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La Serenissima e le Due Sicilie

Post n°81 pubblicato il 14 Dicembre 2006 da napolitudine10
 

di Luigi - Gigio Zanon, Venezia 

Il mio libro “Anno 1866: la Libertà perduta! Anno 2006 la Libertà ritrovata!” ha una sua singolare storia, ed è frutto di anni di ricerche, di studi, di letture, di consultazioni.
A scuola ci hanno insegnato che il cosiddetto risorgimento è stato frutto della volontà degli italiani, prima e di Cavour e immagineVittorio Emanuele, poi. La retorica risorgimentista, invece, è un eclatante falso storico perpetrato ad arte per confondere le idee ai nuovi sudditi di casa Savoia. L’Italia NON è stata unificata! L’Italia, bensì, è stata piemontizzata!
Vale solo la pena di ricordare che lo Statuto Albertino del 1848 è stato immaginevigente fino al 1946, e che solo la nuova nostra Costituzione lo ha abrogato. Ma cosa c’entra con il libro? E’ presto detto.
Anch’io, come la maggior parte degli italiani, ci avevo creduto. Avevo creduto nei mille, in Garibaldi, in Cavour, ecc. ecc. E anch’io, come quasi tutti, ero convinto che fosse stata la volontà degli italiani a unificare l’Italia.
immagineMa,spulciando qua e là nei testi – diciamo – proibiti, ossia scritti al di fuori della retorica risorgimentista, mi sono accorto che non tutto mi quadrava! Così, ho voluto approfondire questa nuova visione delle cose.
Ho iniziato ad occuparmi di Garibaldi, ed ho scoperto che il cosiddetto “Eroe dei due mondi” era stato anche un negriero e che faceva la tratta degli schiavi dalla Cina all’America del nord per la costruzione della ferrovia transoceanica che stavano costruendo! Ho scoperto che lo sbarco dei mille in Sicilia era stato fatto con la complicità della flotta inglese e con il beneplacito della Francia. Ed il motivo era semplice: queste due potenze volevano un nuovo stato-cuscinetto fra i due opposti schieramenti dell’epoca, ossia l’asse Anglo-franco-piemontese, allargato a tutta la penisola, in contrapposizione all’asse Austro-prussiano!immagineE cosa fecero questi “Mille” una volta sbarcati? Iniziarono con il terrorizzare le popolazioni pacifiche siciliane ed imporre la loro feroce nuova dittatura.
Popolazioni, badiamo bene, suddite di un legittimo governo retto dai Borbone!
Il paragone dell’occupazione del Quwait da parte dell’Irak nel 1992, che tutto il mondo biasimò fino ad addivenire ad una guerra, regge e specifica l’occupazione dei Mille! Rapportandolo in tempi attuali, si sarebbe mosso il mondo intero per ovviare a questa occupazione, ma invece… a quei tempi si usava così! Potenza delle politica!
E mano a mano che questi mille invadevano i territori delle Due Sicilie, spalleggiati dall’esercito piemontese presto intervenuto, commettevano orrendi massacri, commettevano ignobili stupri, saccheggiavano, distruggevano, bruciavano villaggi interi il tutto in nome della nuova unità d’Italia! E quelli che si ribellavano li chiamavano “Briganti”!
Quando l’esercito borbonico fu del tutto sconfitto,immagine gli oltre 40mila soldati che si erano arresi furono spediti in prigionia nelle montagne del Piemonte. Uomini del sud che non erano abituati ai climi freddi del nord! Ebbene: di loro non si seppe più nulla!
Molti storici, specie meridionali, cercarono di accedere ai nostri giorni negli archivi segreti dell’esercito, a Forte Boccea, ma si sono trovati sempre davanti ad un diniego assoluto!
Una interrogazione al Governo da parte del deputato Angelo Manna (interrogazione n. 2-01134 del 25 settembre del 1990) su questa faccenda, il 4 marzo del 1991, n. 597, mise in chiaro e in difficoltà il Governo stesso. E come non bastasse, iniziai a leggere i libri  dei Meridionalisti! Pexo el tacon del buso!
Infatti i Veneti temevano i massacri di Bronte, e le trucidazioni e i paesi dati alle fiamme, interi villaggi distrutti e i loro abitanti ammazzati.  Non intendevano fare la stessa loro fine!
Non intendevano fare, cioè, la stessa fine delle migliaia di soldati prigionieri dell’ ex Regno delle due Sicilie internati nelle province settentrionali e di cui erano scomparse le tracce!!!
Scrive, infatti, il legittimista Giacinto De Sivo (Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, vol.II, pag.354) riferendosi a loro: “tenevano i Napoletani prigionieri in castelli subalpini, barbaramente, se fradicia paglia, affamati, con panni da estate in crudo inverno! Sì tartassandoli per indurli a pigliar livrea. Sempre rispondevano no: messi in luoghi stretti e umidi, gridavano viva Francesco! Liogati allora a due a due, e mandati in fortilizi lontani, come potevano fuggivano, o a casa o a’ Tedeschi”, cioè nelle province austriache del Veneto e del Trentino. E ancora:” Memori di ciò che fece Raffaele Cadorna, cinquantuno anni, volto ascetico sul quale campeggia un naso volitivo, il quale non può non ripensare a quelle truppe piemontesi che aveva comandato cinque anni prima in Abruzzo, gui­dandole in una lotta terribile contro i briganti che infestavano quelle pIaghe da poco liberate e unite al resto d'Italia. Che cose orribili erano successe in quella campagna. Agguati, fucilazioni, omicidi, stupri, massacri, cadaveri esposti nelle pub­bliche piazze, cittadini passati per capi briganti ammazzati e poi, ripuliti alla meglio, messi in posa accanto ai soldati piemontesi; malattie, fatiche spaventose, il tutto in un crescendo di odio e di terrore, misti a delusione e rabbia per come andavano le cose, per come i sogni di un’altra Italia morivano nei boschi e nelle montagne del Mezzogiorno!” (Marco Gioannini e Giulio Massobrio) Alle morti in combatti­mento si erano aggiunte quelle dovute alla malaria e alle febbri, indotte dalle difficili condizioni ambientali alle quali i soldati set­tentrionali non erano abituati. Il maggior generale Franzini, sul finire del '62, aveva scritto a Napoli un rapporto riservato con cifre terribili: decine di ammalati per compagnia, alcune di queste con non più di dieci individui sani, cinque morti in una settimana nella compagnia di bersaglieri stanziata a Rocca Minarda, per febbri tifoidee e perniciose causate dalle faticose perlustra­zioni di quei giorni. Cadorna ricorda purtroppo come spesso le truppe regolari avessero dovuto fare a gara con i briganti in efferatezza, per esempio a Pontelandolfo dove i bersaglieri avevano massacrato la popolazione inerme, vecchi, donne e bambini compresi, tanto da suscitare le ire di Giuseppe Ferrari, che alla Camera ebbe a esclamare che non così si era intesa fare l'Italia. E ancora di più mi addentrai a rileggere la vera Storia del cosiddetto “Rinascimento”, e ne scoprii delle belle! Specialmente sulla annessione del Veneto al regno Sardo-Piemontese e della truffa perpetrata ai danni delle pacifiche popolazioni Venete! E scopersi tutte le falsità che ci avevano inculcato a scuola  sul presunto rinascimento, sugli eroi impiccati, sui martiri nostri, ecc. Ma sopratutto su quello che è stato definito l’eroe dei due mondi! Ma questo è un altro discorso. Finchè giunsi ad avere fra le mani una copia del diario del Commissario Piemontese – Genova Thaon di Revel – incaricato alle trattative per la cessione del Veneto dalla Francia al Piemonte, trovato nella bancarella di libri vecchi in strada nova. Lo lessi e rilessi, e mi accinsi a confutare le sue roboanti dichiarazioni con altri fatti che nel frattempo avevo trovato negli archivi. Una falsità dietro l’altra! La menzogna portata a metodo! E nelle scuole ci avrebbero insegnato tutto ciò? Inaudito!
Mi venne anche in mente che Garibaldi si lamentò perché il Veneto non era insorto per cacciare gli austriaci!
Ma come poteva pretendere una cosa simile? Si era sì nell’800, ma Vivaddio le notizie circolavano! Direi: forse meglio di adesso! E i Veneti avevano ben appreso come  erano stati trattati i “Fratelli” meridionali dai liberatori “fratelli” Piemontesi! Ma anche questa è un’altra storia. Quello che più conta è che dopo due sonore sconfitte subite dai sardopiemontesi, a causa di inique alleanze il Veneto venne ceduto dapprima alla Francia e da questa al regno Sardo, a condizione che il popolo decidesse il futuro assetto del Veneto. Ma nell’ottobre del ’66 il Veneto era già stato occupato dalle truppe del Savoia, ed ancor prima – parliamo agli inizi degli anni ’60 – da emissari piemontesi inviati apposta per sobillare la popolazione! E Napoleone III si è fatto ben bene abbindolare! A meno che…
A meno che non vi sia stato un accordo segreto fra lui e suo “fratello” Savoia per il quale, a differenza di tutte le altre nazioni europee, non avrebbe dovuto fare domanda alcuna per ottenere la restituzione delle opere depredate da Napoleone  I … E neppure al giorno d’oggi nessun governo italiano si è sognato di chiedere la restituzione! Chissà perché!?
Non vado oltre per non togliervi la soddisfazione di poter leggere con calma e tranquillità questo libro che, ne sono certo, farà scalpore.

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Anonimo il 16/12/06 alle 14:49 via WEB
Gentile Zanon. È ammirevole di questi tempi il suo infiammarsi per un'Italia, quella del 1866, di una «Libertà perduta» e poi da lei oggi «ritrovata», «frutto di ricerche, di studi, di letture, di consultazioni», come dice. Ma è altrettanto triste e malinconico «Il silenzio di Megaride» di Marina Salvadore, che la ospita nel suo giornale on line e che esibendo mirabilmente il suo lirismo poetico, porta a consapevolezza. Come se volesse indirettamente ammonire chi si dispone a far conoscere i particolari di un’antica mortificazione subita ad onta «del bugiardo e misogino Odisseo» - secondo la visione di Marina - quasi a rivederlo prepotente ed arrogante, millenni dopo nel piemontese re Vittorio Emanuele II e suoi "Giannizzeri". «Non canta più, Megaride. - e così conclude il post l’inquieta Salvadore - Punisce con la peggiore delle vendette i suoi figli ingrati e traditori: con il Silenzio inquietante e terribile; unica potente arma di lotta ad uso delle generose ma implacabili Sirene!». È il sipario della tragedia di Megaride che Marina Salvadore, a mo' di sirena partenopea risorgente, fa calare, ma di conseguenza anche il bel Regno delle Due Sicilie del libro di Luigi-Gigio Zanon. È un "canto" che, ironicamente, si contrappone a quel verdiano «Va' pensiero» risorgimentale! Che incredibili accostamenti disegnati dal caso! Ma se la Serenissima e le Due Sicilie, oggi attraverso il suo libro trovano una certa «Liberta», se pur discutibile, ad onor della verità c’è un caso italiano tutt’altro che “rientrato”. Infatti non è così per il popolo istriano di radice italiana, in parte rimasto in Istria ed il resto quà e là sparsi in Italia dopo la seconda guerra mondiale. In vero questo popolo è come se fosse senza patria. Ecco colgo l'occasione per fare ciò che lei ha fatto per la Serenissima e per le Due Sicilie: rinvangare memorie istriane attraverso un mio prozio Umberto Barbella. Era il tempo in cui l’Italia si preparava per entrare in guerra, la Grande Guerra. Era il momento felice per l’Italia della scienza con i successi di Gugliemo Marconi, Nobel per la fisica nel 1909. Fu anche bello e ricordevole l’esperienza, che Marconi fece sulle radiocomunicazioni, per Umberto Barbella, quale sottufficiale imbarcato sulla Regia Nave Napoli (!?) che servì per questa impresa. Era il 13 marzo 1914. La guerra divampò feroce di lì a poco e furono tre anni di immani sacrifici. La Grande Guerra finì e ci fu la presa di possesso della Base del Comando Navale dell’armata austro-ungarica dislocata ad Abbazia d’Istria. Il caso volle che fosse ancora il sottufficiale Umberto Barbella, imbarcato sul R.C.T. Acerbi della Real Marina Italiana, a sbarcare ad Abbazia per issare il nostro tricolore sul pennone dell’ex Base Navale degli austro-ungarici. In quei giorni di giubilo, mai si potevano supporre gli estremi sacrifici cui furono soggetti i residenti italiani ivi dislocati nel futuro non tanto lontano che li aspettava dopo la seconda guerra mondiale. Eppure fu un bel giorno quel 4 novembre 1918. Oggi che Italia si presenta in virtù di simili rinuncie, viene da domandarci? Perché è questo che occorre che gli italiani sappiano. Ma ancor si dispone l'orrido drago / a menar la sua coda e tirar giù / nuove stelle del nostro bel cielo, / mare e terra d'italica gente. / Si chiama Europa Unita, / un’altra Bestia per un'altra ipocrita unità? Vorrei tanto poter dire, sempre poetando: Rallentar l’atroce ratto celeste: / lotta infinita d’un lampo, / poi la mortal resa / e il chetar del mare tenebroso. // Gocce di tenue rugiada / nell’aria sparse, posar morbide. / Biancori di vita involar sereni / come augure colombe festose. Cordiali saluti ed auguri per il libro «La Serenissima e le Due Sicilie», Gaetano Barbella Il geometra pensiero in rete
 
 
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gigio zanon il 22/07/10 alle 12:33 via WEB
Sign. Barbella, mi scusi se solo adesso le rispondo, ma ciò è dovuto a cause di impellenti impegni, anche di salute. Nel mio libro dico che i marinai Veneti erano composti da uomini dell'ex domi9nio Veneto, cioè Dalmazia, Istria, ecc. In altri miei scritti io li chiamo "I nostri fr4atelli oltramarini", come venivano chiamati dalle antiche Magistrature Veneziane. Dopo la battaglia di Lissa, Francesco Giuseppe diede solo 17 medfaglie d'oro al valore e 240 d'argento. Di quelle 17 d'oro una fu data ad un abitante di Pellestrina, una ad un chioggiotto e due a dalmati. Il resto fu appannaggio dei graduati austriaci. In un altro mio saggio testimonio le accoglienze che i profughi Dalmati ebbero dai comunisti veneziani al loro arrivo "in esilio in Patria Veneta"! Una cosa ignobile! Ed io - avevo 10 anni, li ho visti passare e dove sono stati "stivati"! Se vuole glielo invio. Anche se è stato pubblicato nella stampa locale. Nè va dimenticato che i Dalmati facevano parte dell'esercito austriaco, che le suono di santa ragione ai savoiardi a Custoza!
 
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PREMIO MASANIELLO 2009
Napoletani Protagonisti 
a Marina Salvadore

Motivazione: “Pregate Dio di trovarvi dove si vince, perché chi si trova dove si perde è imputato di infinite cose di cui è inculpabilissimo”… La storia nascosta, ignorata, adulterata, passata sotto silenzio. Quella storia, narrata con competenza, efficienza, la trovate su “La Voce di Megaride” di Marina Salvadore… Marina Salvadore: una voce contro, contro i deboli di pensiero, i mistificatori, i defecatori. Una voce contro l’assenza di valori, la decomposizione, la dissoluzione, la sudditanza, il servilismo. Una voce a favore della Napoli che vale.”…

 

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A www.vocedimegaride.it è stato conferito il prestigioso riconoscimento INARS 2006:
a) per la Comunicazione in tema di meridionalismo, a Marina Salvadore;
b) per il documentario "Napoli Capitale" , a Mauro Caiano
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