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Lettera a Bruno Contrada

Post n°791 pubblicato il 04 Settembre 2008 da vocedimegaride
 


Caro Dott. Contrada, una cara amica che l'assiste, la dr.ssa Agnesina Pozzi, mi ha più volte fatto presente la sua sofferenza, ma nel contempo la sua determinazione nel cercare fino all´ultimo giustizia, che dal 2006 le è stata negata, pur dopo un'assoluzione che la scagionava completamente da quella cloaca che le era stata per anni rovesciata addosso. Sono un legale di Como, e anche se non svolgo attività forense, mi sono spesso interessato a casi ed errori giudiziari clamorosi (purtroppo non rari in Italia). Ci tenevo intanto a invitarla a continuare la sua battaglia: coraggio, non si arrenda, non ceda allo sconforto. Per quel poco che possono servirle la mie parole, spero solo che anche il sapere che a oltre 1000 km. di distanza ci sono persone che non dimenticano la sua vicenda, e le sono vicine, sia un piccolo, ma spero importante stimolo a non cedere alla rassegnazione. Io vorrei dirle anche questo: Agnesina mi ha scritto ultimamente che Lei ha un archivio dettagliatissimo, di migliaia di pagine, nel quale ha confutato parola per parola, deposizione per deposizione, tutte le falsità che i vari pentiti (Marino Mannoia, Buscetta, Mutolo, ecc.) e i vari "testimoni" hanno riferito sul suo conto. Riflettevo e mi chiedevo: perché?  Perché in Italia il diritto e la giustizia sono imputriditi al punto da costringere un uomo onesto a dover dedicare anni e anni a confutare parola per parola migliaia e migliaia di pagine di ARIA FRITTA, in base alla quale hanno rovinato la sua vita?  Perché il punto è un altro:semmai non doveva essere Lei a confutare quella roba, dovevano essere i magistrati giudicanti, dopo un paio d´ore di lettura di quel "materiale probatorio" a dire: "Ma che ce ne facciamo di questa roba? Ma dove sono le prove, o gli indizi gravi, precisi, concordanti per condannare Contrada? Questa è aria fritta, non c´è niente!!" Allora, mi ascolti bene: io ci ho messo 3-4 ore a leggere (nei punti più importanti) il ricorso dell´avv. Sbacchi che la difendeva, e le motivazioni della sentenza della Cassazione che confermava la sua condanna. Io sono laureato in legge a pieni voti, (mi ero laureato in 3 anni e mezzo, sono abituato ad andare al sodo nelle questioni) credo di masticarlo abbastanza il diritto, e ci ho messo poche ore per capire quanto segue.  Non c´è nulla, in tutta quella mole di documenti, che dimostri il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, per cui Lei è stato condannato.  Le accuse contro di Lei vengono formalizzate a fine 1992, quando Boris Giuliano, Cassarà e Falcone, sono già morti (e quindi non possono più raccontare quale fossero le loro vere opinioni verso di Lei, come collega, uomo e amico). Eppure, secondo l'accusa, sia Giuliano, che Cassarà, che Falcone, sarebbero stati fortemente diffidenti verso di Lei. Ma riflettiamo un attimo, per capire quali fossero le vere convinzioni dei tre alti funzionari sopra citati, e si capisce subito che l'accusa non sta in piedi.  Un funzionario di polizia, dall'ispettore al prefetto, NON ha garanzie costituzionali di inamovibilità (a differenza di un magistrato che, come noto, deve essere indagato da altro distretto di corte d'appello, vicino a quello in cui svolge le funzioni, e disciplinarmente risponde solo al Csm). Quindi non è affatto difficile far trasferire (almeno) un poliziotto che abbia perduto credito nel suo ambiente. Ora, davvero vogliamo credere che uomini come Giuliano, o Cassarà, o Falcone, si sarebbero tenuti accanto un funzionario di polizia su cui avevano dubbi di lealtà così gravi, e il cui comportamento avrebbe potuto esporli alla morte per mano della mafia? E' evidente che se avessero avuti dubbi sulla sua lealtà, avrebbero convocato riunioni ufficiali per valutare il parere degli altri colleghi, e poi, se fosse emerso che Lei aveva perduto credito nell'ambiente, sarebbe stata subito avviata una procedura di trasferimento d'ufficio.

E' talmente evidente che - se ciò non è avvenuto - e non risultano riunioni in cui erano emersi dubbi su Bruno Contrada, ciò può spiegarsi solo in due modi: a) Giuliano, Cassarà e Falcone erano dei masochisti che preferivano tacere e tenersi accanto un "traditore" che distruggeva il loro lavoro, e addirittura poteva farli uccidere dalla mafia  b) (la spiegazione più logica): Giuliano, Cassarà e Falcone avevano piena fiducia di Bruno Contrada e (al di là delle normali discussioni e divergenze di lavoro), mai e poi mai lo hanno sospettato di aver fatto il doppio gioco. Ecco perché la logica, prima di tutto, porta a concludere che lo sforzo dell'accusa di far parlare i morti contro Contrada non sta in piedi e non è credibile che i compianti alti funzionari citati abbiano mai sospettato della lealtà di Bruno Contrada.

Alcuni esempi della infondatezza delle accuse a Lei rivolte:

Leggo di operazioni di polizia contro le famiglie mafiose Spatola - Gambino - Inzerillo (legate a Michele Sindona) del 1980 cui Lei aveva attivamente e operosamente lavorato (meritando l´encomio scritto di Falcone) e incredibilmente i giudici l´accusano di avere "espunto" il nome di Michele Sindona da un rapporto, e il suo coinvolgimento nell´indagine, e valutano ciò come indizio di colpevolezza (???). Quando in realtà è documentato che Lei fece indagare e poi incriminare tutte le persone del clan Sindona (Magnoni, Guzzi, ecc.), e l´unico motivo per cui quel nome era stato espunto era - come spiegò lo stesso Falcone - la necessità di raccogliere ulteriori prove a suo carico, per non compromettere prematuramente tutta l´indagine, rendendo pubblico troppo presto il nome dell´avv. Sindona. Leggo di dichiarazioni di "pentiti", tardive, false, sovente non spontanee e più volte aggiustate e ritrattate, quasi sempre generiche e, quando riferite a episodi precisi, smentite poi documentalmente. Un pentito l´accusa di aver fatto saltare un´operazione di polizia, ma si accerta poi che Lei di quella pratica manco se ne era mai occupato, era in mano ad altri suoi colleghi. Un pentito (allora ricercato) l´accusa di averlo incontrato in una saletta riservata di un ristorante, ma quella saletta si accerta poi non essere mai esistita, e quindi rimane solo la risibile e incredibile accusa secondo cui un alto funzionario di polizia come Lei avrebbe incontrato in pubblico davanti a dozzine di persone in un ristorante un mafioso ricercato. I giudici scambiano le illazioni, le congetture, le supposizioni ("ma lui non poteva non sapere", "ma lui era comunque un funzionario influente e poteva avere accesso a molte informazioni in questura"...ecc.) per prove ed indizi. Pur di costruire un´accusa, vengono ritenuti veritieri episodi mai avvenuti o dimostrati, come il presunto incontro tra Boris Giuliano e l´avvocato Ambrosoli che seguiva il crack Sindona (n.b.: gran parte delle dichiarazioni provenivano dall´avv. Melzi, che a inizio 2008 è stato poi arrestato a Milano dal giudice Salvini con l´accusa di aver riciclato in banche svizzere flussi di capitali della `ndrangheta), e in cui poi si costruisce sul nulla l´accusa a suo carico di aver voluto far fallire quel lavoro di Ambrosoli contro Sindona.  Pur di accusarla, in mancanza di vere prove o veri indizi, i giudici si arrampicano sugli specchi, arrivano a ricamare pagine e pagine su testimonianze di parenti di suoi colleghi defunti (come la moglie di Cassarà) che riferiscono una presunta "diffidenza" dei colleghi nei suoi confronti. I giudici omettono di considerare le decine di encomi di colleghi, magistrati, alti funzionari, e le molte operazioni di polizia da Lei felicemente portate a compimento contro la criminalità organizzata, nel corso di parecchi anni, e pur in carenza di mezzi, personale, e strutture. Vengono invece ricamate quintali di pagine su una inconsistente testimonianza "accusatoria" del procuratore svizzero Carla Dal Ponte, che tra il rumore di una sala di un aeroporto, nel corso di un interrogatorio e una verbalizzazione da parte del giudice Falcone, avrebbe riferito una frase - alquanto criptica! - di sfiducia di quest´ultimo nei suoi confronti. Viene perfino scomodata un´esperta del dialetto palermitano, per interpretare ai suoi danni una frase intercettata del colloquio telefonico di alcuni mafiosi, dove poi i giudici si dilungano per pagine e pagine per capire se quella frase era o no di stima dei mafiosi nei suoi confronti (e giustamente l´avv. Sbacchi fa notare che un mafioso può anche avere stima di un nemico acerrimo, se lo ritiene un avversario valoroso, ma ciò non significa affatto che lo ritenga "alleato". Basta leggere "Il giorno della civetta" di Sciascia per capirlo! ). E si potrebbe andare avanti ore, giorni e settimane (ma non ne ho il tempo).  Ma la domanda che qualsiasi studente di giurisprudenza al 3° anno si porrebbe è: "Sì, ma dove sono le prove o gli indizi gravi, precisi, concordanti contro questo signore?". La risposta è semplice: in quei faldoni, in quelle tonnellate di pagine, non esistono né prove, né indizi veri contro Bruno Contrada. Al più si possono trovare dubbi, diffidenze, critiche, ecc., che chiunque (lo stesso Falcone era stato accusato ripetutamente e ferocemente da San Leoluca Orlando di aver "ammorbidito" la sua lotta alla mafia andando a lavorare a Roma col ministro Martelli, addirittura Orlando era giunto al punto di accusarlo di essersi organizzato un falso attentato all´Addaura!) può esprimere verso un collega, più o meno fondatamente. Ma queste diffidenze, congetture, dubbi, ecc., a suo sfavore, sono poi soverchiati da attestazioni concrete di stima di funzionari e magistrati integerrimi, e soprattutto da anni e anni di carriera e operazioni portate a termine con successo, e criminali arrestati!  Non c´è una sola prova di arricchimento suo in modo sospetto (risulta anzi lei abbia vissuto modestamente in una casa popolare), non un solo conto estero a lei intestato su cui fossero affluite somme di incerta provenienza, non una sola intercettazione di lei che parla al telefono con un mafioso e dica cose compromettenti, non una sola foto che la ritragga con individui sospetti in circostanze non chiare, ecco quelle sarebbero state prove o indizi gravi a suo carico! E allora, io giungo a una sola conclusione.  La "giustizia" italiana non è solo malata, è ormai putrescente.  Solo l´Italia, tra i Paesi UE, ha il record di condanne alla Corte di Giustizia di Strasburgo per violazioni sostanziali del diritto, per violazioni dei diritti umani nei processi, per durata abnorme dei processi. Solo in Italia può accadere che i magistrati incriminino per omicidio volontario onesti cittadini che si alzano alle 6 di mattina per andare a lavorare e si difendono da rapine di criminali incalliti, mentre siano "buonisti" e comprensivi verso camorristi con 15 omicidi alle spalle (cui viene concessa addirittura la gestione di un parco giochi per bambini), o verso criminali che fanno stragi con l´auto guidando all´impazzata in stato di ubriachezza o drogati (e gli contestano solo l´omicidio colposo). Oppure (come a Sanremo) incarcerino per giorni una vecchia colta a nascondere al supermarket una barretta di cioccolato da 2 euro, mentre si disinteressino delle disperate denunce di una ragazza sottoposta a continue vessazioni e violenze da un individuo (Delfino) già sotto indagine per aver ucciso la precedente fidanzata. Solo in Italia può accadere - se ne lamentava anche un amico ex commissario di polizia in pensione - che non vi sia alcuna procedura standard consolidata di conservazione della scena del crimine, per cui non di rado si costruiscono indagini (come a Cogne, Garlasco, e in dozzine di altri eventi criminosi) e perizie su scene del crimine inquinate e irrimediabilmente modificate. Solo in Italia i magistrati vanno avanti per anzianità, e non per merito, per cui può accadere che gli accusatori di Enzo Tortora (vicenda che fa il paio con la sua, un´altra cloaca di "pentiti"), dopo l´errore giudiziario che ha portato alla tomba il noto giornalista, non solo non vengano sanzionati, ma facciano addirittura carriera ai vertici, fino in Cassazione o in una Procura generale. Solo in Italia può accadere che la Cassazione emetta sentenze grottesche come quella secondo cui una donna che indossa jeans attillati non potrebbe "ipso facto" subire uno stupro. E solo in Italia potrebbe accadere il "caso Contrada": un brillante alto funzionario di polizia trascinato nel fango e condannato senza prove e senza indizi, sulla base di dichiarazioni e accuse fantomatiche che valgono meno della carta su cui erano scritte.  Io mi sono fatto un´idea (sbaglierò, ma il sospetto è forte) del perché ci sia stato tutto questo accanimento nei suoi confronti, anche dopo l'assoluzione.  Io credo che dopo l´altro "grande" processo degli anni ´90 contro Andreotti, finito nel nulla (anche se Caselli afferma il contrario, secondo lui sarebbe provato che Andreotti conosceva i Salvo, beh contento lui!) con milioni di inutili pagine, e "baci" a Riina, ecc., la magistratura palermitana non potesse permettersi che anche il suo finisse in niente, e per questo hanno fatto di tutto per condannarla. Se anche il suo processo fosse finito nel nulla, sarebbe saltata tutta la (o buona parte della) credibilità della gestione di quell´ufficio giudiziario negli anni ´90, con le ovvie conseguenze sugli assetti e gli equilibri all´interno della magistratura.  Ripeto, non ne ho la certezza, ma il sospetto è forte.   Alla luce di tutto ciò, che può fare?  Intanto continuare a lottare, e per oggi sappia che anche a 1000 km. ha amici che la ritengono innocente e la stimano.

Un cordialissimo saluto. Con grande stima  - Alberto Miatello

 
 
 
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PREMIO MASANIELLO 2009
Napoletani Protagonisti 
a Marina Salvadore

Motivazione: “Pregate Dio di trovarvi dove si vince, perché chi si trova dove si perde è imputato di infinite cose di cui è inculpabilissimo”… La storia nascosta, ignorata, adulterata, passata sotto silenzio. Quella storia, narrata con competenza, efficienza, la trovate su “La Voce di Megaride” di Marina Salvadore… Marina Salvadore: una voce contro, contro i deboli di pensiero, i mistificatori, i defecatori. Una voce contro l’assenza di valori, la decomposizione, la dissoluzione, la sudditanza, il servilismo. Una voce a favore della Napoli che vale.”…

 

PREMIO INARS CIOCIARIA 2006

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A www.vocedimegaride.it è stato conferito il prestigioso riconoscimento INARS 2006:
a) per la Comunicazione in tema di meridionalismo, a Marina Salvadore;
b) per il documentario "Napoli Capitale" , a Mauro Caiano
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