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FICHI SECCHI di Teresa Ramaioli

Post n°17227 pubblicato il 02 Gennaio 2015 da dinobarili
 

FICHI SECCHI 

di Teresa Ramaioli

iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 29/12/14 alle 12:30 via WEB
FICHI e FICHI SECCHI---Molto noto ai popoli dell'antichità, nell’Antico Testamento il fico, insieme con la vite, era simbolo di fertilità e vita gioiosa. Ai tempi della Grecia classica i frutti di quest'albero venivano considerati "degni di nutrire oratori e filosofi", Platone era ghiottissimo di quelli secchi, e se un bambino soffriva di balbuzie veniva portato sotto ad una fico per cercare di facilitargli la favella. Il fico era un albero sacro a Priapo, dio della fertilità greco e romana. La medicina popolare vedeva nei numerosi semini, circa seicento per frutto, un segno della sua attitudine a favorire la fecondità. A luna crescente le coppie sterili staccavano due foglie da un albero e le mettevano sotto ai rispettivi cuscini perché si pensava avessero il potere di far arrivare dei figli. Era la pianta per eccellenza delle origini della Città: infatti la cesta di Romolo e Remo neonati, in balia delle acque del fiume Tevere, fu fermata dai rami di un fico selvatico. Nei testi sacri cristiani, invece, il fico ha valenze sia negative che positive e ci sono più di trenta riferimenti (a seconda delle traduzioni). Per esempio, nei Vangeli si possono ricordare: - la maledizione del fico sterile (Matteo 21, 18-22); (Marco 11) - la parabola del fico sterile (Luca 13, 6-9) - la parabola del fico in erba (Marco 13, 28-29); (Matteo 24, 32-33); (Luca 21, 29-31) E il testo biblico del Genesi (3,7) dice: «Allora si aprirono gli occhi e si accorsero di essere ignudi, cucirono delle foglie di fico e ne fecero delle cinture» Non va dimenticato, anche, che secondo una leggenda medievale, Giuda, spinto dal rimorso di aver tradito Gesù, si impiccò ad un albero di fichi. Oggi il fico fa parte del panorama Mediterraneo, dalla Spagna alla Turchia. In Italia lo si trova in Puglia, Campania e Calabria, ma è presente anche nelle altre regioni. Centinaia le diverse varietà di questi frutti. La più comune è la “Ficus carica”, dalle molteplici dimensioni e colori, dal giallo al nero. I fichi vengono definiti a seconda del periodo in cui maturano: "fioroni" o "primaticci" (giugno e luglio), "forniti" (agosto e settembre), "tardivi" (autunno). I fichi generalmente vengono raccolti a completa maturazione con tutto il peduncolo, nella ore più calde e asciutte della giornata. Questi frutti ricchi di zucchero, minerali e vitamine, sono facilmente digeribili, possono essere consumati freschi o secchi, ed inseriti in ricette dolci (torte, gelati, marmellate) o salate (antipasti vari). . Ghiotti di fichi secchi erano Diogene “il cinico” e Platone. Un giorno Diogene , mentre mangiava fichi secchi, invitò Platone ad assaggiarli. Questi prese a mangiarli avidamente, tanto che Diogene esclamò, “avevo detto di assaggiarli, non di divorarli”. Ciao a tutti gli amici del blog Teresa Ramaioli

 

 

 

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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 02/01/15 alle 13:39 via WEB
LUCULLO---Lucullo fu un importante rappresentante del ceto aristocratico che si distinse per la profonda cultura e le qualità di comandante militare. Per uno strano paradosso quest'uomo è passato alla storia soprattutto per la sua grande passione verso il cibo e l'arte del banchettare. Ancora oggi ad un pasto particolarmente ricco e abbondante viene assegnata la definizione di pranzo "luculliano", in ricordo dei banchetti fastosi con cui il ricchissimo aristocratico intratteneva i suoi amici. Viene quindi spontaneo pensarlo come un uomo grasso intontito da cibo e vino. Ma questa tipica associazione è lontana dalla verità, visto che Lucullo, in virtù di un'attenta alimentazione e un intenso addestramento militare, fu un uomo dal fisico asciutto e dalla mente lucida: era rinomata la sua padronanza sia della lingua latina che di quella greca. Fu un vero innovatore della pescicoltura di specie pregiate come aragoste, murene e gamberi. Fra le storie riguardanti la fama di buongustaio di Lucullo, oltre a quella secondo la quale avrebbe introdotto in Italia il ciliegio, riporto l’episodio che lo vede protagonista con Cicerone. L'oratore insinuava che se qualcuno fosse andato a casa dell'aristocratico senza preavviso, avrebbe trovato sì e no un misero pasto da plebei. Per smentire questa insinuazione, Lucullo invitò seduta stante Cicerone e gli amici a cenare da lui, senza avvertire i cuochi. Chiese soltanto di mandare un servo a pregare i camerieri di apparecchiare "nella sala d'Apollo". I camerieri capirono con quella parola d'ordine che bisognava allestire un banchetto per gente importante e numerosa. Così avvenne, e con incredula sorpresa dei commensali fu servito un menù di frutti di mare, asparagi, scampi, pasticcio d'ostrica, porchetta, pesce, anitra, lepre, pavoni, pernici frigie, murene, storione di Rodi, dolci e vini. Lucullo, che sembra avesse una predilezione speciale per la carne di tordo, pranzava in grande stile anche quando era solo; a lui verrebbe attribuita la frase: "Lucullo cena da Lucullo", rivolta al suo schiavo per rimproverarlo della semplice cena imbandita sapendo che il padrone non aveva ospiti. Buona giornata Teresa Ramaioli
(Rispondi)
iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 02/01/15 alle 13:40 via WEB
LEONARDO DA VINCI---Leonardo da Vinci ha fatto anche il cameriere e capocuoco . "Era tanto piacevole nella conversazione che tirava a se gl'animi delle genti. E non avendo egli, si può dire, nulla, e poco lavorando, del continuo tenne servitori e cavalli, dé quali si diletto molto, e particularmente di tutti gl'altri animali, i quali con grandissimo amore e piacenza governava." Così il Vasari descrive ne "Le vite", Leonardo da Vinci il veramente mirabile pittore, scultore, teorico dell'arte, musico, scrittore, ingegnere meccanico, architetto, scenografo, maestro fonditore, esperto d'artiglieria, inventore, scienziato. Nacque nel 1452, dal padre Piero, colto notaio e dalla madre Caterina, giovane contadina al servizio dei Da Vinci. Leonardo fu allevato, esclusivamente dal padre, nella campagne di Vinci e nei suoi primi 15 anni fu libero di osservare la bellezza del paesaggio agrario e ammirare il lavoro dei contadini, dai quali poi da adulto avrebbe preso l'ispirazione per ideare macchine agricole, frantoi meccanici, aratri per "andar diritto" e macine per il grano. La sua vita ebbe una svolta nel 1576 quando il padre, che rivestiva un ruolo importante nella cerchia della potentissima famiglia Medici, lo fece trasferire a Firenze. Qui Leonardo, attratto dall'irradiante bellezza di una città traboccante d'opere d'arte, si interessò alle molteplici tecniche che nelle "botteghe" venivano sperimentate, sviluppando un talento artistico del tutto speciale. Fu così che il padre, accorgendosi delle doti del figlio e nonostante lo volesse notaio, si decise a contattare una dei migliori maestri dell'epoca: "Mastro Verrochio". A diciassette anni Leonardo, era finalmente a bottega . Da allora e per molti anni, lavorando anche a Milano , Roma e in Francia, ebbe l'occasione di esprimere il suo immortale genio, grazie all'inestinguibile curiosità di studiare, disegnare, sperimentare, prendere appunti, progettare macchinari. Voglio adesso raccontarvi una storiella fiorentina sulla vita di Leonardo. Da giovane, poco più che ventenne, sarebbe stato assunto come cameriere nella 'Taverna delle tre Lumache', in prossimità del Ponte Vecchio. Successivamente promosso capo cuoco, inventò alcuni marchingegni per pelare, triturare e affettare i vari ingredienti, studiando anche il modo di mandare via i cattivi odori e costruendo un apparecchio per automatizzare l'arrosto. Purtroppo le sue innovative pietanze, disposte in piccole quantità nei piatti con gusto artistico, non ebbero successo, costringerlo all'abbandono dell'attività culinaria. In pratica alla vecchia consuetudine delle mangiate medievali, Leonardo voleva sostituire un vitto più fine, in armonia con lo spirito rinascimentale. Buon Anno. Teresa Ramaioli
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