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WELBY: DIRITTO DI VITA E DI MORTE

Post n°176 pubblicato il 26 Novembre 2006 da kayfakayfa

Il 22 settembre scorso Piergiorgio Welby, copresidente dell’Associazione Luca Coscioni, scriveva un’accorata, drammatica lettera al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in cui affermava il suo diritto a morire perché ormai del tutto impedito dalla distrofia muscolare, contro cui combatte da quarant’anni, a vivere una vita dignitosa. “La morte non può essere “dignitosa”; dignitosa, ovvero decorosa, dovrebbe essere la vita, in special modo quando si va affievolendo a causa della vecchiaia o delle malattie incurabili e inguaribili. La morte è altro. Definire la morte per eutanasia “dignitosa” è un modo di negare la tragicità del morire. È un continuare a muoversi nel solco dell’occultamento o del travisamento della morte che, scacciata dalle case, nascosta da un paravento negli ospedali, negletta nella solitudine dei gerontocomi, appare essere ciò che non è. Cos’è la morte? La morte è una condizione indispensabile per la vita. Ha scritto Eschilo: “Ostico, lottare. Sfacelo m'assale, gonfia fiumana. Oceano cieco, pozzo nero di pena m'accerchia senza spiragli. Non esiste approdo”. Alle parole di Welby, Napolitano rispose con un invito formale alle forze politiche affinché si confrontassero su un tema tanto delicato qual è l’eutanasia. Unitamente la chiesa fece sentire la sua voce, dichiarando la sacralità della vita. Tuttavia ammettendo d’essere contraria anche a ogni forma di accanimento terapeutico! Considerato che per vivere Welby è “attaccato” a una macchina che gli pompa aria nei polmoni, (diversamente da tempo si sarebbe spento), la sua condizione può essere descritta come di “non vita” in quanto, se si fosse lasciato fare alla natura il proprio corso, egli da tempo si sarebbe spento. Rifacendoci alla posizione della Chiesa contraria sia all’eutanasia, sia all’accanimento terapeutico, ci sembra che il presupposto di vita di Welby a tutti gli effetti può essere considerato accanimento terapeutico.
Oggi Welby minaccia la disobbedienza civile, ovvero di lasciarsi morire rifiutando cibo, se non si consentirà a qualcuno di staccare la spina della macchina che lo tiene in vita artificialmente. Sembra che il leader dei radicali Pannella sia pronto ad assumersi tale responsabilità visto che Mina, la moglie di Welby, lo farebbe se solo sapesse come fare senza che il suo amore soffra troppo, come dichiara in un’intervista rilasciata al Corriere di oggi. Di parole sulla vicenda se ne sono scritte e dette tante che andare oltre mi sembra superfluo. Tuttavia mi sia consentita una considerazione strettamente personale: è vero che la Vita c’è stata data e che è nostro diritto viverla e preservarla in tutti i modi possibili e immaginabili per rispetto verso la Vita stessa e di quelle tante persone che non sono nelle condizioni fisiche da poterla vivere dignitosamente come si conviene a un essere umano. Quando si è costretti a vivere in dipendenza di macchinari, la Vita stessa perde la propria efficacia, essenza, trasformandosi in un surrogato dall’amaro sapore di Non Vita, vera e propria morte virtuale, molto più dolorosa della morte vera in quanto l'individuo sperimenta coscientemente cosa significa essere morti, subendo una tortura mentale e  morale a mio parere superiori e più crudeli di quella stessa morte reale che sopraggiungerebbe staccando la spina.

Commenti al Post:
violette51
violette51 il 26/11/06 alle 22:17 via WEB
il mio punto di vista ---vivere in quelle condizioni ..si perde dii vista la vita stessa....e nn vedo perche' nn avere la liberta''''inoltre sembra essere un po' costretti a questa soluzione.data l'immobilita' ,elementoo predominante...ciao vio
 
 
kayfakayfa
kayfakayfa il 27/11/06 alle 06:58 via WEB
La penso come esattamente come te, ciao!
 
Casalingapercaso
Casalingapercaso il 26/11/06 alle 23:23 via WEB
Non mi sono ancora fatta un'idea precisa e soprattutto definitiva sull'argomento. Più ci rifletto e più elementi mi si presentano. Dico solo che io ora, camminando sulle mie gambe, se voglio farla finita, posso andare sopra un ponte e buttarmi. Welby nn lo può fare. Perché io posso godere di questa libertà e lui no? ciao kk
 
 
kayfakayfa
kayfakayfa il 27/11/06 alle 07:00 via WEB
Hai espresso un'opinione cruda ma reale, che fa riflettere ancora di più sul dramma di quest'uomo. Ciao
 
brujita.09
brujita.09 il 27/11/06 alle 00:29 via WEB
QUAL E' LA vera situazione che "merita" la morte, avere un corpo ben funzionante, ma aver perso completamente il cervello, la capacita' di ragionare, di pensare, di sognare, di dire cose sensate, oppure: avere un corpo infermo, dipendente da macchinari, ma un cervello ben funzionante, capace ancora di pensare, sognare, creare?!
 
 
kayfakayfa
kayfakayfa il 27/11/06 alle 07:05 via WEB
Il corpo privo di cervello è una macchina morta o impazzita, il cervello privo di corpo ha modo di affermersi per mezzo di quanti gli stanno accanto e fanno loro il suo pensiero per poi metterlo in pratica,svolgendo la funzione di corpo, almeno io la vedo cosi!
 
 
morphamind
morphamind il 27/11/06 alle 17:39 via WEB
saggia obiezione. la vita è un qualcosa di fisico e mentale, ma queste due componenti, a mio avviso, devono presentarsi insieme. se viene a mancare la componente mentale, avremo una vita da vegetale, priva di pensieri e priva di quant'altro possa rendere umana una vita, praticamente una "non-vita". continuare una vita così porta a sofferenza per le persone che stanno accanto a questa "non-persona", poichè esse vivranno con la consapevolezza che il loro caro nn potrà mai più comunicare con loro in nessun modo.
se viene a mancare la componente mentale però, potremmo avere due casi:
- la persona in questione riesce a convivere con la propria disgrazia (molto difficile) e continuerà a pensare, creare, immaginare e quant'altro.
- la persona in questione soffre terribilmente perchè nn riesce ad accettare una situazione dalla quale nn uscirà mai. continuerà a pensare, creare, immaginare ma ogni secondo vissuto (anzi, sopravvissuto) in più sarà un secondo di agonia.
secondo me bisognerebbe tener conto della volontà della persona stessa (nel caso di mancanza fisica) e nel caso di mancanza mentale, sempre secondo me, un accanimento terapeutico risulta del tutto inutile.
ciao!! morpha ^_^
 
   
morphamind
morphamind il 27/11/06 alle 17:41 via WEB
porcaccia misera, ho sbagliato a scrivere...il primo caso è mancanza mentale, gli altri due sono mancanza fisica...scusate! ^_^
 
     
kayfakayfa
kayfakayfa il 28/11/06 alle 05:45 via WEB
Non ti preoccupare, l'avevo capito. Ciao, Kayfa
 
lallamai
lallamai il 27/11/06 alle 18:17 via WEB
Io non vorrei una "Non vita"... quindi la mia opinione è facile e chira da intuire!!!
 
 
kayfakayfa
kayfakayfa il 28/11/06 alle 05:46 via WEB
Siamo in perfetta sintonia!
 
magdalene57
magdalene57 il 28/11/06 alle 16:32 via WEB
io mi chiedo...che cosa fa così tanto paura a quelli che dicono :no! non può essere solo una questione teologica, sul fatto che dio ci ha dato la vita e dio solo ce la pò togliere. perchè, se è per quello. dio ci avrebbe dato pure le malattie, e noi ce le togliamo. è il corpo che svolge la sua funzione. ed un corpo malato, ormai al limite del nulla, perchè non può essere lasciato morire? è solo una questione di secolo sbagliato??... comunque la risposta io non la trovo. ma deve esserci.
 
 
kayfakayfa
kayfakayfa il 28/11/06 alle 17:45 via WEB
Certo che la risposta c'è! Il punto è che non è semplice trovarla, ma chi cerca trova...
 
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