delirio

Suona quasi come il battito gonfio di una passione evangelica questa tua lirica, e si avverte il potente sentimento arrotato a dura ammissione di una resa inammissibile per bocca, si avverte un temporale non ancora pianto, che sa d’acqua salata nell'annegare di ogni giorno. E una voce gioca tra il sei ed il siete, nel verso d’un gabbiano che vola in un ponte, senza soluzione per una continuità di voli e coste, tra la prima persona singolare e la terza plurale; nelle foglie di una pace fatta a simbolo nella natura cullata a filo d’acqua e nell’incanto di un intreccio tra il me ed il voi, che è un riflesso di una promessa fatta terra. Mi penserete alata…dice, forse la luna in cielo rossa, rugata di nubi narcisa, mentre si chiede, come un angelo di Wim Wenders così lontano, così vicino che cosa vorrebbero sentirsi dire da lei le altre voci che, querule, per quelle due sillabe estorte e messe in croce, si porterebbero volentieri a spalla un sempiterno via crucis per altre mille vite… Ma è la luna quella che vedi? Lei diventa un tu ma non è la luna quella seconda persona singolare…e come un gabbiano torna ad esserti nel verso…o nelle foglie d'ulivo, argento novello, e nell’incanto di un intreccio che è un riflesso di promessa fatta terra, ma questa volta tra un me ed un clamore di faro, divenuto un tu...E mi viene da terminarla mistificando te, come i profeti, dicendo “Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.” E’ bellissima, caro wood…