delirio

E’ la stagione albina di pregiudizi e diffidenze tragiche quella che vuoi raccontare nell’avvampare torrido senz’acqua dell'Africa centro occidentale, ma il griot sei tu, woodenship, a raccontare chi mendica, peregrino, gocce inesistenti, boccheggiando miraggi di foglie e pioggia mentre onomatopeiche lettere declini in crepe avide, aridi veli di sabbia assetata e crete esiccate. Spighe crespi, descrivi, tra i capelli delle donne che, nude di linfa, fluenti di lavoro e vaneggi recitati al vento, s’inardiscono come foglie ammucchiate anzitempo, in un luglio dove ancora non dovrebbe cader foglia. E l’arrivo d’agosto ci racconti con un segnale del merlo. Una secca sveglia che ci rinnova sete di storie acquatiche, di leggendari incantesimi che ridestino l'acqua, miti che raccontino il piovere dal cielo e lo sgorgare vita perenne dalle fonti ed occupino il posto di quelle buie che la ragione non concepisce, di perseguitate pigmentazioni della pelle, di estraneità braccate ed estinte…Ma le preghiere invocate per la rinascita dell’acqua non ci salvano neppure per il breve istante di una stagione, facendoci respirare in un’oasi di refrigeri benevoli, perché anche la dea materna di benevolenza liquida, con il suo arrivo di pioggia e vivifico nutrimento, non resterà di sostegno e ispirazione per il tempo necessario, ma trasmuterà la sua abbondanza in eccessi in cui annegare e l’interrogativo resta se l’essere viventi carni offerte per il fuoco oppure devastati olocausti sotto lo scacco acquatico di ripetute inondazioni senza pace…