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« lo stetoscopio di zanzot...prova a resistere »

topinambur, alti tre metri

Post n°14 pubblicato il 15 Settembre 2014 da emma01

 

 

Presto mi trasformerò in te.
Quando il silenzio ti svela verde,
il mio sonno comincia a sciogliersi
come un'ultima possibilità.
Già sento gli occhi del tuo
rugoso inverno riposare in me
come un pozzo, e nessuno ha pensato
appieno la sua profondità. Immagini
vengono ad abbeverarsi, il tuo mondo
mi ha aspirato
e io vivo intrepido tra gli alberi e i monti.
Il vento si è annidato in capelli che sono già miei,
il calore della terra ha riempito le mie vene pietrose,
presto saprò come la notte metterà radici
nella tua figura.

Oskar Pastior

 

 

 

 

 

 

Topinambur

Topinambur abbandonati 
qua e là, cari pargoli, 
abbandonati in incontri 
precari o in infinite assemblee 
ma sempre un po' distratti dall'infinito. 

O filiazione 
forse infida, dicono, 
della luce più irta, 
provocatori di paroline e bisbigli. 
Provocare ad appelli ed a fini 
rimproveri  eh  eh 
   fin dentro i giardini 

Ma chiamate a soste o 
ad aggiri, a manciate di 
dispersioni, ad immortali 
(senza per niente essere trionfali) 
   addii 

O semine semplicissime 
o complessive induzioni e scie 
poi divergenti 
di sottomusici elementi - 
Affondi  birbi birichini del 
giallo di minimi 
   temi tempi 

Da entro i mille circoli 
dei topinambur assidui nunzi 
di lunatici autunni 
si sfilano le luci 
 dai più nascosti vincoli 

 Digressivi discorsi 
Fratti divieti ad ogni 
Bella pretesa del giallo- 
Suggerimenti d'altri autunni 
     vellichii d'autunni 
     già persi, ritornanti in gialli sorsi 

Freschissimi risvegli del verde-blu 
dopo che le piogge novelle l'addormirono 
e che ora si disagia e scompiglia 
a un raggio, più che di sole, di topinambur

Teneri plagi compiuti 
dal verde e dall'azzurro dei prati 
sui topinambur qui sbandati 
da chissà dove, chissà se prima o mai più.

 

Andrea Zanzotto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

blocco su note

 

ho una brutta consapevolezza: sono una groupie della poesia.

sa di malattia.
pratico poesia da decenni, mai sono stata tanto presa,
persa e invischiata
dalla tua tenerezza scuro inchiostro.
è l'autunno che sparge segni ignobili a sedurmi promettendo
inverno feroce possibile.

insomma le parole m'innamorano. e più sono ingravidate di poesia
più cedo e cado.

cazzo, basta.

 

 

 
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