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PAURA TERRORISMO, TRAIAMO IL BENE DAL MALE

Post n°1656 pubblicato il 24 Novembre 2015 da kayfakayfa

Dalle ore 22 del 13 novembre 2015, ossia da quando le televisioni iniziarono a trasmettere in diretta le drammatiche immagini della strage di Parigi, aggiornando ora dopo ora il bilancio di vite umane lasciate al suolo prive di vita dai terroristi, viviamo un'atmosfera strana, surreale. È come se, nostro malgrado, ci trovassimo a rivestire il ruolo di comparse in uno di quei film di spionaggio allo 007. Dove una fantomatica organizzazione criminale capeggiata da uno o più folli decida di governare il mondo e, per farlo, attui un piano terroristico che prevede la mattanza di tante vite umane e la distruzione di luoghi e monumenti di città simbolo al fine di destabilizzare il nostro sistema attraverso la messa in discussione dei valori che lo reggono per imporre i propri valori.

Da quella tragica sera, e dopo gli allarmi terroristici dei giorni successivi, ultimo quello tuttora in corso a Bruxelles, il nostro modo di pensare e di vivere, per quanto dispiaccia ammetterlo, non è più lo stesso. Seppure ci sforziamo di far lasciarci alle spalle senza strascichi quanto è avvenuto e sta avvenendo, siamo vittime inconsapevoli dello stress psicologico derivante dall'esserci imposti di non darla vinta a chi vorrebbe, attraverso la violenza, cambiare il nostro modo di pensare e di vivere. Obbligandoci a evitare di frequentare luoghi affollati come cinema, discoteche, teatri, ristoranti, stadi. A essere sopraffatti dall'ansia mentre ci apprestiamo a entrare nella metropolitana o a salire su un mezzo pubblico.

Eppure questa forzatura finalizzata a non darla vinta ai terroristi può ritenersi una vittoria dei terroristi. Infatti solo il fatto di riscoprirci nella condizione mentale di pensare, “la metro non vorrei prenderla. Al cinema non vorrei andare. Ma lo devo fare perché altrimenti la do vinta a loro!” è una vittoria di chi vuole imporre con il terrore il proprio modo vita/non vita.

Ma si tratta di una vittoria di Pirro. Nel senso che, piaccia o meno, la vita continua. E malgrado dubbi, paure e perplessità, va vissuta. E proprio perché va vissuta, essa va vissuta come piace a ognuno di noi. Non come piacerebbe a loro la vivessimo. Tanto che, pur di imporci la loro visione di vita, questi folli sono disposti a farsi saltare in aria invocando il nome di Dio!

Per dissolvere la paura che i terroristi vogliono incutere con la loro follia credo che un antidoto ci sarebbe. Considerando la futilità della vita, che nessuno di noi è immune dalla morte e che a nessuno è dato conoscere la data della propria dipartita su questa terra, basterebbe che vivessimo ogni giorno con la consapevolezze che ogni giorno potrebbe essere il nostro ultimo giorno di vita. Maturando tale consapevolezza non solo scacceremmo da soli i fantasmi chi ci assillano ma probabilmente vivremmo anche meglio in quanto, consci che ogni giorno di vita potrebbe essere il nostro ultimo giorno su questa terra, non possiamo escludere che in tanti ci adopereremmo per vivere in maniera virtuosa al fine di lasciare di noi un ottimo ricordo.

Abituati come siamo a vivere in una società strutturata in maniera tale che all'individuo non è concesso di fermarsi un attimo a riflettere sul senso della vita – facendogli credere che il suo scopo esistenziale sia quello di produrre e consumare - perché, se lo facesse, probabilmente si renderebbe conto di affannarsi a rincorrere il “nulla”, ritrovandoci improvvisamente a soppesare quanto labile sia il confine tra la vita e la morte, ci sentiamo minati nelle nostre certezze scoprendo che l'unica vera certezza della vita è la morte!

Attraverso la loro folle strategia del terrore, senza rendersene conto, i terroristi ci hanno offerto questa straordinaria opportunità, riscoprire quali sono i veri valori della vita, al di là del produrre e consumare.

Oltre a pensare di non dargliela vinta ai fondamentalisti islamici cambiando il nostro modo di vita, traiamo spunto dai fatti di Parigi e da quanto ne sta derivando per fermarci un attimo a riflettere su quali siano i veri valori della vita e su quanto labile sia vivere. Se lo facessimo probabilmente inizieremmo a renderci conto che la vita e la morte sono separate da un confine sottile pronto a spezzarsi in qualsiasi momento - mentre siamo in auto, attraversiamo la strada, giochiamo, discutiamo, amiamo – per cui, per quanto umano sia avere timore della follia umana, non vale la pena cedere alle sua minacce essendo la morte un aspetto imprescindibile dalla vita cui nessuno può sfuggire.

Degli attentanti spaventa la violenza e la potenza distruttiva dei terroristi unitamente all'elevato numero di vittime che ne derivano. Ma, se ci pensiamo, all'anno sono migliaia i morti in incidenti automobilistici eppure nessuno si sogna di non comprare un auto né di salirci dentro.

Accettando questa innegabile realtà, ovvero che ognuno di noi è sospeso a un invisibile filo che lo separa dalla morte, e che prima o poi questo filo si spezzerà o in maniera traumatica o naturale, maturando una simile visione fatalista non solo probabilmente reagiremmo con maggiore serenità a quanto sta avvenendo ma non possiamo escludere che inizieremmo a vivere anche meglio la nostra esistenza, a prescindere dal non darla vinta ai terroristi e soprattutto a chi si serve di loro!

 
 
 
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