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...fini la comédie

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Là dove c'era l'erba ora c'è....

Post n°295 pubblicato il 04 Giugno 2012 da zeno1949

 

Cari amici eccomi ancora una volta con voi....
stasera vorrei spostare la vostra attenzione
su un problema che per parecchi anni ci
ha afflitto e che ora pare si stia fermando..

Vi parlerò
della riduzione dello spazio verde che la natura ci
ha messo ha disposizione, e che noi tendiamo
sempre di più a far si che sparisca in nome
di un progresso che forse progresso in questo caso
non lo è affatto, in quanto ci toglie una cosa vitale,
così importante per noi.
Nel dopoguerra, in seguito
ad un aumento demografico e al boom economico,
c'è stata un'espansione delle città che si sono
riempite di palazzi sempre più alti e addossati
gli uni agli altri, a discapito degli spazi verdi che
si sono ridotti spesso a semplici aiuole. Negli ultimi
anni, fortunatamente, ci si è accorti che gli spazi
verdi sono indispensabili sia per un fattore estetico
ma soprattutto per un benessere comune.

Ogni anno, nel nostro Paese, circa 500 km quadrati
di territorio - prevalentemente agricolo- sarebbero
sacrificati alla causa del cemento senza tuttavia
apportare benefici a quanti sono ancora senza una casa.
La fotografia riportata è agghiacciante: il nostro paese
sarebbe compresso tra abusivismo edilizio e abbrutimento
estetico e sociale; problematiche di ordine idrogeologico
sempre più urgenti e oltre 200.000 famiglie in emergenza
abitativa. Eppure, sarebbero 4 milioni le case sorte negli ultimi
15 anni nelle principali città italiane. Peccato, che quelle sfitte,
spesso in aree centrali siano almeno 1 milione. Il mercato
edilizio sentitamente ringrazia
...(dati presi da sito ecoblog.it)...

Denis Grasso, valente geografo e urbanista scrive:

L'immensa colata di cemento che a partire dal dopoguerra ha cancellato molto di quello che i viaggiatori ottocenteschi definirono "il Belpaese". Per le grandi aree urbane, il Belpaese ormai è qualcosa di irrimediabilmente perduto, qualcosa che vive solo in vecchie cartoline in bianco e nero che ritraggono il paesaggio prima che salisse l'ondata di cemento. Un'ondata che per certi versi ricorda le immagini del grande tsunami che ha colpito le coste del Giappone nel 20011. In Italia tuttavia, questa ondata distruttrice non ha avuto una causa naturale, un terremoto devastante, ma una forza più subdola e per certi versi irresistibile: la speculazione. I primi anni del dopoguerra furono, per ovvie ragioni, guidate dalla ricostruzione delle città distrutte dalla guerra. In seguito si tentò di ampliarle per accogliere i "figli" di quel miracolo economico che avrebbe portato un paese del terzo mondo (quale di fatto era l'Italia) ad essere una delle economie più forti del pianeta. Crescita economica, crescita demografica, crescita urbana e residenziale. Tutto perfetto, tutto "naturale". A partire dalla fine degli anni '70 qualcosa si è rotto in questo in questo meccanismo "naturale" di crescita delle città. Le case cominciarono a crescere ovunque, fuori da qualsiasi schema urbanistico e pianificatorio, spinte da una forza che non era più quella della necessità di dare un'abitazione dignitosa a tutti gli italiani e nuovi italiani. No, a guidare questa seconda fase della crescita urbana italiana fu la speculazione. Una speculazione che non si fermò davanti a nulla, nè alla politica nè alla natura, un vero tsunami di cemento che travolse le città e le campagne italiane. Travolse l'ambiente naturale, il paesaggio e soprattutto la vita delle persone che si trovarono a vivere in contesti urbani di scarsa qualità, lontani dai centri storici, senza servizi adeguati, senza rapporti sociali.

Uno tsunami ambientale, paesaggistico e sociale. Continuiamo a costruire anche se non ce ne è più bisogno. A dire questo non sono certo "i soliti ambientalisti" ma importanti istituti di ricerca come  Nomisma, orientati verso lo sviluppo industriale e infrastrutturale del paese. L'investimento del mattone è stato il motore di crescita del nostro paese per oltre un cinquantennio.Ora è necessario cambiare strada o questa crisi nella quale ci troviamo continuerà a lungo. Il suolo distrutto dalle urbanizzazioni non è un bene rinnovabile e una volta edificato non si potrà più coltivare cibo, non si potrà più piantare alberi. Quel suolo che ci sostenta e ci alimenta è spesso pochi centimetri, si è costituito in migliaia di anni dalla degenerazione di sostanza organica. Tolto il suolo tolta la vita alla terra. Questo tsunami di cemento sta uccidendo la terra, quella terra che è che è la nostra identità e il nostro sostentamento. Quella terra che che disegna i nostri paesaggi affettivi e i nostri gialli tramonti. Quella terra è il nostro passato e il  nostro futuro. Se la perdiamo, se ce la facciamo rubare dagli interessi di pochi, abbiamo perso noi stessi e la tranquillità dei nostri figli, lo tsunami di cemento ci sommergerà, senza possibilità di riscatto.

(Denis Grasso)


 

Era il 1966 quando Adriano Celentano portò a Sanremo
questo brano e fu proprio qui che s'inventò "predicatore",
parlando quasi per gioco dei temi dell'ecologia
e della speculazione edilizia.


...e quella casa in mezzo al verde ormai..dove sarà??

Siamo ancora in tempo a porvi rimedio,

e credo che lo stiamo facendo,

ma dobbiamo impegnarci tutti

prendendo consapevolezza

che questo nostro bene va tutelato

con ogni mezzo possibile!

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Grazie per la vostra attenzione,

un saluto ed un abbraccio..



 
 
 
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