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« E SE PER RENZI LA SCONFI...IN POLITICA LA PAROLA VALE TUTTO »

LE PECORE HANNO RIPRESO A RAGIONARE FREGANDO IL PASTORE

Post n°1759 pubblicato il 10 Dicembre 2016 da kayfakayfa

In attesa di conoscere dall’esito delle consultazioni, che si concluderanno oggi con l’incontro al Quirinale tra il Presidente della Repubblica e le delegazioni di Forza Italia, M5S e Pd, quale sarà la decisione di Mattarella sul dopo Renzi, (sempre più insistente è l’ipotesi di un governo istituzionale guidato dall’attuale Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni il cui scopo sarebbe quello di traghettare il paese fino alla data del 24 gennaio quando la Consulta si esprimerà sulla presunta incostituzionalità dell’Italicum, l’attuale legge elettorale), il cittadino medio che, per quanto gli è possibile, cerca di seguire e comprendere gli sviluppi politici in atto nel paese, non può non fare a meno di attribuire a Renzi e alla sua tracotanza le responsabilità dell’attuale caos istituzionale in cui versa il paese all’indomani delle sue dimissioni da capo del governo.

Il cittadino medio, ragionando - perché il cittadino medio è anche in grado di ragionare, malgrado venga sottoposto quotidianamente a un inesauribile bombardamento mediatico tra televisioni, radio e giornali, finalizzato a sopirne le cellule grigie e a renderlo succube della volontà di chi comanda che gradirebbe un popolo di pecore per fare quel che vuole – non può non chiedersi perché, quando varò l’Italicum, l’attuale legge elettorale, in essa Renzi non contemplò anche l’elezione del Senato ma solo quella della Camera, dando per scontato che la sua riforma costituzionale sarebbe stata approvata dal popolo e quindi l’Italia sarebbe passata da un bicameralismo paritario a un bicameralismo relativo in cui il Senato avrebbe avuto funzioni limitate, non sarebbe stato più elettivo ma composto da consiglieri regionali e Sindaci e  avrebbe visto ridotto a 100 il numero dei seggi.

La risposta  che molti danno a questo quesito è che Renzi, avendo vinto il Pd le elezioni europee del 2014 con poco più del 40% dei voti, quasi doppiando il M5S, viaggiando sulle ali dell’entusiasmo di quel risultato, convinto che la maggioranza degli italiani fosse con lui, studiò una legge elettorale, l’Italicum, che, prevedendo un premio di maggioranza del 55% dei seggi alla Camera per la lista che avrebbe ottenuto, guarda un po’, più del 40% di voti, sembrava fatta apposta per favorire il Pd. Se nessuna lista avesse ottenuto al primo turno quel risultato, le prime due liste che avrebbero raccolto il maggior numero di voti si sarebbero sfidate al ballottaggio.

Tutto sembrava così perfetto tanto che Renzi e suoi definivano l’Italicum la legge elettorale più bella del mondo che molti paesi ci avrebbero copiato. Ci pensarono le amministrative del 2016 a riportare coi piedi in terra il Premier e i renziani. La vittoria del M5S in 19 ballottaggi su 20 comuni, tra cui Roma e Torino, creò il panico nel palazzo in quanto era evidente che se si fosse andato a votare con l’Italicum quasi certamente le prossime elezioni politiche le avrebbe vinte il M5S.

In quell’attimo l’Italicum smise di essere “la legge più bella del mondo che tutti ci avrebbero copiato”, trasformandosi in un incubo per Renzi, il Pd e tutti gli altri partiti. A ciò si aggiunse la pendenza di incostituzionalità sulla legge elettorale appena approvata che, a detta di molti illustri costituzionalisti, presentava molti aspetti in comune, primo tra tutti le liste bloccate,  con il Porcellum varato dal governo Berlusconi nel 2005 e dichiarato incostituzionale dalle Consulta a gennaio del 2014.

Malgrado tutta questa serie di situazioni pregresse avrebbero dovuto suggerire a Renzi e ai suoi un minimo di cautela nel varo della nuova legge elettorale, stupisce che il Premier non solo ne abbia varata una che, a un anno dall'entrata in vigore, già rischia di essere dichiarata incostituzionale e dunque di essere annullata e sostituita da una imposta dalla Corte Costituzionale, come accadde per il Porcellum sostituito dal Consultellum, ma che nel varo della riforma costituzionale appena bocciata dagli italiani - quegli stessi italiani che, a detta dello stesso Premier e  tanti suoi compagni di ventura, prima tra tutti il Ministro delle Riforme Boschi,  erano 70 anni che aspettavano la riforma, (che nel frattempo abbiano cambiato idea senza avvisarli?...) –  al Senato si riducevano i compiti, dando per scontato che gli italiani approvassero senza battere ciglio, in maniera pecoresca, la riforma Boschi.

Se oggi ci troviamo ad essere l’unico paese europeo e occidentale a non avere una legge elettorale decente, al punto da essere costretti a galleggiare sotto la guida di un governo istituzionale in attesa che la Consulta si pronuncia per dichiarare o meno incostituzionale l’Italicum e poi varare l'ennesima legge elettorale che contempli l'elettività sia alla Camera che al Senato, lo dobbiamo a Renzi e alla sua arroganza.

Ma non solo. Scaricare tutte le responsabilità sulle spalle del premier dimissionario sarebbe ingiusto visto che nel varo dell’Italicum un ruolo preponderante lo svolse l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Quel Napolitano che all’indomani delle elezioni politiche del 2013, a seguito dello stallo istituzionale conseguente alla vittoria di strettissima misura del Pd sul M5S, prima si fece rinominare Presidente della Repubblica, alimentando dubbi di incostituzionalità sulla propria rielezione, visto che il Pd non fu capace di far eleggere al Quirinale i propri candidati - prima Marini e poi Prodi, quest’ultimo impallinato in aula da poco più di 100 franchi tiratori dopo che la sera prima in un teatro romano tutti i delegati del Pd avevano accolto con un applauso la proposta Prodi avanzata dall’allora Segretario Bersani, che a seguito di quella trombatura, si dimisevincolando la propria rielezione alla necessità di portare avanti le riforme, prima tra tutte il varo di una legge elettorale, che avrebbero garantito stabilità al paese -; successivamente  benedisse la nascita di un governo di larghe intese a guida Enrico Letta. E poi, una volta insediatosi Renzi a Palazzo Chigi in maniera alquanto equivoca, (indimenticabile il tweet ENRICO STAI SERENO che il Segretario del Pd inviò a Letta per tranquillizzarlo sulle voci insistenti secondo cui stava tramando per subentrargli alla guida del Paese), gli diede l’incarico di varare la legge elettorale e di riformare la Costituzione.

Oggi non solo le riforme costituzionali varate da Renzi con l’ausilio di Napolitano sono state bocciate dagli italiani; se ci ritroviamo in un limbo istituzionale che ci impedisce di andare “subito” al voto, lo dobbiamo non solo al Premier dimissionario ma anche al Presidente Emerito.

Chi aveva rassicurato il Premier che gli italiani avrebbero votato in massa Sì al referendum? La propria tracotanza oppure qualcuno che, dall'alto della propria esperienza pluridecennale in politica, confidava sulla totale sottomissione dei cittadini al messaggio mediatico cui da mesi venivano sottoposti che suggeriva loro di votare Sì?

Che le pecore si siano improvvisamente risvegliate dal “letargo” mentale, riprendendo a ragionare con la propria testa, “fregando” il pastore?

 
 
 
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