delirio

Si dice che Rembrandt appartenga a quella famiglia di artisti per cui il fiume della vita si separa in due rami non comunicanti fra di loro. Il pittore è sensibile all’umanità di ognuno, dal dio crocifisso al bambinetto che impara a camminare; ma gli esseri che lo circondano, sono solamente messi al servizio della creazione e del creatore. "Oh me! Oh vita!" Scriveva, invece, Whitman, ponendosi gli stessi infiniti cortei di domande che ricorrono in tutti coloro che con l’arte si cimentano, volendolo o non potendolo non fare… E così ti scrivo anch'io, ma con le sue parole, dicendoti che chiunque scrive ha occhi che invano bramano la luce, eppure la domanda - ahimé! così triste e ricorrente in ognuno di noi- è sempre la seguente: - Cosa c’è di buono in tutto questo, oh me, oh vita? – Qual è, dunque, la relazione tra il vivere ed il creare? Forse che soltanto l’egocentrismo dell’artista può assicurare la generosità delle sue creazioni, pertanto è necessario il sacrificio della vita per garantire l’immortalità dell’arte? Forse. Ma la risposta potrebbe invece davvero essere che tu sei qui, che la vita esiste, e con lei l’identità; ma soprattutto che il potente spettacolo continua e tu puoi contribuirvi con un verso. P.S. Come sempre...in ritardo, ma ho letto anche il tuo precedente post, e se lo vuoi leggere ti ho lasciato un commento. A presto, mio caro wood.