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CALDO DA MORIRE

Post n°12 pubblicato il 07 Maggio 2010 da gli_internauti
 

Quello che segue è un mini racconto dal titolo "Caldo da morire" realizzato da Gennaro Schiano, ospite della Comunità Dedalo.

Caldo da morire

Una calda nottata d’agosto farebbe svegliare tutti nel pieno della notte, sudati, per prendere un bel bicchiere d’acqua gelata dal frigo. Si prende la bottiglia, poi il bicchiere, anzi no, meglio bere direttamente dalla bottiglia senza farsi stupidi problemi nell’eventualità che qualcuno ci stia guardando. Non si accendono le luci e si cerca anche di non fare nessun rumore, altrimenti si potrebbero svegliare tutti. Ma quella notte per Salvatore quel sorso d’acqua fu liberatorio solo per poco perché appena si girò si trovò davanti una figura che lo fece trasalire e che gli fece cadere la bottiglia dalla mano. Dopo aver chiuso la porta del frigo Salvatore ripiombò nell’oscurità della cucina, oscurità rischiarata solo dalla poca luce proveniente dalla luna piena e dai lampioni stradali che filtravano attraverso la finestra lasciata aperta per metà per il troppo caldo. Salvatore, ancora assonnato, non riuscì a distinguere la figura che avanzava verso di lui, una sagoma che diventò mano a mano un uomo, un uomo strano però, visto che aveva una tuta che gli copriva tutto il corpo, con cappello e guanti di lana, il che era sicuramente fuori luogo con quel caldo e che cozzava completamente con l’abbigliamento di Salvatore che indossava solo gli slip. Un uomo con un viso conosciuto e Salvatore si chiese dove lo avesse potuto incontrare o se l’avesse veramente visto da qualche parte. Più quell’uomo avanzava nell’oscurità più Salvatore notava altri particolari, brutti particolari. Nella mano destra, lo sconosciuto impugnava una pistola e solo ora si chiedeva come quell’uomo potesse essere riuscito ad entrare in casa sua senza che se ne accorgesse. Ora quell’uomo era a soli due metri da lui e con quella poca luce notò che sorrideva con un sorriso maligno. Alla vista della pistola con il silenziatore e del ghigno malefico, Salvatore (o meglio Totore, come amava farsi chiamare) capì tutto e fece un balzo in avanti per andare nella cameretta dei figli, ma al primo movimento l’uomo con la tuta sparò un colpo dritto ad una gamba cosicché Totore cadde a terra. Trascinandosi e aggrappandosi al frigo si rialzò a fatica e si rigirò verso quell’intruso riuscendo solo a dire “Che vuoi da me”, ma l’intruso non rispose, anzi riuscì solo a sorridere di più, come se stesse provando grande piacere in quello che faceva e sparò un altro colpo diretto all’altra gamba. Totore cadde di nuovo ma stavolta non riuscì proprio a muoversi. Si domandò se gli altri avessero sentito qualcosa, per salvarsi e chiedere aiuto prima che fosse troppo tardi. L’uomo si accovacciò all’improvviso di fronte a lui e, guardandolo contorcersi sul pavimento per il dolore, smise di sorridere per passare a un sentimento di odio e a un ghigno che rispecchiasse quello stato d’animo. Alla vista di quel cambio di umore Totore ebbe ancora più paura: l’uomo lo intuì e fece partire un altro proiettile, questa volta al petto. Poi sparò ancora. Quei colpi sordi si susseguivano nell’oscurità della cucina mentre Totore si contorceva ancora di più dal dolore, sforzandosi con tutta l’anima di non gridare per non esternare ed esprimere il dolore che provava in quegli istanti di terrore, per non far svegliare la sua famiglia e quindi attirare l’attenzione dell’uomo su di loro. Sforzo vano perché nel resto della casa, apparentemente tranquilla, i suoi due figli giacevano in una pozza di sangue nei propri letti così come la moglie, morta anche lei in un bagno di sangue. Ed è strano che stando a due centimetri dalla moglie Totore non si fosse accorto di niente. Forse perché stava dormendo molto pesantemente, forse perché quando si era alzato per andare a bere aveva deciso di non accendere l’abatjour per non far svegliare sua moglie, forse perché aveva gli occhi annebbiati dal sonno, forse perché camminava alla cieca e aveva sbattuto con il mignolo del piede scalzo contro lo stipite della porta, e si sa che male può fare quella piccola parte del corpo. Forse, forse, forse… Quanti forse inutili che non risolveranno più niente: ormai la sua famiglia è morta ammazzata brutalmente e anche lui, Totore, in un caldo da… morire.

 

Proprietà letteraria riservata.
Questo racconto è stato realizzato interamente da Gennaro Schiano, il quale si riserva ogni conseguente diritto ai sensi della normativa vigente e ogni possibile utilizzazione commerciale dei suoi contenuti autentici.
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