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Corrispondenza da Scampia

Post n°655 pubblicato il 21 Aprile 2008 da vocedimegaride
 

di Domenico Di Renzo
Un viaggio nella periferia nord di Napoli tra miseria, indifferenza e voglia di normalità.
Napoli si stende lungo il litorale per vari chilometri, da Mergellina, poi per via Toledo che è un’elegante strada napoletana, presidiata da polizia e carabinieri che proprio su questa strada hanno il loro comando provinciale, v'è la sede del Municipio con il Sindaco e gli Assessori... passa per il Centro Direzionale, sede della Regione, fino a salire verso il nord sempre meno ordinato e più popolare. Abbandonato e solo, senza istituzioni, senza servizi, è un luogo ideale “per farsi”. Tra i mucchi di siringhe lì disseminate, i cumuli di spazzatura, la periferia nord di Napoli sembra lontana mille miglia, dalle luci, dai negozi, dai presidi degli agenti di polizia, dal centro bene della città. Eppure qui si trova un commissariato di polizia, una caserma dei carabinieri, persino un comando di polizia municipale. Secondigliano e Scampia raccolgono insieme, nella settima ed ottava municipalità più di 300.000 cittadini e non cè un ospedale, un servizio d’ambulanza, un pronto soccorso. Talvolta in casi eccezionali, “quando ci scappa il morto”, un posto di blocco, una paletta e poi… l'oblio Chi passa di qui ormai non fa caso a chi si buca, a quei fantasmi, agli zombi che provengono anche da fuori provincia.. Non fa caso a niente. Si fa i fatti suoi, tira a campare per amore di quiete. E' anche questa Napoli. Una strada sopraelevata a scorrimento veloce ha nascosto il cielo del Don Guanella, una metropolitana collinare,che sembra sperduta e male concepita, mucchi di spazzatura ed un’umanità dolente, rassegnata, disfatta, dimenticata. Napoli è anche questa. Una delle tante Napoli. Un caleidoscopio infinito d’immagini. Un teatro che ci offre alternativamente maschere tragiche e maschere comiche. Non è solo quella che è descritta dai giornali. Ci sono Posillipo, Mergellina e Chiaia che si affacciano su uno dei panorami più belli del mondo. C’è poi Capodimonte e Colli Aminei. Napoli del Vomero e dell’Arenella, di Fuorigrotta... c’è Bagnoli, la perla destinata all’inizio del secolo ad ospitare i veleni dell’Italsider, distruggendo inopinatamente e criminalmente il più spettacolare angolo paesaggistico della città. È doveroso dirlo ma la città è stata abbandonata da decenni nelle mani dei più sordidi affari. O meglio del malaffare. Politica e collusioni. Tracotanza e potere. Dimenticanza ed incompetenza. Servono casi eclatanti, malattie, rifiuti abbandonati nelle strade, incidenti mortali, l’esplodere di delitti per svegliare le coscienze della gente e spingere la società civile a ribellarsi. Non c’è una sola camorra ma tante sono le camorre. Esse sono presenti ovunque e come un cancro malefico estirpatane una le altre, come metastasi, ricompaiono di nuovo. La camorra prolifica sull’ignoranza, sull’emigrazione clandestina, sul sistema degli appalti, sulla munnezza, sulla mancanza di lavoro, sulla miseria della gente, e soffoca tutta Napoli, da Mergellina al Vomero,alla Ferrovia a Scampia. La camorra è un cancro che va estirpato non solo con le forze dell’ordine ma con la diffusione della cultura e della legalità come quotidiano che entra in casa con il pane quotidiano, che ti parla non solo di cuore e mandolino, di straordinarietà e d’emergenze continue ma di normalità del vivere civile senza demagogia, senza ricerca di sensazionalismo. Anche le istituzioni parlano di contrasto al malaffare intanto è sotto gli occhi di tutti che luniversità a Scampia, dopo le fantasmagoriche dichiarazioni, dopo il buco delle fondazioni, non vedrà mai la luce; la piazza collegata, dopo l’inizio dei lavori, dopo la chiusura dellarteria di Viale della Resistenza, è in coma irreversibile, il campo di calcio di serie C, è ormai distrutto o fatiscente. Si parla di precarietà del lavoro, ma quando sarà affrontato seriamente il precariato, la continua emergenza cui la zona Nord di Napoli è stata condannata.  Nel 1994 si parlò del “Rinascimento” di Napoli.  La realtà sarebbe dovuta essere un’altra. Si doveva semplicemente parlare di ritorno alla “normalità. Bisognava che chi si era impegnato nellopera di amplificare, di propagandare allinfinito idee e personaggi, ricordasse che raccogliere l’immondizia dalle strade, pattugliare un quartiere a rischio, rendere più vivibile una piazza sgombrandola da centinaia d’auto parcheggiate senza ordine alcuno significa soltanto passare dalla sub-normalità alla normalità, significa ridare ai cittadini il loro diritto di vivere il loro quartiere, la propria città come semplicemente accade altrove. Quando si ripristina la vivibilità,non si può e non si deve parlare di miracolo, di un evento straordinario. La normalità non deve mai apparire come un fatto eccezionale.  Napoli vuole vivere di normalità. Il terremoto del 1980 ha visto il prolificare di quartieri ghetto: Scampia, il Bronx di San Giovanni a Teduccio, Ponticelli che, come le Vele di Scampia, inseguivano il sogno impossibile, studiato a tavolino, di creare edifici-comunità dove la gente si sarebbe incontrata in un progetto di vita comune e solidale. Hanno invece creato dei lager dell’illegalità, ad uso e consumo dei clan camorristici. Le Vele di Scampia, senza mezzi termini, andavano abbattute. Subito. Ieri, non domani. Non si fa“la rivoluzione” stando nei salotti. Dobbiamo denunciare che dopo un primo sgombero, si tollera che vi sia una rioccupazione degli appartamenti, che vi sia una ricostruzione delle scale e che una nuova umanità, proveniente dalle zone più degradate del territorio ne riprenda il possesso. Sotto lo sguardo vigile della Camorra, con le complicità della politica. Complice dicevamo e sosteniamo il lassismo imperante, la mancanza di controllo delle istituzioni, la connivenza delle frange estreme e radicali. Non c’è nessuna giustificazione nel consegnare al malaffare il controllo di chi entra o chi esce dalle case popolari, nel sopportare la demagogia, nel condannare gli altri assegnatari a crescere i propri figli nel degrado tra siringhe e rifiuti e topi. Povera Napoli. Scampia e Secondigliano due realtà ma, da sempre,  una diversa dall’altra. Secondigliano è molto diverso da Scampia, un quartiere che risale fino all’epoca dei grandi casali, con una sua storia,i suoi prodotti, le sue sagre, le sue feste, le sue chiese. Fino a metà degli anni Ottanta Secondigliano, era una fucina di attività.  C’era la Banca popolare di Secondigliano, crocevia della zona e degli interessi del quartiere,  c’erano circoli culturali e sportivi, imprese agricole ed artigianali, come prima, fin da epoca medioevale,  c’era stata la lavorazione del baco da seta e del cuoio,dello strutto, mulini e pastifici, la coltivazione delle ciliege. C’erano un giornalino locale, cinque cinematografi e un teatro . Ora non c’è più niente, si è persa l’identità.  Si è voluto che tutto morisse, così quel vuoto è stato riempito da altri, che si sono impossessati del territorio. Scampia, nato nel 1974, è noto come il quartiere 167, “ la 167 “ dal numero della legge sull’edilizia popolare in base alla quale è nato, cresciuto, scoppiato. Era destinato ad essere un quartiere residenziale, modello. Luogo di scambio con la provincia, sede di istituzioni decentralizzate, dal caotico centro di Napoli. Più verde, più servizi. Poi il terremoto, quello vero e Scampia, è abortita, ammalata, perennemente in affanno , in coma, non reversibile. La gente vi è stata portata, o come dirla deportata. Stratificazioni di gente diversa, di zone diverse, di diverse educazione, di diversa o poca cultura. E un ghetto, senza semafori, senza negozi, senza aggregazione . Un susseguirsi, un agglomerato  di casermoni, di case, senza servizi.  Segno distintivo le Vele, costruite dall’architetto Franz di Salvo, un luminare, internazionalmente riconosciuto ed osannato. Quando furono costruite erano sette, l’una sull’altra, senza sole, senza aria, senza anima, senza scampo.  Due di esse sono state abbattute solo dopo venti anni, solo dopo che è stato ufficialmente riconosciuto da vari esperti, partoriti dalla stessa mentalità, che si era imposta la rappresentazione anche architettonica della massa amorfa, dei soli principi del lavoro e del quartiere dormitorio, che gli edifici non rispondono ai basilari principi di abitabilità, di vivibilità. Scampia, ora, con Chiaiano e Piscinola fa parte della ottava Municipalità,con circa 120.000 abitanti, con sparute attività commerciali, senza presidi medici, poche farmacie, senza cinema, ristoranti, un teatro, senza piazze, con le sue chiese, ricavate in prefabbricati, senza  luoghi di incontro,senz’anima né storia, né tradizioni, senza attività produttive, con la maggiore presenza di giovani, come la maggiore percentuale di abbandono scolastico,  non può che rappresentare un regalo prezioso per la Camorra. Affollamento, mancanza di lavoro, precariato della vita, discriminazione sociale ed intellettuale, voglia di rivincita ed esempi sbagliati, hanno fatto di Scampia la principale centrale di smercio di droga di tutta la provincia di Napoli e di quelle limitrofe, il più grande supermarket italiano di stupefacenti: eroina, cocaina, e quanto altro esiste in natura o derivante da sintetizzazione chimica. Anche perché esiste una capillare distribuzione con prezzi molto competitivi e bassi. Scampia è abbandonata a se stessa. Ma c’è tanta voglia di legalità e di normalità. C’è tanta voglia da parte della gente di riappropriarsi del territorio. Il comune avrebbe dovuto passare alle municipalità, ogni tipo di competenza, ogni tipo di decisione, ogni potere, in nome del decentramento. Ma questo non è stato. Le municipalità, sono mutilate, inesistenti ed anche esse si dibattono tra mancanze di ogni genere. Scampia e Secondigliano 300.000 cittadini circa, non possono competere assolutamente con le più fortunate cittadine di media consistenza del centro-nord, dotate anche se piccole di tutti i servizi. A tutto questo saranno chiamate le istituzioni e gli organi presenti sul territorio, perché sia ripristinata ogni normalità, perché non siano più consentiti ogni altro tipo di abuso,perché sia rispettata legalità e voglia di vivere. Saranno esse in grado di trasmettere, Sicurezza e presenza, lo speriamo vivamente, perché Napoli, già in affanno per una politica scriteriata e rinunciataria, non potrà risorgere senza passare prima per le sue stesse periferie.

 
 
 
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PREMIO MASANIELLO 2009
Napoletani Protagonisti 
a Marina Salvadore

Motivazione: “Pregate Dio di trovarvi dove si vince, perché chi si trova dove si perde è imputato di infinite cose di cui è inculpabilissimo”… La storia nascosta, ignorata, adulterata, passata sotto silenzio. Quella storia, narrata con competenza, efficienza, la trovate su “La Voce di Megaride” di Marina Salvadore… Marina Salvadore: una voce contro, contro i deboli di pensiero, i mistificatori, i defecatori. Una voce contro l’assenza di valori, la decomposizione, la dissoluzione, la sudditanza, il servilismo. Una voce a favore della Napoli che vale.”…

 

PREMIO INARS CIOCIARIA 2006

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A www.vocedimegaride.it è stato conferito il prestigioso riconoscimento INARS 2006:
a) per la Comunicazione in tema di meridionalismo, a Marina Salvadore;
b) per il documentario "Napoli Capitale" , a Mauro Caiano
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E' dedicato agli amici del nostro foglio meridionalista questo video, tratto da QUARK - RAI 1, condotto da Piero ed Alberto Angela, che documenta le origini della Nostra Città ed il nome del nostro blog.

 

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RITENZIONE IDRICA? - Nella pentola più grande di cui disponete, riempita d'acqua fredda, ponete due grosse cipolle spaccate in quattro ed un bel tralcio d'edera. Ponete sul fuoco e lasciate bollire per 20 minuti. Lasciate intiepidire e riversate l'acqua in un catino capiente per procedere - a piacere - ad un maniluvio o ad un pediluvio per circa 10 minuti. Chi è ipotesa provveda alla sera, prima di coricarsi, al "bagno"; chi soffre di ipertensione potrà trovare ulteriore beneficio nel sottoporsi alla cura, al mattino. E' un rimedio davvero efficace!


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