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Un blog creato da g1b9 il 10/01/2009

Sentimentalmente

Tutto ció che mi dá emozioni....

 
 

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La mente incatenata...

Post n°3506 pubblicato il 24 Marzo 2017 da g1b9
 

Quando ero piccola adoravo il circo, mi piacevano soprattutto gli animali.Ricordo  che il mio papà accompagnava sempre tutta la famiglia allo spettacolo, convinto che fosse doveroso contribuire al guadagno di questi artisti girovaghi, strambi, divertenti che vivevano nel mondo con al seguito carrozzoni ed animali in gabbia, parlavano lingue strane e portavano novità in quelle nostre piccole città di provincia.
Ero attirata in particolar modo dall’elefante che, come scoprii più tardi, era l’animale preferito di tanti altri bambini.
Durante lo spettacolo quel bestione sfoggiava il suo peso, una dimensione e una forza davvero fuori dal comune, dopo aver contribuito al montaggio del tendone spostando con la sua possente proboscide teloni e grandi pali.
Ma dopo il suo numero, e fino ad un momento prima di rientrare in scena, l’elefante stava legato ad un paletto conficcato nel suolo, con una catena che gli imprigionava una delle zampe.
Il  paletto era un piccolo pezzo di legno piantato nel terreno soltanto per pochi centimetri,e,anche se la catena era grossa e forte, pensavo che un animale in grado di sradicare un albero  avrebbe facilmente potuto liberarsi di quel paletto e fuggire.
Era davvero un bel mistero per me bambina, restia ad ogni costrizione,comprendere che cosa lo tenesse così legato , sottomesso.
Perché non scappava?
Quando avevo cinque o sei anni  avevo fiducia nei grandi, pensavo che possedessero la conoscenza .
Allora chiesi alla  maestra,  poi a mio padre  e poi ancora ad uno zio, che era  pure un generale dell'esercito, di  spiegarmi il mistero dell’elefante.
 Tutti mi risposero che l’elefante non scappava perché era ammaestrato. " Ma, allora, se è addomesticato perchè lo tengono legato?"
Non ricordo di aver ricevuto  una  risposta coerente.
Con il passare del tempo dimenticai il mistero dell’elefante e del paletto fin quando uno dei miei figli, amante degli animali e curioso del loro modo di vivere  ancora oggi, mi fece quella stessa domanda, che avevo fatto io, bambina.  Le mie risposte  non soddisfecero la sua curiosità ed il suo cervellino si mise all'opera. Si immaginò  un elefantino,legato a un paletto simile fin da quando era molto, molto piccolo.
"Sono sicuro che, in quel momento, l’elefantino provò a spingere, a tirare e  tirare nel tentativo di liberarsi, non credi mamma?"
Ma nonostante gli sforzi non riuscì mai  perché quel paletto era troppo saldo per lui.Forse si addormentò sfinito e il giorno dopo ci  riprovò di nuovo e così il giorno dopo e quello dopo ancora.
 Allora capì che non sarebbe mai riuscito a liberarsi ed accettò il suo destino con tanta tristezza."
 Si parlava una di queste sere sull'impotenza dell'uomo a ribellarsi ai suprusi, alle ingiustizie, ai governi inetti che distruggono i paesi per incapacità ed ingordigia , quando gli tornò in mente quell'elefatino che l'aveva incuriosito da piccolo. "  Mamma, ricordi l'elefante del circo, enorme e possente ,che non scappava?"-"E allora?" -"perché, poveretto, crede di non poterlo fare.
Reca impresso il ricordo dell’impotenza sperimentata subito dopo la nascita.
E il brutto è che non è mai più ritornato seriamente su quel ricordo.
E non ha mai più messo alla prova la sua forza, mai più…


 
 
 
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