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Odissea di un giornalista in Cina...motivo:Covid19.

Post n°4822 pubblicato il 29 Dicembre 2020 da g1b9
 

 

 Ho seguito Filippo Santelli, giornalista di La Repubblica, in Cina, al suo rientro a Nanchino ormai oltre due mesi fa.Risultato positivo  al Covid19, asintomatico, viene prelevato nel suo hotel ed inizia la sua odissea allucinante, che ho visto con immensa compassione fino ad oggi, tramite le sue news letters. Ora non ho resistito e pubblico questa sua ultima.Rendetevi conto che cosa potremmo diventare anche noi, tenendo conto che in Cina, secondole notizie ufficiali il virus è debellato o quasi e  la gente  si vaccina.

 

Mi scuso per l'assenza non giustificata della newsletter, ma dopo i 55 giorni di isolamento Covid che vi ho raccontato avevo bisogno di staccare per un paio di settimane.

Rieccomi qui però. E purtroppo mi tocca ripartire sempre dallo stesso punto: credevo che con il ritorno a Pechino la mia Odissea epidemica fosse finita, ma non è così. Anzi, si è trasformata in una vicenda kafkiana, che racconto molto della Cina. Oltre un mese dopo essere risultato "negativo" e uscito dall'ospedale di Nanchino, 17 giorni dopo essere tornato a casa nella capitale, per errore la mia app sanitaria segna ancora codice rosso, raccomandando ulteriore "isolamento".Non è solo un dettaglio burocratico: le app, una per ogni provincia del Dragone, sono il "passaporto" che permette di muoversi liberamente e avere accesso a uffici e locali pubblici, centri commerciali, negozi, ristoranti, perfino complessi residenziali. All'ingresso di ognuno di questi luoghi c'è una guardia o un addetto che controlla il colore del certificato sanitario digitale e solo chi è verde può entrare. Con il mio codice rosso io sono un paria, un fuori casta, mi lasciano fuori.

Perché la app non torna verde? Nessuno me lo sa spiegare ed è qui che la storia diventa kafkiana. Quando sono tornato a Pechino ho trasmesso i miei documenti sanitari, l'ultimo tampone negativo e il certificato di quarantena eseguita, alle autorità del  quartiere. Dopo una settimana ulteriore di osservazione in cui ho dovuto inviare la temperatura due volte al giorno, i controlli sono ufficialmente finiti, ma la app è rimasta rossa.

Dal quartiere hanno assicurato di avermi "sbloccato", consigliandomi di rivolgermi al Centro per il controllo delle malattie (Cdc) di Pechino, l'autorità che si occupa dell'epidemia. Dal Cdc mi dicono che è una questione tecnica, ne devo parlare con la società che gestisce la app. Dalla società che gestisce la app mi dicono che sui "rossi" come me loro non sono autorizzati a intervenire, solo il Cdc può. Così il giro ricomincia, il più classico dei rimpalli tra compartimenti stagni della burocrazia cinese, e la app resta sempre rossa. Ovviamente neanche una telefonata all'12345, il centralino amico della città di Pechino, ha aiutato. Del resto la mia assistente mi aveva avvertito: "Lo chiama solo chi ha tempo da perdere". Certo, in teoria avrei sempre le carte della città di Nanchino che certificano, stampato nero su bianco, che sono negativo, ma quasi nessuna delle guardie è disposta a leggere il documento e prendersi la responsabilità di farmi passare, anche perché ormai quel test è vecchio di venti giorni.

Sotto, il codice rosso che raccomanda di mettermi in isolamento

 

 

Image

 

In attesa di capire come fare, la mia vita da uomo (non ancora) libero dipende quindi da due fattori: la casualità e gli stratagemmi. Per entrare in un qualunque posto devo sperare che non facciano controlli (a volte succede), che la guardia all'ingresso sia semi addormentata (succede pure quello, in Cina l'abbiocco sul posto di lavoro è un classico) oppure arrangiarmi mostrando da lontano una vecchia foto di quando la mia app era verde, sperando che gli addetti non si accorgano che la data non corrisponde.

Il problema è che a Pechino il livello di allerta si sta di nuovo alzando. Negli ultimi giorni in città è stata rilevata una dozzina di casi di coronavirus, proprio mentre si avvicina la migrazione di massa del Capodanno lunare. Le autorità hanno raccomandato di limitare gli spostamenti fuori città e di rafforzare i controlli all'interno. In pratica rischio di non poter più entrare da nessuna parte, neanche al supermercato.

Al di là delle mie vicissitudini personali, tutto questo conferma una volta in più quanto sia poco intelligente il sistema delle app sanitarie introdotte dalla Cina. Le applicazioni non comunicano tra diversi telefoni, quindi non servono per il tracciamento dei casi, e si basano in gran parte su informazioni inserite manualmente dagli operatori. Non è certo attraverso la tecnologia, il tanto temuto Grande Fratello hi-tech, che la Cina è riuscita ad azzerare la circolazione il virus, bensì attraverso una mobilitazione di massa di personale in carne ed ossa e una moltiplicazione dei punti di controllo. Il codice sanitario è uno di questi cancelli e io non riesco più a passare.

Scrivetemi su Twitter e Instagram.

Buon Hot Pot a tutti e buona fine di questo tragico 2020. Qualsiasi cosa verrà dopo sarà meglio.

Filippo

 
 
 
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