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« NON DI SOLO PANE...E DI ...IO SUONO...E VOI? »

I TEMPI CAMBIANO...ANCHE L'INFINITO

Post n°3263 pubblicato il 01 Luglio 2019 da monellaccio19
 
Foto di monellaccio19

 

 

Il "Corriere" ha recentemente pubblicato la famosissima e notissima poesia del Leopardi "L'Infinito", proponendola in  alcuni dialetti italiani. Un esperimento curioso, molto divertente: in barese, in bergamasco e altri slang nostrani,  c'è il gusto di rileggere per l'ennesima volta, uno dei capolavori della poesia classica italiana che ci ha fatto impazzire quando sin dalle medie, eravamo costretti ad impararla a memoria. La sfiga di Leopardi ci contagiava, ci perseguitava e con il tempo nessuno ha mai spazzato via il pregiudizio verso il marchigiano, tanto che ci spingeva istintivamente a portare giù le mani verso il basso del nostro corpo. Oggi vi propongo se non vi è ancora capitato di leggerla, la versione dell'Infinito in romanesco. Ammetto che tra le altre scritte in vernacoli diversi, questa mi ha catturato, mi ha attizzato e le mani sono rimaste al loro posto. Francesco De Gregori l'ha tradotta da buon romano e da lui non potevo aspettarmi altro che una buona proposta. Magari un giorno la canterà pure! 

Quanto me pò piacé ‘sto montarozzo 
E ‘sta siepe che er mejo de la vista 
Dell’urtimo traguardo me nasconne. 
Ma si me siedo e guardo, spazzi senza
Confine là de dietro, e ‘na gran pace, 
E silenzi che l’omo nun conosce 
Me raffiguro, e tremo. E quanno er vento 
Smucìna fra le frasche, me viè fatto
De volé confrontà quell’infinito
Silenzio co ‘sta voce: e allora penzo
Ar tempo eterno e a tutte le staggioni
Annate, e a quella attuale e tanto viva
E fracassona. E ‘n mezzo all’universo 
Così s’affoga la raggione mia: 
E è dorce naufragà dentro a ‘sto mare.

 

Me piace 'sta poesia, mejo dell'originale!

E pensare che c'era un tempo in cui molti di noi, alla richiesta del prof di declamare "L'infinito" di Leopardi, si sbrigavano in un attimo:

"Leopardare"

 
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