il compito di ingentilire il tutto, mentre le diverse partecipazioni amichevoli di molti attori, da Antonio Albanese a Silvio Orlando, servono per incuriosire il pubblico. Esistono poi diversi camei, un tantino più sostanziosi, distribuiti tra vari attori, dalla già citata Katia Riccarelli a Raul Cremona, quindi la bravissima Milena Vukotich, Maria Paiato... A questo ensamble il compito di vivacizzare una sceneggiatura (scritta dallo stesso Mazzacurati con la barese Doriana Leondeff e in più Marco Pettenelli) che include diversi guizzi, ma altrettante interruzioni, dovute a una vicenda forzata e dalla struttura debole. Alla fine scopriamo che la vera protagonista del film è la..sedia. E' chiaro allora che tale oggetto inanimato non può reggere la struttura di una lunga narrazione, perciò l'opera risulta frammentaria e anche presuntuosa. Inoltre personaggi come il prete interpretato da Giuseppe Battiston appaiono delle figure fuori moda all'interno di una cinematografia avulsa dagli attuali contesti e un po' imbarazzante perché troppo ispirata al passato, ma senza sufficienti innovazioni... E' il testamento di un regista che vuole lasciare il segno, ma che non ha più gli strumenti artistici per graffiare, se non la sua riconosciuta professionalità e serietà di intellettuale e cineasta. A colpire sin da subito è la stupenda fotografia di Luca Bigazzi, mentre la cinepresa vagabonda in un mondo ibrido, che ci mostra tanti ambienti della quotidianità veneta : dal ristorante cinese ormai diventato più caro di quelli d'essai, alla pescheria, fino al cimitero locale. I personaggi troveranno una pace interiore nella bellezza della montagna, ambiente puro abitato da montanari dal cuore d'oro e privi di sovratrutture.


ROMOLO RICAPITO

 

 
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