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P A T R I E   G A L E R E

Post n°841 pubblicato il 30 Maggio 2008 da psicologiaforense
 

IMPRESSIONI, SUGGESTIONI, PAROLE :
DETENUTO E PSICOLOGO DEL CARCERE.

II colloquio di primo ingresso, quello che dovrebbe introdurti alla vita di galera, è molto spesso una formalità espletata rapidamente, che tutti (detenuti, guardie e psico­logi) portano avanti con noia. SEI DEPRESSO? HAI INTENZIONE DI SUICIDARTI? HAI NEMICI DA CUI PROTEGGERTI? VUOI VENDICARTI CON QUALCHE DETENUTO QUI DENTRO?
Come se chi si volesse suicidare ne anticipi pubblicamente le intenzio­ni. O chi volesse ammazzare uno di un'organizzazione criminale rivale avverta tutti prima, in un moto di sincerità. Forme, procedure tutte pensate in un'ottica di autotutela dell'amministrazione penitenziaria. Cosicchè se quella persona si dovesse poi effetti­vamente ammazzare, da qualche parte, in qualche carta risulterà che comunque era sta­to sentito, ascoltato, osservato, aiutato, AVVERTITO CHE NON SI FA E NON SI DEVE NEANCHE PENSARE. Seguendo la stessa logica di autotutela, al detenuto depresso si toglie la bomboletta del gas con cui dovrebbe cucinare, le lenzuola con cui dovrebbe coprirsi la not­te. A tutti i detenuti invece si tolgono le cinture dell'accappatoio e quelle dei pantaloni. In carcere sono vietate.

Come non si sapesse quanto sia lungo l’elenco di quelle che io chiamo “malizie carcerarie”, ovvero armi costruite con le cose più impensate: il manico di un cucchiaio, la molla di un materasso, un pezzo di vetro, anche schegge di legno alla bisogna; in carcere sarà anche vietato indossare la cintura. Ma è impressionante il numero di cose da cui un uomo prigioniero impara a ricavare un’arma.

 

 
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