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MI VA STRETTO L'AGGETTIVO BUONISTA

Post n°2448 pubblicato il 23 Agosto 2017 da monellaccio19
 
Foto di monellaccio19

Risultati immagini per terrorismo jihadista

 

Mi sono sorpreso a riflettere su gli ultimi episodi terroristici di questi giorni scorsi: se vogliamo nulla di nuovo, niente che già non si sappia, di come si muovono, di come agiscono e di come siano doviziosi nello scegliere i luoghi da colpire, dove agire e come farlo per esibire e vantare un maggior numero di vittime. Credo che non  vi siano dubbi su questa articolazione del terrore studiata ed eseguita con estrema freddezza tenendo conto di un solo fine: colpire in un posto, ma possibilmente, colpire cittadini di più nazioni. Più si allarga la lista dei paesi d'appartenenza delle vittime, migliore sarà l'impressione che si desterà nell'opinione pubblica. Io sarei un buonista e un garantista per natura, uso il condizionale per la prima volta e già mi sto pentendo: sono scelte umane e di civiltà che non si dovrebbero mai mettere in discussione, tuttavia, per la prima volta sono imbarazzato, la mia coscienza è tormentata e cominciano a balbettare le mi posizioni ferme da sempre, da quando nell'età della ragione, abbia cominciato a credere nei valori fondamentali della giustizia,della libertà e della democrazia. Oggi però stride qualcosa in queste posizioni fermamente ancorate nelle mie convinzioni di uomo libero e rispettoso del mio prossimo. Comincio a dubitare di questi terroristi che prima abbiamo classificato come un manipolo di sbandati fuori da ogni disegno mondiale, fuori dalla collettività internazionale: dicevamo che loro non sono mussulmani come gli altri, non è guerra di religione, sono sbandati che mirano al potere seminando e puntando sul terrore della gente. Intanto le liste dei morti innocenti si allunga sempre più, gli atti si moltiplicano giorno dopo giorno e il primo pensiero ogni mattina appena alzato, e controllare cosa sia accaduto dalla sera precedente. Ormai siamo alla "normalità", il famoso callo che si forma nelle mani dei lavoratori che maneggiano arnesi e attrezzi: a furia di tenerli tra le mani per lavorare, dopo tanto tempo i calli ci stanno tutti e si notano. Ecco, noi siamo quelli che agli attentati ci stiamo abituando, stiamo facendo i calli e alla fine, non ci penseremo più: certo restano le solite trafile istituzionali, il rammarico, le condoglianze, i fiori posti nei luoghi degli eccidi, i governi che esprimono solidarietà, insomma, un rituale che è diventato di routine. Fateci caso: ogni volta, dopo un attentato nelle indagini che seguono immediatamente, nel giro di un paio di giorni si conoscono identità complete, luoghi dove sono nati e sono vissuti, quartieri dove non è possibile passare inosservati, storie di individui che riempiono fior di dossier, sanno tutto di tutti, eppure, sapendo e conoscendo costoro, magari anche seguiti per piccoli reati di spaccio e/o poco altro, nessuno si è mai preoccupato di andare oltre. Cioè, sappiamo tutto di tutti, ma non si interviene se non ci scappano i morti. Beh non mi sembra un bel modo di fare "intelligence", perché non si può, in caso di dubbi e sospetti, intervenire per prevenire e mettere questa gente in condizione di non nuocere nel tempo? Perché siamo buoni e garantisti! Ecco la mia profonda crisi interiore, siamo a garantire i diritti di tutti come è giusto che sia, ma nel contempo siamo a permettere loro di fare il bello e il cattivo tempo, anzi li ammazzano  sui luoghi degli attentati o lungo la fuga appena li incrociano. Li ammazzano per la rabbia, per non perdere tempo e per evitare processi inutili. Deve funzionare sempre così? Estremismo in ambo i sensi?  Da una parte la Interpol che raccoglie dati, lo scambio delle informazioni a livello internazionale per saper tutto di tutti...e poi? Poi niente, noi sappiamo e loro agiscono! Un capo del filo da una parte e un altro capo dall'altra parte: il bandolo al centro è tutto ingarbugliato e non riusciamo a venirne a capo. Intanto la gente muore, le stragi continuano e io non mi sento più tanto buonista e garantista.

 
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