Creato da lafarmaciadepoca il 13/10/2010

La farmacia d'epoca

Raccolta di scatole e flaconi di farmaci di ieri - di Giulia Bovone

 

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Quando una legge italiana ha funzionato: il Chinino dello Stato

Post n°101 pubblicato il 08 Aprile 2011 da lafarmaciadepoca
 

Buona giornata a tutti, oggi vorrei raccontarvi una storia in cui, per una volta, lo Stato Italiano compì un gesto grande e nobile per tutti.

C’era una volta nel 1861 l’Italia appena unita.  Questa povera nazione, oltre ad avere moltissimi problemi di gestione politica (quando mai non ce li ha avuti!) derivanti dall’unione di così tante genti differenti, era straziata  da un male peggiore, che non faceva distinzione alcuna tra Veneti, Romagnoli, Toscani o Campani: la malaria.
Questa malattia, infatti, sembrava impossibile da fermare. In primo luogo perché l’Italia era una zona ricca di paludi, l’habitat naturale per  le zanzare del genere Anopheles, i veicoli del contagio da Plasmodium  (l’agente eziologico che causava la malaria), e poi il commercio del chinino (l’unico farmaco efficace contro la malattia) era tutto in mano agli Inglesi che lo vendevano a caro prezzo.
Risultato? I lavoratori delle classi più umili che si ammalavano di malaria erano destinati a morire perché non potevano permettersi di comperare il chinino.

Così, tanti politici italiani cercarono di far approvare una legge che permettesse una più larga diffusione di questo farmaco, ma solo nel 1895, grazie a Federico Garlanda, la legge sul chinino fu finalmente approvata.

Cosa cambiava? Lo Stato italiano si faceva carico di acquistare grandi partite di chinino, per poi rivenderlo attraverso i Monopoli di Stato, alle classi più povere ad un prezzo ribassato, infischiandosene delle eventuali perdite di denaro.
Finalmente questo farmaco non era più merce rara, e praticamente si poteva comperare d’ovunque: dal farmacista, come dal tabaccaio, spendendo solo poche lire.

 In questo modo, le vittime della malaria diminuirono: dal 1895 al 1905, passarono da 16000 a 7838, e per una volta nella storia della nostra nazione, una legge funzionò a dovere, permettendo il miglioramento della vita di tante persone (8162 morti in meno in dieci anni).

Scommetto che la metà di voi starà fissando lo schermo sbigottita, e vi confermo il fatto che è tutto vero mostrandovi la scatola del Chinino di Stato in mio possesso:

Chinino dello stato

E’ di cartone e misura 7,9 cm di lato x 2,2 cm di altezza.
Il Chinino di Stato era prodotto a Torino. Ciascun lotto presentava sul retro un timbro con l’anno di produzione: la mia scatola risale al 1923.
Conteneva 50 tavolette inzuccherate (il chinino è amarissimo!) in 5 tubetti da 10 tavolette.
Per chi volesse provare l’ebbrezza di assaggiare quanto è amaro il chinino senza assumere dei farmaci, può ripiegare sulla più comune Schweppes Tonica.
Pochi sanno, infatti che questa bibita era nata come prodotto antimalarico e ancora oggi conserva tra i suoi ingredienti il chinino.

Ho deciso di parlare del chinino e della malaria per due motivi principali. Il primo vuole essere un momento di riflessione, perché siamo nel 2011 e ancora non abbiamo trovato un vaccino per questa malattia.
Non a causa della nostra ignoranza, ma perché non ci sono le intenzioni di sviluppare un farmaco che comprerebbero solo i paesi del terzo mondo.
No business, no party.

Questa bella storia italiana, potrebbe essere applicata anche ai Paesi dell’Africa, dell’Asia e del Sud America, inoltre ci tengo a precisare che la malaria è una delle malattie con la più alta mortalità a livello mondiale, e che ultimamente, grazie ai mutamenti climatici, le zanzare Anopheles stanno tornando anche qui: basti pensare che fino al 1990 si registravano meno di 50 casi l’anno, mentre dal 2000 i casi – anno superano le 150 unità.

L’altro motivo è più pratico e meno nobile. Mi è capitato più volte di vedere scatole del Chinino di Stato essere spacciate come farmaco militare, facendo sborsare agli appassionati di cimeli dell’esercito tanti bei quattrini.

Questo vuole essere un annuncio:

Cari collezionisti, il Chinino di Stato non è mai stato un medicinale destinato all’esercito. Chi ve lo vende in questo modo  vi vuole far pagare più cara una scatola che è piuttosto diffusa. I farmaci destinati al solo uso dell’Esercito Italiano recano sulla scatola la scritta: “ Istituto Chimico Farmaceutico Militare di Firenze “ (o  di Torino). Se non c’è la scritta non è un farmaco destinato ai militari.

Se volete vedere un esempio di una scatola dell’Istituto Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, vi invito a cercare nei Tags “Seta da sutura”.

Grazie per aver letto il post e buon fine settimana a tutti!

 
 
 
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