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CRIMINOLOGIA, PSICOLOGIA FORENSE, VIOLENZA, VITA E MORTE, CITTA' DI SANGUE,

Post n°1617 pubblicato il 19 Gennaio 2009 da psicologiaforense

I SINTOMI DELLA VIOLENZA CHE NON SAPPIAMO VEDERE

Anche oggi, come tutti i giorni,  dobbiamo occuparci   di inauditi episodi di violenza: albanese ucciso a calci, barbone bruciato vivo, bimba violentata in classe (all'AQUILA)  costretta a frequentare la scuola con i suoi carnefici.... Sempre oggi leggiamo di omicidi per "futili" motivi, di donna uccisa in casa per pochi euro, di violenze in famiglia, di pedofilia, ecc....ecc.... Tutto ciò mi ricorda un Amico carissimo FRANCESCO ALBERONI che con ACQUAVIVA SABINO SAMELE e con LUCIANO GALLINO mi furono colleghi e Maestri.
SCRIVEVA ALBERONI SUL CORRIERE DELLA SERA: .... interroghi i vicini di casa, i familiari, il padre e la madre, i fratelli, e la risposta è sempre la stessa: era gente tranquilla, perbene, lui un bravo ragazzo, chi mai avrebbe potuto immaginare una cosa simile? Mai un sintomo, un indicatore, un indizio che potesse far temere lo scoppio di tanta violenza. Ma davvero non c' era? O la gente semplicemente non osserva, o guarda in modo distratto perché non sono fatti suoi? O invece ha visto qualcosa ma ha preferito non preoccuparsi, dimenticarlo? O, infine, aveva capito che il problema c' era, ma ha taciuto, l' ha tenuto nascosto. Quanti genitori, soprattutto quante mamme, sanno in realtà che il loro figlio è un violento, ma sperano di farlo star buono trattandolo con dolcezza e lui sta al gioco comportandosi con lei in modo affettuoso. E non vogliono sapere che cosa fa fuori di casa e, se qualcuno lo dice loro, balzano in sua difesa come leonesse. Per cui tutti tacciono e smettono di vedere. E' più facile che se ne accorga un estraneo, magari in un incontro casuale e scambiando solo poche parole. Perché la prima impressione è come una lastra fotografica vergine che registra in modo obiettivo, senza le deformazioni del rapporto formale. Vi sarà capitato di entrare in una casa, di veder due coniugi e accorgervi che c' era fra di loro una tensione dolorosa, drammatica. O di incontrare una persona che ha negli occhi il vuoto della disperazione. O un automobilista che scende dalla sua macchina dopo aver tamponato chi gli stava davanti, pieno di odio. O, incontrando un funzionario, un magistrato, di percepire il gelo mortale, la fredda cattiveria del suo animo. Oppure di capire, dal sudore, dallo spasimo del corpo, dalla tensione dei suoi muscoli che quel giovane maschio è pronto a stuprare o a uccidere. Più difficile prevedere quello che gli psichiatri del passato chiamavano il raptus melanconico, il depresso che diventa improvvisamente violento e uccide se stesso e i suoi cari. O nella donna il gusto di accumulare una tensione, che poi esploderà improvvisa lasciando l' uomo di schianto. E nell' uomo così lasciato la violenza nascosta dietro le dichiarazioni d' amore, la preghiera, il pianto, ma pronta a uccidere. Sì, se teniamo desta la nostra intelligenza e la nostra vigilanza, un segno lo troviamo sempre...."

 
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