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LA SENTENZA, PICCHIA LA MOGLIE PER 24 ANNI, MA PER IL GIUDICE IL DIVORZIO NON È PER COLPA: «LA DONNA HA TOLLERATO»

Post n°8483 pubblicato il 13 Novembre 2015 da psicologiaforense

I giudici le hanno creduto ma le hanno dato torto : è vero che «è stata costretta a lasciare la casa coniugale per le continue percosse e minacce subite dal marito»; è vero che «da anni spesso il marito arrivava a casa ubriaco, insultava e percuoteva la moglie»; ed è vero che «dopo anni di accessi al pronto soccorso la convivenza non poteva protrarsi oltre». Tutto documentato, ma la moglie non ha diritto a niente.... 


DONNE VIOLENZA E ANCORA VIOLENZA

Per 24 anni una donna ha subito percosse e violenze, ha visto un figlio finire in galera e una figlia portata via dai servizi sociali perché non poteva crescere con un padre violento, maltrattante ed alcolizzato. Ha sopportato: per debolezza, per paura, perché non aveva scelta. Ma alla fine se ne è andata via e  ha chiesto la separazione da addebitarsi al marito. Ma i giudici della quarta sezione civile del Tribunale di Genova le hanno dato torto. 


La coppia aveva contratto matrimonio nel 1991, a Genova, l’anno successivo era nato il primo figlio, otto anni dopo la seconda. Ma le botte erano cominciate subito e non sono mai terminate, finché suo marito è finito in carcere e lei ha deciso di andar via di casa, trovando rifugio in una comunità protetta. Il tribunale le ha creduto: è vero che «è stata costretta a lasciare la casa coniugale per le continue percosse e minacce subite dal marito»; è vero che «da anni spesso il marito arrivava a casa ubriaco, insultava e percuoteva la moglie»; ed è vero che «dopo anni di accessi al pronto soccorso la convivenza non poteva protrarsi oltre». Tutto documentato, ma la signora ha sopportato troppo, e quindi ora non ha diritto a niente. Non esiste un rapporto di causa evidente tra le ripetute violenze subite nel corso degli anni e la rottura del matrimonio, «avendo peraltro essa stessa ammesso che tali condotte sono iniziate nell’anno 1991, subito dopo la celebrazione del matrimonio», scrivono i giudici. E aggiungono: « La signora ha dunque di fatto tollerato tali condotte».

 
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