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Un blog creato da g1b9 il 10/01/2009

Sentimentalmente

Tutto ció che mi dá emozioni....

 
 

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Con i piedi ben piantati sulle nuvole...

Post n°4748 pubblicato il 11 Ottobre 2020 da g1b9
 

 

  Nel romanzo " Con i piedi ben piantati sulle nuvole", diario, riflessione, di Andrea Scanzi c'è tutto quanto uno scrittore ricco di raziocinio, attento a tutto, luoghi , persone, paesaggi, può e sa trarre dall'immensa offerta di un viaggio attraverso l'Italia. Il momento è quello che tutti conosciamo, pandemia, un paese allo sfascio, eppure l'autore riesce a fare un ritratto corale di un paese, che in fondo non si lascia sprofondare, ma continua a credere in una rinascita , il tutto condito da quello spirito italiano del tiramm a campà, che lascia sempre un abbondante spiraglio alla speranza.

 

           Autogrill  è un breve assaggio di questo bel libro.

Autostrada A14, ore due di notte o giù di lì. Ho tre ore di viaggio alle spalle e, prima, due di spettacolo a Sant’Elpidio a Mare. Non ho cenato e neanche ne ho voglia, ma forse è il caso di prendere qualcosa. L’hotel è a Cesena Nord, per spezzare il viaggio che al mattino mi condurrà a Merano.

Area di servizio Rubicone Est. Gli autogrill mi sono sempre piaciuti. Soprattutto senza le fiumane di gente, quindi all’alba o di notte. È un nowhere dove espongono vini che non esistono, Chupa Chups giganteschi e noci di prosciutto al pepe illegali.

Guardo il banco e penso che solo a Guccini è capitato di incontrare una ragazza che mescola «birra chiara e 7UP». Non c’è nessuno e la cosa mi rassicura. Solo io e il barista. Senza birra chiara, che non potrebbe neanche più vendermi, vista l’ora.

Non c’è neanche la 7UP.

Cerco qualcosa di molto trash da mangiare, perché in autogrill si mangia solo quello. Scelgo uno di quei tramezzini depressi, senza glutine e con formaggio finto, tanto per dare ulteriore lustro a quella strana voglia di penitenza che mi viene di notte quando viaggio da solo e la malinconia è l’unica colonna sonora possibile. Già che ci sono, prendo da bere uno di quegli integratori azzurri, che per me non sono altro che spremuta analcolica di puffi. E i puffi, se ci pensate, se lo meritavano di essere spremuti come nel video di Another Brick in the Wall (Part II). I puffi son sempre stati dei gran rompicoglioni.

Vado alla cassa. Il ragazzo mi riconosce. Ci tiene a non farmi pagare. Dico di no, ma lui insiste. Lo ringrazio. Mi appollaio su uno sgabello e mangio lentamente. Assaporo bene la mestizia. Poi torno al banco e ringrazio ancora. Più che un ringraziamento, il mio è un messaggio criptato di dialogo. Non perché io ami chiacchierare, tutt’altro, ma perché avverto un’urgenza reciproca di empatia. Il ragazzo capisce e, timidamente, mi racconta la sua storia. Una laurea che non è arrivata, perché la vita gli ha chiesto il conto anzitempo. La madre che sta male. L’amore che finisce sempre e quasi sempre male. Una malattia forse sconfitta e forse no. I debiti. Il lavoro che non c’era, e quando è così anche fare il barista di notte in un autogrill deserto, con un tizio davanti che mangia volutamente tramezzini orrendi, pare un sorriso della vit Ascolto tutto, senza parlare. Posso giusto ascoltare, ammesso che ne sia ancora in grado. Gli stringo la mano, gli faccio forza. Poi torno alla mia auto, con quello stesso senso di colpa che hai ai funerali perché tu sei vivo e lui no, e allora ti dici che da quel momento amerai ancora di più la vita, perché è solo così che dovresti viverla. Solo che, poi, torni a darla per scontata. Così accadde anche quella notte in autogrill, Rubicone Est, quando chiusi la porta e giurai a me stesso di ricordarmi la mia fortuna, e al contempo l’esigenza di non smarrire mai le antenne sul mondo. Quelle che ti fanno sentire tutto il dolore, e dunque forse la bellezza, del mondo. Quelle che, se non le tieni accese, ti spegni e neanche te ne accorgi. Quelle che temo di avere lasciato proprio sul banco di quell’autogrill.

 

 
 
 
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