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MILANO LA BASILICA DI SANT'AMBROGIO di Teresa Ramaioli

Post n°14974 pubblicato il 19 Agosto 2014 da dinobarili
 

MILANO

LA BASILICA DI SANT'AMBROGIO

di

Teresa Ramaioli

iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 18/08/14 alle 19:49 via WEB
SANT' AMBROGIO -MILANO-- Nella navata centrale della basilica, sulla sinistra accanto al terzo pilastro, montato su una colonna in porfido d’Elba,c'è un serpente di bronzo. La leggenda narra che sia stato forgiato dalle mani di Mosè per difendere il suo accampamento dai serpenti del deserto. Chiunque fosse stato morso, guardando il serpente di metallo, avrebbe avuto salva la vita. Il serpente arrivò nella Basilica di Sant’Ambrogio per mano di Arnolfo, arcivescovo milanese, che intorno all’anno mille, si recò a Costantinopoli per condurre dall’imperatore Ottone III la sua promessa sposa bizantina. Alcuni storici sostengono che il serpente venne prelevato da un monumento collocato al centro dell’Ippodromo della capitale dell’impero bizantino. Una volta collocato nella basilica, i milanesi accorsero per ammirarlo e in breve venne considerato un oggetto magico con proprietà taumaturgiche. Molti toccavano il serpente per guarire dalle malattie intestinali e le donne deponevano i loro bambini malati all’ombra del serpente. Carlo Borromeo, lo considerava fonte di superstizione, ne vietò il culto. La leggenda narra che il giorno del giudizio universale il rettile prenderà vita e striscerà verso la Valle di Josafat dove le mani di Mosè lo forgiarono. Ciao Teresa Ramaioli

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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 19/08/14 alle 18:40 via WEB
INSALATA-LATTUGA--Lattuga: ma chi si nasconde in mezzo alle sue foglie verdi? Una leggenda vuole vi abbia cercato rifugio Adone, trafitto a morte da un cinghiale: insalata simbolo dunque di morte, ma non per Pitagora. Così narra la leggenda di Adone che, fattosi giovanotto, divenne talmente bello da essere conteso tra Afrodite e Persefone. Una disputa che gli costò la vita: Ares, geloso delle attenzioni rivolte dalle dee al ragazzo, si trasformò in cinghiale e lo colpì a morte mentre Adone cercava rifugio proprio in una pianta di lattuga. Insalata simbolo dunque di morte per gli antichi greci: ma non per tutti. C’era chi credeva che vedere in sogno una lattuga fosse il preannuncio di una disgrazia, ma non Pitagora e i suoi discepoli che l’utilizzavano nella propria dieta per le sue virtù. Ritenevano infatti che la lattuga favorisse la contemplazione e la concentrazione nei riti religiosi. In epoca imperiale Augusto, gravemente ammalato, senza la possibilità di terapie curative, venne salvato da un medico che lo curò con la lattuga. Da allora in poi questo cibo non mancò mai sulla mensa dell’imperatore, diventando di moda tra i Romani. All’inizio l’usanza era di servirlo in chiusura di pasto, come conciliatore del sonno, poi divenne antipasto, perché gli fu riconosciuta la proprietà di aprire lo stomaco e stimolare l’appetito. Buon appetito, ciao Teresa Ramaioli
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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 19/08/14 alle 18:44 via WEB
Ciao amici,voglio ricordare , un meraviglioso oggetto del nostro passato:il MANGIADISCHI (per i francesi “mange disques” per gli inglesi “portable record played”.Questa strana invenzione, oggi quasi sconosciuta, è stata molto importante…o forse lo era per me…Una scatola di plastica,colorata (il mio mangiadischi era arancione), una fessura come un grosso salvadanaio, una manopola a volte due, un bottone e, con pochi e semplici gesti…magia. I dischi venivano infilati nel mangiadischi e …la musica cominciava. Chi non ha mai passato un pomeriggio a letto con la febbre e tra i giornalini, i libri , sul letto con noi c’era anche lui, il mangiadischi a tenerci compagnia raccontandoci le fiabe su 45 giri con libro illustrato. Il mangiadischi è nato alla fine degli anni 50, ed è esploso negli anni 60. E’ stato sostituito dai mangianastri portatili e poi all’inizio degli anni 90 con l’arrivo dei lettori CD. - Ciao Teresa Ramaioli
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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 19/08/14 alle 18:46 via WEB
PENNA; INCHIOSTRO E CALAMAIO--Valentina ieri mi ha chiesto: « Tu e Carla parlavate di calamaio,ma cos’è il calamaio ? » Caspiterina, mi sono detta, come si fa a non conoscere questo strumento che è stato, fino al 1959, il pane quotidiano per milioni di ragazzini che hanno frequentato le scuole elementari di mezzo mondo? Ma Valentina è piccola, ha sei anni e questa boccettina piena d’inchiostro, in cui si intingeva la penna per poter scrivere, non l’ha mai usata, così come non l’hanno usata tutti quelli che sono entrati in prima elementare dopo il 1960. A decretare la morte del calamaio ,insieme alla penna con pennino e all’inchiostro, è stata la BIC. La fantastica penna a biro che non doveva più essere immersa nell’inchiostro per scrivere, che non faceva più macchie una volta posata sulla carta, che non sporcava più i quaderni, le mani, il grembiulino e i compagni di banco di qualche bambino birichino che si divertiva a spruzzarli con l’inchiostro, è nata nel 1953. Fu il barone francese Bich a liberare migliaia di ragazzini dalla schiavitù dell’inchiostro. Il nobile francese non inventò la biro, perché questa era già stata inventata nel 1938 da due fratelli ungheresi, Lazlo e Georg Biro che si erano rifugiati in Argentina, ma mise a punto un processo di fabbricazione industriale che permise di abbassare enormemente il costo della penna a sfera e, quindi, di venderla ad un prezzo che sfidava qualsiasi concorrenza. La BIC cominciò ad essere commercializzarla in tutta Europa dopo la metà degli anni ’50. I bambini di prima si ricordano ancora del banco di scuola a due posti dove, sul lato destro di ogni scolaro o in mezzo, vi era un buco per far entrare il calamaio: una boccetta di vetro che si riempiva di inchiostro. Una tortura utilizzare la penna e il pennino che si spuntava quasi sempre, macchiando e bucando il foglio appena scritto. Lo scolaro quando ritornava a casa aveva continuamente il pollice destro sporco di blù, così come era blù un angolo della bocca dove egli appoggiava la parte finale della penna mentre era assorto nelle sue profonde e lunghe riflessioni (gesti sempre attuali). Il gesto per scrivere era quello di intingere la penna col pennino nel calamaio, poi si davano due colpetti per togliere l’inchiostro in eccesso (che spesso andava a finire sulla schiena dello scolaro davanti) e, via sul foglio a scrivere quello che dettava la maestra. L’altro strumento importante da utilizzare con la penna e l’inchiostro era la carta assorbente: senza quella la macchia si allargava e invadeva metà foglio. Per cui ogni bambino ne aveva una buona scorta. Altra scorta indispensabile era quella dei pennini che, per chi aveva la mano pesante , li spuntava continuamente. Passare da “penna, inchiostro e calamaio” alla biro… che differenza . Grazie Monsieur Bic!-Ciao Teresa Ramaioli
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